Il personaggio

A Comano sono tutti pazzi per Lara Gut-Behrami

Incontro a cuore aperto con la comunità: «Il successo? Essere contenti di quello che si fa»
© CdT/Chiara Zocchetti
Marco Ortelli
27.04.2024 18:00

«Fino ad oggi conoscevate Lara Gut-Behrami come una campionessa dello sport, penso che oggi abbiate conosciuto anche una campionessa della vita». Con queste parole il consigliere nazionale Alex Farinelli, per l’occasione nel ruolo di intervistatore, ha concluso la parte “ufficiale” dell’incontro svoltosi oggi, sabato, in Piazza Nag Arnoldi a Comano. Un abbraccio che la comunità ha voluto dare alla sua pupilla, celebrata proprio nel giorno del suo 33esimo compleanno. «Una data concordata con mamma Gabriella», ha commentato il neosindaco Francesco Moghini, che ha visto «Lara perfettamente a suo agio, rilassata, ha parlato col cuore e penso che lo abbia fatto perché si sente a casa».  

A casa, per sua stessa ammissione dialogando con Alex Farinelli, Lara Gut non ancora Behrami nel 2016 non si era sentita molto bene, anzi, «avrei voluto infilarmi sotto il divano». Dopo aver conquistato la sua prima coppa del mondo, «i miei genitori avevano organizzato a sorpresa una festa in paese, io ero stanca morta e non me l’ero goduta, un momento che non ero riuscita ad assaporare. Oggi, provo invece un grande piacere nel vedere tante persone e ritrovare chi mi ha visto bambina e poi ha continuato a sostenermi».  Applausi straripanti accompagnati dai campanacci del Fans Club Lara Gut Sciovie Ciosett Comano.  

«Da qualche anno ti si vede in effetti più serena, come lo spieghi?». Chiara la risposta di Lara Gut-Behrami alla domanda di Farinelli. «Prima ero focalizzata su cosa fare per diventare una sciatrice migliore, ora ho trovato la mia pace. Ho una famiglia, bambini a casa, tutto ha un altro senso e sapore. Sì, ero un po’ scappata dal Ticino perché non mi ritrovavo, non sapevo gestire molte cose e non sapevo nemmeno quale strada volessi prendere. Ora siamo tornati qui, sia pure a tempo parziale, e con la bici da Porza a Comano è un attimo».  

Alex Farinelli non ha taciuto le ombre che possono anche travolgere una sportiva di successo, leggasi gli infortuni che capitano all’improvviso. Come si vivono e si superano quei momenti? «Penso che gli infortuni nello sport siano l’equivalente dello sbattere la testa contro un muro nella vita. A volte un infortunio capita anche perché si sono ignorati tanti campanelli d’allarme. Come nella vita, preferiamo guardare da parte invece di riconoscere e affrontare le difficoltà. In questi casi, sta a noi decidere se affrontarle per uscirne migliori o se continuare ad andare a sbattere la testa contro il muro. Per fortuna, quando mi ostinavo a cercare muri – e per fortuna ho la testa dura – sono stata circondata da persona con la testa altrettanto dura, i miei famigliari, la mia dolce metà, che ho scelto bene (sorriso generale, ndr)».  

«Hai parlato della famiglia – ha ripreso Alex Farinelli -, da sempre papà Pauli ti accompagna ovunque tu vada, di fatto è il tuo allenatore. Come si è sviluppato il vostro rapporto e come è riuscito a consolidarsi negli anni?». «Forse il rapporto padre-figlia è più semplice, io ho avuto mia mamma come maestra alle elementari, e lì qualche ‘frizioncina’ c’è stata. Forse è stato un battesimo del fuoco e mio papà ha preso le misure. I miei genitori sin da bambina mi hanno detto che si sarebbe trattato di un progetto di famiglia, che la cosa più importante era passare il tempo insieme. Credo sia fondamentale, sempre di più, avere persone di cui ti puoi fidare. Lo sport si può anche descrivere come una grande famiglia, ma sono anche tanti rapporti di lavoro, c’è anche molto opportunismo, sfruttamento dell’atleta e del momento. Avere mio papa come àncora è stato fondamentale, sono sicura che se lui non ci fosse stato io avrei smesso perché non avrei avuto la forza di superare certi momenti. Quando ti senti sola in capo al mondo hai solo voglia di prendere l’aereo e tornare a casa». 

Lara Gut-Behrami, la seconda sciatrice più vittoriosa in Svizzera in campo femminile e maschile, la sesta di sempre a livello mondiale. «Per un’atleta del tuo calibro - ha ripreso Farinelli – puntare alla vittoria diventa quasi un fatto normale. Come hai vissuto in carriera il fatto di dover dimostrare di essere sempre la migliore?». «Da ragazzina sciare mi divertiva, poi è anche vero che un paio di gare le avevo già vinte da bambina. C’è stato poi un periodo in cui vincere era diventata una sorta di ossessione perché mi misuravo in base ai risultati. Col tempo ho compreso che la cosa più importante in una vittoria è… vincere contenti, essere soddisfatti di quello che si fa. Quando ho vinto la prima coppa del mondo non ero contenta. Per me, la sfida più grande in carriera è stata riuscire a trovare un equilibrio tra sciare con successo e stare bene come persona. Il successo è riuscire a vivere contenti di quello e non in funzione del risultato che si ottiene». 

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