Il punto

Le inondazioni a Dubai? Colpa (anche) degli oceani troppo caldi

Le piogge che hanno investito l'Oman e gli Emirati Arabi Uniti sono collegabili a temperature oceaniche superiori alla norma, dovute in parte al Niño e in parte all'attività dell'uomo
©ALI HAIDER
Red. Online
26.04.2024 14:07

Se ne parla ancora, sì. Delle violente piogge che hanno investito Dubai e gli Emirati Arabi Uniti giorni fa«Mai vista una tempesta simile» aveva non a caso dichiarato al Corriere del Ticino Matteo Boffa, imprenditore malcantonese residente negli Emirati dal 2016. Le inondazioni, che hanno coinvolto anche l'Oman, hanno sommerso automobili, intasato autostrade e, soprattutto, ucciso almeno 21 persone. Le operazioni dell'aeroporto di Dubai, uno dei principali hub globali, sono state pesantemente interrotte. Con tutte le conseguenze del caso. Ma che cosa è successo, di preciso? E come mai, all'improvviso, si è verificato un evento tanto raro quanto potente? Proviamo a fare chiarezza.

Le piogge? Rare, ma intense

Le piogge abbondanti, nella Penisola arabica, innanzitutto sono rare ma non rarissime. In media, spiega fra gli altri il New York Times, questa regione del mondo riceve pochi centimetri di pioggia all'anno. Gli scienziati, tuttavia, hanno specificato che una parte consistente di queste (poche) precipitazioni si concentra in ondate piuttosto intense. Le piogge, spesso, sono legate a doppio filo alle condizioni di El Niño, un fenomeno climatico periodico che provoca un forte riscaldamento delle acque superficiali dell'Oceano Pacifico Centro-Meridionale e Orientale (America Latina) nei mesi di dicembre e gennaio in media ogni cinque anni, con un periodo statisticamente variabile fra i tre e i sette anni.

I funzionari degli Emirati Arabi Uniti hanno dichiarato che la quantità di pioggia caduta lungo l'arco di 24 ore, lo scorso 16 aprile, non è mai stata registrata nel Paese da quando sono iniziate le misurazioni, nel 1949. Alcune parti della nazione avevano già sperimentato una precedente serie di temporali a marzo. Anche l'Oman, con la sua costa sul Mar Arabico, è vulnerabile ai cicloni tropicali. Le tempeste passate hanno portato piogge torrenziali, venti potenti e smottamenti, causando danni ingenti.

Il punto, ora, è che si prevede un'intensificazione di questi acquazzoni a causa del riscaldamento climatico. Le tempeste più forti, in effetti, sono una delle conseguenze del riscaldamento globale causato dall'uomo. Quando l'atmosfera diventa più calda, può trattenere più umidità. Umidità che, alla fine, viene «scaricata» sulla terra sotto forma di pioggia o neve.

Premessa: nella loro ultima valutazione della ricerca sul clima, spiega ancora il New York Times, gli scienziati del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, l'IPCC, hanno rilevato che non ci sono dati sufficienti per trarre conclusioni definitive sull'andamento delle precipitazioni nella Penisola Arabica e su come il cambiamento climatico le stia influenzando. Tuttavia, i ricercatori hanno affermato che se il riscaldamento globale dovesse continuare a peggiorare nei prossimi decenni, gli acquazzoni estremi nella regione diventerebbero probabilmente più intensi e più frequenti.

Gli oceani sempre più caldi

Un team internazionale di scienziati, rimanendo all'evento di aprile, ha fatto un primo tentativo di stimare se, e quanto, il cambiamento climatico abbia contribuito a quanto successo. I ricercatori non sono riusciti a individuare con precisione il collegamento, ma nella loro analisi hanno evidenziato un fattore collegato alle forti piogge nella regione: le temperature oceaniche superiori alla norma. Negli ultimi tempi, ampie zone dell'Oceano Indiano, Pacifico e Atlantico sono state più calde del solito, in parte a causa di El Niño e di altri cicli meteorologici naturali, in parte a causa del riscaldamento indotto dall'uomo.

