Casse uniche cantonali, da Berna giunge un no
Gli svizzeri hanno già detto quattro volte no in votazione popolare al principio di istituire un istituto assicurativo pubblico al posto delle casse malati private (oggi sono una quarantina): i no sono stati il 77% nel 1994 (finanziamento con trattenute salariali), il 73% nel 2003 (premi in base al reddito), il 71% nel 2007 (cassa unica e sociale) e il 61,5% nel 2014 (per una cassa pubblica). Fra i quattro Cantoni che avevano votato sì c’era anche Ginevra, che l’anno scorso, alla luce dei continui aumenti dei premi, ha presentato a Berna un’iniziativa. La richiesta: creare una base legale che consenta ai Cantoni di istituire casse cantonali uniche e di sperimentare modelli alternativi per la gestione della politica sanitaria. Ieri, però, il Consiglio degli Stati si è opposto, con 26 voti contrari e 14 a favore.
Oggi i Cantoni hanno già la possibilità di istituire una propria assicurazione malattia, purché in concorrenza con le altre. Secondo il Parlamento ginevrino, la cassa malati unica rimane l’alternativa più convincente al sistema attuale, caratterizzato da «numerosi problemi»: con da una parte «diverse assicurazioni malattia private che speculano con le riserve degli assicurati e investono nella pubblicità senza investire nella prevenzione e nella promozione della salute»; e dall’altra un premio pro capite che «costituisce un’ingiustizia» e va ad aumentare le disuguaglianze nell’accesso all’assistenza sanitaria.
La maggioranza dei «senatori», guidata da Peter Hegglin (Centro /ZG), ha seguito le indicazioni della Commissione della sanità. Questa dubita che l’istituzione di casse cantonali uniche consentirebbe risparmi significativi. Con un solo attore, c’è al contrario il rischio che i premi salgano ulteriormente invece di scendere, ha detto Benedikt Würth (Centro/SG). Non solo. I costi amministrativi delle casse malati costituiscono ormai meno del 5% del volume complessivo dei premi. Quando venne introdotta la LAMal la percentuale era ancora pari all’8%. La concorrenza tra le compagnie di assicurazione sanitaria ha contribuito a questa riduzione dei costi. Se l’iniziativa cantonale venisse attuata, secondo la maggioranza, alcuni Cantoni potrebbero istituire casse uniche pubbliche, mentre altri potrebbero preferire di mantenere il sistema attuale fondato sulla concorrenza. La coesistenza di sistemi sanitari paralleli fra i Cantoni condurrebbe a «enormi difficoltà amministrative e di coordinamento», ad esempio qualora un assicurato si trasferisse da un Cantone all’altro.
La minoranza, in prevalenza rossoverde, ha difeso l’iniziativa. Il sistema attuale è ormai arrivato al limite, ha rilevato Baptiste Hurni (PS/NE). «Perché avete paura se un cantone testa un modello alternativo?» Gli ha dato man forte il collega vodese e presidente dell’USS Pierre-Yves Maillard, che nelle scorse settimane aveva già preannunciato il lancio di un’iniziativa popolare a livello federale per una cassa pubblica. Il fatto che un Cantone sperimenti una volta la creazione di un attore di interesse pubblico, ha detto, è un argomento in più per consentire questo test: «Non esiste infatti alcun argomento di interesse generale per vietare un simile test al Cantone che lo desidera». Anche Mauro Poggia (MCG), già responsabile della Sanità a Ginevra, si è schierato con la minoranza: «Lasciate che i Cantoni che vogliono fare altrimenti lo facciano, perché in caso contrario sarà la popolazione svizzera a imporvi una cassa unica per tutta la Svizzera».