Mistero dei cavi sabotati nel Baltico: la Svezia chiede aiuto alla Cina
Si apre un nuovo capitolo nella vicenda del presunto sabotaggio di cavi sottomarini nel Mar Baltico. Dopo le ultime notizie, tra sospetti sul ruolo di Mosca nell'incidente e preoccupazioni del primo ministro svedese sull'accaduto, è stato fatto un ulteriore passo avanti per scoprire che cosa sia accaduto, per davvero, nelle acque del Nord Europa.
La Svezia, nelle scorse ore, ha infatti chiesto formalmente alla Cina di «collaborare alle indagini sui danni subiti dai due cavi nel Mar Baltico». Una richiesta che, va da sé, è legata alla presenza della nave Yi Peng 3 sulla rotta in cui sono avvenuti gli incidenti. E sebbene Pechino abbia negato, fin dal primo momento, ogni coinvolgimento in un presunto sabotaggio, l'ipotesi che dietro all'imbarcazione si celassero ordini russi continua a far discutere. Inoltre, Yi Peng 3 era salpata proprio dalla Russia, dal porto di Ust-Luga, a ovest di San Pietroburgo, lo scorso 15 novembre. E, secondo quanto emerso dai siti web di tracciamento delle navi, l'imbarcazione cinese era passata nelle acque sopra ai cavi «all'incirca nello stesso momento in cui ciascuno dei due è stato tagliato».
A tal proposito, dunque, il primo ministro svedese Ulf Kristersson, che solo ieri aveva affermato di «non voler ancora fare supposizioni» – sottolineando, piuttosto, i rischi a cui ora si trova esposto il Mar Baltico – ha cambiato idea. Nelle scorse ore, in conferenza stampa, ha dichiarato che il governo svedese «ha inviato una richiesta formale alla Cina affinché cooperi con le autorità svedesi per fare chiarezza su quanto accaduto». Evidenziando come sia «estremamente importante scoprire esattamente che cosa sia successo». «Naturalmente, ci aspettiamo che anche la Cina rispetti la richiesta che abbiamo inviato», ha aggiunto il premier.
Ma non finisce qui. Kristersson ha anche chiesto che l'imbarcazione cinese venga spostato nelle acque svedesi, in modo da poterla perquisire nell'ambito delle indagini. Una richiesta che, tuttavia, non voleva essere interpretata come «accusa di alcun tipo», secondo quanto sottolineato, duramente, dal primo ministro.