Inquinamento

Il giro del mondo tra bottiglie di plastica e filtri di sigarette

Secondo uno studio, 56 multinazionali sono responsabili di più della metà dell’inquinamento globale causato dalla plastica - I rifiuti più diffusi portano i marchi Philip Morris, Danone, Nestlé, Pepsi e Coca-Cola
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Red. Online
26.04.2024 09:30

Il mondo è invaso da rifiuti di plastica. E sono meno di 60 le multinazionali responsabili della metà dell’inquinamento globale causato dal materiale. Di più, solamente sei compagnie sono coinvolte in un quarto di questo inquinamento. È quanto emerge da una ricerca dal titolo Global producer responsibility for plastic pollution pubblicata mercoledì sulla rivista Science.

Un team internazionale di volontari si è impegnato per 5 anni a raccogliere e analizzare oltre 1.870.000 rifiuti di plastica in 84 Paesi, recuperando per lo più imballaggi monouso per alimenti, bottiglie per bevande e prodotti legati all’industria del tabacco (verosimilmente filtri di sigaretta, composti da acetato di cellulosa). Poco meno della metà dei rifiuti aveva ancora un marchio aziendale distinguibile, mentre il resto non è stato conteggiato per risalire al produttore.

Il Programma ambientale delle Nazioni Unite stima che ogni giorno l’equivalente di 2.000 camion della spazzatura pieni di plastica vengano scaricati negli oceani, nei fiumi e nei laghi di tutto il mondo. Mentre le persone respirano, mangiano e bevono sempre più microplastiche, le quali, recentemente, sono state trovate in ogni campione di placenta umana analizzato.

Patricia Villarrubia-Gómez, autrice dello studio e ricercatrice sull’inquinamento da plastica presso il Stockholm Resilience Centre, ha spiegato al Guardian: «Ciò dimostra molto bene la necessità di trasparenza e tracciabilità (degli imballaggi, ndr). Bisogna sapere chi produce cosa, in modo che possano assumersene la responsabilità».

La metà della plastica rintracciabile porta il marchio di sole 56 multinazionali produttrici di beni di largo consumo. Stando all'analisi, le due aziende del tabacco Altria e Philip Morris International insieme costituiscono il 2% dei rifiuti di plastica rinvenuti, sia Danone che Nestlé il 3%, Pepsi il 5%, mentre l’11% dei rifiuti è marchiato Coca-Cola.

Secondo Marcus Eriksen, autore dello studio, esperto di inquinamento da plastica per il 5 Gyres Institute, «l'industria preferisce attribuire la responsabilità ai singoli individui, ma vorremmo sottolineare che sono i brand ad essere responsabili. È la loro scelta sul tipo di imballaggio e sull'adozione del modello "usa e getta" dei loro prodotti. È questo che causa la maggior quantità di spazzatura».

Le diverse aziende, interpellate dal Guardian hanno fatto sapere di aver, chi più chi meno, introdotto modelli di riciclaggio e riduzione di utilizzo della plastica, ma gli autori dello studio sostengono che le misure volte a ridurre l’inquinamento non stanno funzionando. La produzione di plastica è infatti raddoppiata dall’inizio del 2000 e gli studi mostrano come solo il 9% del materiale viene riciclato. I ricercatori hanno stimato che ad ogni aumento percentuale di plastica prodotta corrisponda una crescita dell’inquinamento da plastica dispersa nell’ambiente. Pertanto, i Paesi presenti ai colloqui delle Nazioni Unite, in scena fino al 29 aprile a Ottawa, in Canada, dovrebbero urgentemente raggiungere un accordo sulle misure volte a frenare la produzione del materiale prodotto in larga parte con i combustibili fossili, responsabili dell'aumento dei gas a effetto serra.