Pechino

La Cina potrebbe svalutare lo yuan per contrastare i dazi USA

Discussioni in seno alla banca centrale cinese lascerebbero intendere che Pechino possa voler indebolire il corso del renminbi per attenuare l’impatto delle misure commerciali «punitive» dell’amministrazione Trump
Il Politburo del Partito Comunista Cinese si è impegnato ad adottare una politica monetaria «adeguatamente allentata» l’anno prossimo. © EPA/Wu Hong
Red. Economia
13.12.2024 13:45

La Cina starebbe valutando la possibilità di indebolire lo yuan, in vista di un aumento delle tariffe commerciali statunitensi. La riflessione riflette la consapevolezza di Pechino di aver bisogno di maggiori stimoli economici per contrastare le minacce di misure commerciali punitive previste dalla futura amministrazione di Donald Trump. Ne riferisce l’agenzia Reuters, citando tre persone a conoscenza delle discussioni. Trump ha dichiarato di voler imporre una tariffa generale del 10% sulle importazioni e una specifica del 60% su quelle cinesi negli Stati Uniti. Lasciare che lo yuan si deprezzi potrebbe rendere le esportazioni cinesi più convenienti, attenuando l’impatto dei dazi e favorendo un contesto monetario più allentato nel Paese.

«Financial News», la pubblicazione della People’s Bank of China (PBOC, l’istituto di emissione centrale della Repubblica popolare cinese), ha diffuso in questi giorni un articolo in cui si afferma tuttavia che le basi per un tasso di cambio dello yuan «sostanzialmente stabile» rimangono «solide» e che è probabile che lo yuan si stabilizzi e si rafforzi verso la fine di quest’anno. Consentire allo yuan di deprezzarsi l’anno prossimo significherebbe quindi allontanarsi dalla prassi abituale di mantenere stabile il tasso di cambio, hanno dichiarato le fonti di Reuters. Secondo una di queste, è improbabile che la banca centrale della Cina dica che non sosterrà più la valuta, ma sottolineerà il fatto che i mercati hanno più potere nel decidere il valore dello yuan.

In occasione della riunione di questa settimana del Politburo, l’organo decisionale dei funzionari del Partito Comunista, la Cina si è impegnata ad adottare una politica monetaria «adeguatamente allentata» l’anno prossimo, segnando il primo allentamento della sua posizione politica in circa 14 anni.I commenti non hanno incluso un riferimento alla necessità di uno «yuan sostanzialmente stabile», menzionato per l’ultima volta a luglio ma assente anche nella lettura di settembre.

In un articolo pubblicato la scorsa settimana dal think tank cinese China Finance 40 Forum, gli analisti hanno suggerito che la Cina dovrebbe passare temporaneamente dall’ancoraggio dello yuan al dollaro statunitense al suo aggancio a un paniere di valute diverse dal dollaro, in particolare l’euro, per garantire la flessibilità del tasso di cambio in un periodo di tensioni commerciali.

Una seconda fonte al corrente delle riflessioni della banca centrale ha dichiarato a Reuters che la PBOC ha preso in considerazione la possibilità che lo yuan scenda a 7,5 per dollaro per contrastare eventuali choc commerciali. Si tratta di un deprezzamento di circa il 3,5% rispetto agli attuali livelli di 7,25.

Durante il primo mandato presidenziale di Trump, lo yuan si è indebolito di oltre il 12% nei confronti del dollaro durante una serie di annunci di tariffe doganali tra marzo 2018 e maggio 2020.

Scelte non facili

Uno yuan più debole potrebbe aiutare la seconda economia mondiale a raggiungere il difficile obiettivo di crescita economica del 5% e ad alleviare le pressioni deflazionistiche aumentando i guadagni delle esportazioni e rendendo più costosi i beni importati. Una brusca flessione delle esportazioni darebbe ulteriore motivo alle autorità di cercare di usare la valuta per proteggere l’unico settore dell’economia che sta andando bene.

Le esportazioni cinesi hanno subito un brusco rallentamento e le importazioni si sono inaspettatamente ridotte nel mese di novembre, stimolando la richiesta di un maggiore sostegno politico per sostenere la domanda interna.

La valuta ha perso quasi il 4% del suo valore rispetto al dollaro dalla fine di settembre, quando gli investitori si sono posizionati in vista di una presidenza Trump.

Lo yuan, o renminbi, è gestito in modo rigoroso e può oscillare all’interno di in una forchetta del 2% e attorno a un punto medio giornaliero fissato dalla PBOC. In passato, l’istituto centrale ha contenuto la volatilità e i movimenti disordinati della valuta cinese attraverso le sue indicazioni giornaliere ai mercati.

Lo yuan è in difficoltà dal 2022, appesantito da un’economia anemica e da un calo degli afflussi di capitali stranieri nei mercati cinesi. L’aumento dei tassi statunitensi e il calo di quelli cinesi lo hanno messo sotto ulteriore pressione.