Considerando solo gli anni di El Niño, gli scienziati hanno stimato che eventi temporaleschi poco frequenti come quello di questo mese hanno portato nella regione dal 10 al 40% di pioggia in più rispetto a quanto sarebbe accaduto in un mondo non riscaldato dalle attività umane. Detto ciò, hanno avvertito che queste stime sono altamente incerte. «Le precipitazioni, in generale, stanno diventando più estreme» ha dichiarato Mansour Almazroui, scienziato del clima presso la King Abdulaziz University di Gedda, in Arabia Saudita, fra i ricercatori che ha contribuito all'analisi.

L'analisi è stata condotta da scienziati affiliati alla World Weather Attribution, una collaborazione di ricerca che studia gli eventi meteorologici estremi poco dopo il loro verificarsi. Le loro conclusioni sulle piogge di questo mese non sono ancora state sottoposte a revisione paritaria, ma si basano su metodi standardizzati.

D'accordo, ma il cloud seeding?

Da decenni gli Emirati Arabi Uniti si adoperano per aumentare le precipitazioni e le riserve idriche attraverso la semina delle nuvole: il cloud seedingproprio così. In sostanza, si tratta di sparare particelle nelle nuvole per incoraggiare l'umidità a riunirsi in gocce più grandi e pesanti, che hanno maggiori probabilità di cadere come pioggia o neve.

L'inseminazione delle nuvole e altri metodi per aumentare la pioggia sono stati sperimentati in tutto il mondo: Australia, Cina, India, Israele, Sudafrica e Stati Uniti. Gli studi hanno rilevato che queste operazioni possono, nel migliore dei casi, influenzare le precipitazioni in modo modesto: abbastanza da trasformare un acquazzone in un acquazzone più grande, ma probabilmente non una pioggerella in un diluvio. Gli esperti, sia quel che sia, hanno detto che per stabilire quanto il cloud seeding possa aver contribuito alle tempeste di questo mese negli Emirati occorrono studi approfonditi.

«In generale, è una sfida valutare l'impatto del cloud seeding» ha dichiarato Luca Delle Monache, scienziato del clima presso lo Scripps Institution of Oceanography di La Jolla, in California. Delle Monache ha guidato gli sforzi per utilizzare l'intelligenza artificiale per migliorare il programma di incremento delle piogge degli Emirati Arabi Uniti.

Un funzionario del Centro nazionale di meteorologia degli Emirati Arabi Uniti, Omar Al Yazeedi, ha dichiarato agli organi di stampa che l'agenzia non ha effettuato alcuna semina durante le ultime tempeste. Le sue dichiarazioni non hanno però chiarito se ciò fosse vero anche nelle ore o nei giorni precedenti. Al Yazeedi non ha risposto alle domande del New York Times e Adel Kamal, portavoce del Centro, non ha rilasciato ulteriori commenti.

Le città in luoghi aridi non sono progettate per le inondazioni

Ovunque si verifichino, le inondazioni non sono solo una questione di quantità di pioggia. Si tratta anche di ciò che accade a tutta l'acqua una volta che si trova sul terreno, soprattutto nelle città. Quelle nelle regioni aride, spesso, non sono progettate per drenare in modo efficace. In queste aree, le superfici pavimentate impediscono alla pioggia di infiltrarsi nella terra sottostante, costringendola a riversarsi in sistemi di drenaggio che possono essere facilmente sovraccaricati. Un recente studio su Sharjah, la capitale del terzo Emirato più grande degli Emirati Arabi Uniti, ha rilevato che la rapida crescita della città nell'ultimo mezzo secolo l'ha resa vulnerabile alle inondazioni con livelli di pioggia molto più bassi rispetto al passato.

In questo articolo: