L'intervista

«Cosa amo di più della corsa? Quella sensazione di volare»

A tu per tu con Salomé Kora, autrice di un'incredibile prestazione al meeting Resisprint di La Chaux-De-Fonds: 10’’95 il suo tempo sui 100 metri, dato che l’ha proiettata nel super esclusivo club delle velociste svizzere scese sotto gli undici secondi – «Mi sento pronta per affrontare i Giochi di Parigi»
©ANTHONY ANEX
Maddalena Buila
18.07.2024 06:00

Sono passati quattro giorni dall’incredibile prestazione di Salomé Kora al meeting Resisprint di La Chaux-De-Fonds. Un meeting che l’ha vista correre in 10’’95 i 100 metri, un tempo che l’ha proiettata nel super esclusivo club delle velociste svizzere scese sotto gli undici secondi. La nostra chiacchierata con la 30.enne di San Gallo è partita proprio da qui, per poi spaziare sulle imminenti Olimpiadi, il suo doppio passaporto svizzero-beninese, il rapporto con Ajla Del Ponte e l’incondizionato amore per l’atletica.

Salomé, innanzitutto come stai?
«Sto molto bene grazie. Fisicamente sono decisamente in forma e questa è un’ottima notizia, direi fondamentale nel mondo dello sport (ride, n.d.r.). Ma anche mentalmente mi sento bene. Ho fatto tanti progressi da questo punto di vista e mi sento pronta per affrontare i Giochi di Parigi».

Partiamo da ciò che è successo lo scorso fine settimana a La-Chaux-De-Fonds, dove hai corso i 100 metri in 10’’95, firmando il tuo nuovo record personale ed entrando nel super esclusivo club svizzero di atlete che hanno corso sotto gli 11 secondi, insieme a Mujinga Kambundji e Ajla Del Ponte. Come ti sei sentita quando l’hai scoperto?
«Ho pianto tantissimo (altra risata, n.d.r). In realtà sono arrivata al meeting neocastellano con la consapevolezza di poter correre sotto gli undici secondi. Anzi, era proprio il mio obiettivo. Mi sentivo davvero bene. Due settimane prima avevo corso una pessima gara ai Campionati nazionali, tuttavia ero in forma e sapevo di essere in grado di riscattarmi a La-Chaux-De-Fonds. Ciononostante, quando ho sentito il mio tempo, ero estremamente contenta e rincuorata. Non si può infatti mai sapere come andrà una gara. Inoltre poter raggiungere Mujinga e Ajla tra le migliori velociste di sempre in Svizzera è qualcosa di straordinario».

Un’atleta sa già se una gara sarà particolarmente positiva o meno? Oppure non si può mai sapere con anticipo il verdetto della pista?
«Prendiamo l’esempio della gara poc’anzi citata. Le mie sensazioni erano davvero buone: sapevo di avere nelle mie corde la capacità di fare un ottimo tempo. Anche l’allenamento pregara si è svolto al meglio. Ciononostante non si può mai avere la certezza che le cose andranno alla perfezione, anche se i presupposti ci sono. A La Chaux-De-Fonds, però, è stato così. Ma anche perché dal punto di vista mentale ero in forma, continuavo a ripetermi che ce l’avrei fatta. Infine non va dimenticato il supporto che mi ha dato Mujinga. Era accanto a me e mi sosteneva. Correre al suo fianco mi ha aiutata ancor di più a dare il massimo».

Il mentale fa moltissimo. E in questo senso, questa stagione, credo di aver fatto dei passi da gigante

A cosa pensa una velocista tra il momento in cui si prepara ai blocchetti di partenza e lo sparo dello starter?
«Direi a niente (sorride, n.d.r). Per quanto mi riguarda, prima della gara cerco di concentrarmi per trovare un giusto equilibrio tra tensione, tranquillità e botta di adrenalina. Nel momento che intercorre tra il silenzio assoluto e la partenza faccio invece due respiri profondi per calmare il battito cardiaco. E poi si corre. Il mentale fa moltissimo. E in questo senso, questa stagione, credo di aver fatto dei passi da gigante. Credere in sé stessi è fondamentale, ed è ciò che ultimamente mi ripeto molto spesso».

Un paio di anni fa hai cambiato allenatore. Ora svolgi la tua preparazione atletica con Adrian Rothenbühler. Cosa è cambiato da quando hai iniziato a lavorare con lui?
«Sicuramente sono cambiate tante cose da quando io e Adri collaboriamo, dalla primavera del 2022. Purtroppo non abbiamo subito potuto lavorare come volevamo, ho infatti dovuto far fronte a diversi problemi alla schiena che mi hanno un po’ limitata. La svolta è poi arrivata quest’anno. In questi ultimi dodici mesi siamo finalmente riusciti a mettere in pratica ciò che ci eravamo prefissati di fare. Al contempo la fiducia tra noi è aumentata molto, così come la nostra capacità comunicativa, aspetti che hanno fatto sì che il duro lavoro iniziasse a dare i suoi frutti».

