Il punto

Inflazione e tassi: livelli più bassi, ma c'è l'incognita dei dazi Trump

I maggiori istituti centrali devono decidere se e come proseguire nella politica di tagli del costo del denaro
© KEYSTONE (AP Photo/Alex Brandon)
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
25.11.2024 06:00

Il contenimento dei prezzi delle materie prime nel 2023 e nel 2024 ha contribuito al calo dell’inflazione. Nonostante alcuni rimbalzi, il trend nelle maggiori aree economiche resta per ora quello della riduzione del rincaro. Rimane peraltro l’incognita di rialzi dei prezzi legati ad un’eventuale ondata di dazi USA, con la nuova presidenza Trump. Le banche centrali avevano alzato i tassi di interesse a partire dal 2022, per contrastare l’inflazione; nel 2024, di fronte al minor rincaro, hanno iniziato a tagliare i tassi. Ora siamo in un passaggio in cui molti istituti centrali devono decidere se proseguire o meno nei tagli.

I dati principali

Vediamo quali sono le cifre dell’inflazione in alcune aree economiche principali, guardando agli ultimi dati disponibili, quelli di ottobre di quest’anno. Negli Stati Uniti la percentuale è del 2,6%, nell’Eurozona del 2%, nel Regno Unito del 2,3%, in Giappone del 2,3%. Quanto alla Svizzera, siamo allo 0,6%. A parte il Giappone, che ha dinamiche diverse in tema di inflazione e tassi, le maggiori banche centrali sono vicine all’obiettivo. Per USA, Eurozona e Regno Unito l’obiettivo è il 2% di inflazione in media annua. Per la Svizzera l’obiettivo è la fascia 0%-2% in media annua; il sistema Paese elvetico si sta dimostrando ancora una volta efficace nel contenimento dell’inflazione.

Quest’anno i principali istituti centrali hanno attuato tagli ai tassi. La prima è stata la Banca nazionale svizzera (BNS), che ha operato in marzo, giugno e settembre tre riduzioni, con le quali ha portato il tasso guida sul franco dall’1,75% all’1%. La Banca centrale europea (BCE) ha attuato tre tagli in giugno, settembre e ottobre, portando il tasso guida sull’euro dal 4,5% al 3,4%. La Bank of England (BoE) si è mossa dopo, attuando in agosto e novembre due tagli, che hanno portato il tasso guida sulla sterlina dal 5,25% al 4,75%. L’americana Federal Reserve (Fed) si è mossa più tardi ed ha attuato due tagli in settembre e novembre, facendo scendere il tasso guida sul dollaro dal 5,5% al 4,75%. Il Giappone è in un altro percorso, la Bank of Japan (BoJ) ha alzato due volte, in marzo e in luglio, il tasso guida sullo yen, portandolo da -0,10% a 0,25%.

Il prossimo mese si terranno le riunioni periodiche dei vertici delle banche centrali citate e si avrà una verifica delle direzioni di marcia. Il 12 dicembre sarà la volta di Banca nazionale svizzera e Banca centrale europea, il 18 dicembre toccherà alla Federal Reserve, il 19 dicembre ci saranno Bank of England e Bank of Japan. Da una parte tutti gli istituti centrali occidentali dovrebbero proseguire nel taglio dei tassi, considerando il trend al ribasso dell’inflazione. Dall’altra, però, ogni banca centrale deve tener conto anche del grado di esposizione ai rischi internazionali, del livello di crescita economica, del valore della propria moneta.

La BNS dovrebbe in teoria andare verso nuovi tagli del tasso guida, considerando anche l’esigenza di trattenere un franco che è molto forte e che potrebbe creare altri ostacoli all’export elvetico (con un tasso minore la moneta ha un freno in più). Anche la BCE potrebbe andare verso nuove riduzioni del tasso di riferimento, non per frenare l’euro (che non è in una fase di forza), bensì per stimolare una crescita economica che c’è ma che ha un passo non ancora adeguato. Stesso discorso per la Bank of England, che non ha il problema di frenare la sterlina e ha invece l’esigenza di rafforzare la crescita.

L’enigma americano

Quanto alla Federal Reserve, la robusta crescita USA e il livello buono ma non molto alto del dollaro potrebbero suggerire il mantenimento del tasso guida attuale, a meno che la banca centrale statunitense abbia dati che indicano un rallentamento economico imminente, con o senza dazi, e dinamiche diverse sulla valuta e sull’inflazione. Il quadro economico USA appare buono, ma la linea della Fed è di fatto più enigmatica. La Bank of Japan, dal canto suo, gioca in un campionato diverso ed è ancor più imprevedibile.