L'Ambrì si lecca le ferite ma non può rimuginare
Dimenticare quanto successo e ripartire. Spesso è proprio questo il motto ripetuto dai giocatori al termine di una sfida terminata in modo indesiderato. Beh, per l’Ambrì la missione odierna deve essere esattamente questa: provare a rialzare la testa dopo un k.o. che, in maniera indubbia, ha fatto parecchio male. Il rischio, allora, è quello di lasciarsi abbattere ma - nella situazione in cui si trovano i leventinesi - ciò non può accadere.
Brutte ricorrenze
La sconfitta di Ginevra - per la modalità in cui è arrivata - potrebbe lasciare qualche scoria nella mente dei biancoblù, autentici padroni del ghiaccio nel primo quarto d’ora di gioco e poi clamorosamente rimontati e battuti. In una partita che, sotto diversi aspetti, ha riassunto diversi dei problemi che stanno attanagliando i leventinesi in questo inizio di stagione, a cominciare da una difesa tutt’altro che impenetrabile.
L’Ambrì concede tanto, troppo, e fin qui solamente il fanalino di coda Ajoie ha subito più reti. Una fragilità, quella difensiva, evidenziatasi nuovamente in inferiorità numerica, situazione nella quale il letale power play dei padroni di casa si è esaltato e ha sfruttato gli eccessivi spazi concessi. Una volta di più, infine, l’overtime si è rivelato fatale e anche questa sta diventando una consuetudine preoccupante, tanto che i tempi supplementari - nelle ultime quattro occasioni in cui si sono resi necessari - sono sempre stati sinonimo di sconfitta.
Rebus difensivo
L’uscita di scena anticipata di Virtanen, inutile negarlo, è pesata e pure molto. Il finlandese - per le sue capacità su entrambi i lati della pista - è indiscutibilmente l’uomo più importante nelle dinamiche della squadra di Luca Cereda. La sanzione comminata al topscorer - che solitamente viene impiegato per quasi 24’ a partita - ha lasciato il reparto difensivo, già orfano di Curran, con un solo straniero, ossia Heed. Nonostante quest’ultimo abbia risposto positivamente agli straordinari ai quali è stato chiamato, sono emersi i patemi che riguardano il resto della retroguardia. D’altra parte - già più volte nel corso della stagione - lo stesso Paolo Duca ha ribadito l’importanza di poter giostrare con tre giocatori d’importazione dietro.
Questa necessità, però, rischia di cozzare con un altro problema che si sta palesando inequivocabilmente, ovverosia il rendimento, insufficiente, di un Janne Juvonen ormai già fuori dai piani futuri. Con il finnico tra i pali, l’Ambrì si è imposto solamente due volte su dieci. Insomma, impiegare tre licenze straniere per i difensori sembra imperativo, adoperarne una per il ruolo del portiere al momento è deleterio. Senn, sotto ogni aspetto, vanta statistiche migliori, certo è che non può essere schierato ogni partita e chissà che allora anche Fadani potrà ricevere un po’ più di spazio.
Ruolino di marcia notevole
Questa sera - in occasione del secondo dei tre impegni consecutivi in trasferta, in questo finale di novembre particolarmente impegnativo - la missione si annuncia proibitiva. Il Davos, avversario di giornata, è la squadra più in forma del campionato e arriva da un’impressionante serie di risultati: delle ultime dieci sfide disputate i grigionesi ne hanno vinte addirittura nove. Gli uomini di Josh Holden - dopo un inizio stagionale sorprendentemente negativo - hanno saputo reagire e grazie a questo filotto positivo si sono veementemente insediati nei piani alti della graduatoria.
Nelle ultime due partite i gialloblù hanno potuto schierare soltanto cinque giocatori d’importazione, poiché alla lista degli infortunati - oltre al lungodegente Nordström - si è aggiunto un altro svedese, Ryfors, out per circa un mese. Ciò, tuttavia, non ha intaccato gli equilibri di una squadra che in fase difensiva - anche grazie ai propri estremi difensori e all’innesto di Calle Andersson - si distingue per solidità, mentre davanti non spicca tanto per produzione offensiva, bensì per cinismo. In questo senso, ingenuità - seppur sanzionate in maniera severa - come quelle commesse da Virtanen e Bürgler vanno assolutamente evitate, per non agevolare la vita ai vari «cecchini» del Davos, come Stransky, Tambellini o Zadina.