Il dato

La guerra in Ucraina pesa sempre di più: e i russi sono tornati a bere

Il consumo di alcolici nella Federazione Russa è in aumento e i motivi sono legati in particolare agli sconvolgimenti sociali ed economici provocati dal conflitto
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Red. Online
21.11.2024 18:00

Secondo i beninformati, Vladimir Putin è solito concedersi un bicchiere di vodka durante i suoi incontri al Cremlino. Rispetto ai suoi predecessori, tuttavia, il presidente russo è considerato un esempio di temperanza. Il Times, al riguardo, ricorda Pietro il Grande, «la cui passione per le donne era pari solo al suo prodigioso appetito per l'alcol». Al punto da usare un calice da un litro e mezzo. Secoli dopo, Boris Eltsin durante una visita presidenziale negli Stati Uniti fu trovato in stato di evidente ebbrezza lungo Pennsylvania Avenue. Addirittura, inciampò.

Con Putin, la Russia ha riabbracciato una certa sobrietà. Attraverso una serie di misure fiscale e controlli sul marketing, infatti, il consumo di alcolici per oltre un decennio è calato. Nel 2017, ha raggiunto il minimo di sette litri di alcol puro equivalente acquistati pro capite. Nel 2003, i litri erano venti. La guerra in Ucraina decisa proprio da Putin e le conseguenze psicologiche del conflitto sulla popolazione, manco a dirlo, hanno provocato una ripresa del consumo di alcol. Tra gennaio e ottobre di quest'anno, le vendite di alcolici in Russia hanno raggiunto la cifra record di 1,84 miliardi di litri, secondo i dati pubblicati dall'ente regolatore del settore. Si tratta del volume più alto dall'inizio delle registrazioni nel 2017.

La storia d'amore dei russi con la vodka – un diminutivo affettuoso della parola che indica l'acqua – sembrerebbe dunque continuare e, addirittura, crescere, con la bevanda nazionale in testa al mercato con 0,62 miliardi di litri venduti. Le vendite di vino fermo hanno invece raggiunto 0,47 miliardi di litri, il 22,5% in più rispetto al 2017, mentre le vendite di spumante hanno registrato un significativo balzo del 10,9% rispetto al 2023 e del 61% in più rispetto al 2017, per un totale di 0,16 miliardi di litri. Secondo un'analisi delle statistiche governative dell'agenzia di ricerca To Be Exact, i russi consumano ogni anno l'equivalente di otto litri di alcol puro.

Non sorprende, per contro, che l'aumento del consumo sia coinciso con un incremento dei tassi di dipendenza da alcol, segnalato all'inizio di quest'anno dall'agenzia statistica statale, che ha rilevato il primo aumento di questo tipo in un decennio. Tra il 2010 e il 2021, nello specifico, le prime diagnosi di disturbo da uso di alcol erano diminuite da 153.900 a 53.300. Ma nel 2022 questa cifra ha ricominciato a crescere, con 54.200 diagnosi da parte dei medici. Il Ministero della Salute russo ha dichiarato che la pandemia di COVID-19, durante la quale le persone sono state confinate in casa per mesi e mesi, è la principale causa dell'aumento di vendite e consumo di alcolici. Vero, se non verissimo, ma il Ministero ora non sta tenendo conto dell'impatto causato da mesi di guerra e dal crescente totalitarismo all'interno della vita russa che sta accompagnando il conflitto. «Gli sconvolgimenti sociali ed economici, l'aumento degli scontri geopolitici e le sanzioni hanno in qualche modo rallentato» i progressi nella riduzione del consumo eccessivo di alcol, ha dichiarato al quotidiano Kommersant Ruslan Isayev, che dirige una clinica per le dipendenze con sede a Mosca. L'ansia di perdere una persona cara, di essere arruolati nell'esercito o di essere incarcerati per aver parlato, riassumendo, può aggiungersi alla crescente minaccia di un confronto nucleare con l'Occidente.

Martedì, proposito di confronto, il Cremlino ha annunciato di aver abbassato la soglia per un attacco atomico contro l'Occidente con un aggiornamento della dottrina sulle armi nucleari del Paese. Un aggiornamento legato a un'eventuale rappresaglia in caso di attacchi al suo territorio con armi fornite dall'Occidente. Al contempo, la Russia ha iniziato per la prima volta a produrre rifugi mobili per resistere alle bombe nucleari. Parliamo dei cosiddetti KUB-M, che a detta dei progettisti possono «fornire 48 ore di protezione dalle onde d'urto e dalle radiazioni luminose di un'esplosione nucleare, dalle radiazioni penetranti e dalla contaminazione radioattiva», oltre che da «caduta di detriti, sostanze chimiche pericolose e incendi». Domanda, quasi retorica: i progettisti hanno previsto un armadietto per le bevande alcoliche all'interno di questi scatoloni?