Hai lanciato le imminenti Olimpiadi di Parigi nel migliore dei modi. Con quale spirito e con quali obiettivi volerai in Francia?
«L’obiettivo principale è raggiungere le semifinali. Da lì in poi tutto quello che arriverà in più sarà bellissimo. In realtà non mi sono prefissata grandi traguardi. Ciò che più conta sarà la soddisfazione personale. Voglio poter tornare a casa fiera delle prestazioni che avrò mostrato in pista».

Ai Giochi gareggerai sia nei 100 m sia nella 4x100 m, giusto?
«Esatto».

Come ti trovi con le altre ragazze con cui gareggerai nella staffetta? È importante avere un buon feeling in squadra per ottenere buone prestazioni?
«Assolutamente. E per fortuna tra noi funziona tutto molto bene. Ogni volta che ci troviamo per allenarci insieme si crea un ambiente particolarmente positivo. Mi sento molto fortunata e onorata di far parte di questo splendido gruppo».

Con Ajla ottimi rapporti. Spero con tutto il cuore che presto i suoi sacrifici verranno ripagati al meglio

Ajla Del Ponte, con cui hai avuto modo di gareggiare nella staffetta, invece non ci sarà ai Giochi di quest’anno. Che rapporto hai con lei?
«Ottimo. Ajla è stata, ed è ancora oggi, una grande fonte di ispirazione per me. Ha raggiunto dei risultati incredibili e in questi ultimi tempi sta dimostrando una forza di volontà straordinaria. Lo sforzo che sta producendo tutti i giorni per riprendersi dagli infortuni e tornare in pista è assolutamente ammirevole.  Non so se io sarei in grado di fare lo stesso. Spero con tutto il cuore che presto i suoi sacrifici verranno ripagati al meglio».

La Salomé Kora che gareggerà a Parigi è diversa da quella che ha partecipato all’edizione a cinque cerchi di Tokyo?
«Assolutamente. In Giappone ero in forma, ma ora credo molto di più in me stessa e nelle mie capacità».

Le tue prestazioni in pista sono molto buone e migliorano di anno in anno. Un progresso enorme, soprattutto se si considera che ti sei avvicinata tardi al mondo dell’atletica. Avevi infatti 17 anni quando hai iniziato. Cosa ti ha fatto innamorare di questa disciplina?
«L’assenza di spazio per l’interpretazione. Mi spiego. Negli sport di squadra, e anche in diverse discipline individuali, bisogna proporre una performance che viene sempre e comunque valutata da un giudice o un arbitro. Nella corsa non è così. Vince chi arriva primo al traguardo. Punto. Questo aspetto mi ha intrigata sin da subito. Parliamo di una sfida con il proprio corpo e con i nostri limiti. Quando tutto funziona la sensazione che poi si prova in pista è bellissima, sembra di volare».

Particolare è anche il tuo rapporto con la Svizzera, Paese in cui sei nata e cresciuta e che hai poi lasciato per trasferirsi in Benin con la famiglia, tornando alle nostre latitudini cinque anni dopo. Come mai avete fatto tutti questi spostamenti?
«Perché i miei genitori, essendo entrambi infermieri, hanno voluto spostarsi nel Paese di origine di mio papà per realizzare un progetto umanitario: costruire un ospedale in una zona dove non c’era una struttura sanitaria a disposizione della popolazione».

Vivere in Benin mi ha aiutato ad aprire i miei orizzonti culturali e a capire quanto siamo fortunati in Svizzera

Come hai vissuto questi cambiamenti?
«In modo piuttosto complicato. Trasferirmi in Benin quando avevo circa 5 anni non è stato difficile, lo è stato piuttosto rientrare in Svizzera in piena adolescenza. È stato un po’ uno shock culturale tornare qui. Sono però molto felice di aver avuto la possibilità di conoscere la metà delle mie radici. Ho inoltre dei bellissimi ricordi di quando abbiamo vissuto lì. Per non dimenticare che è stata un’esperienza molto arricchente dal punto di vista della mia crescita personale: mi ha aiutato ad aprire i miei orizzonti culturali e a capire quanto siamo fortunati in Svizzera».

Oltre allo sport, sei riuscita a portare avanti anche i tuoi studi, conseguendo un master nell’ambito dell’insegnamento. Quanto spazio occupa tutto questo nella tua vita?
«Per ora zero assoluto (ride, n.d.r). Al momento mi sto infatti dedicando al 100% allo sport. E di questo ne sono estremamente felice. Se però in futuro le cose dovessero cambiare, so di avere un’altra strada da poter percorrere. E sarebbe qualcosa che comunque mi piace fare».