Mickaël Facchinetti: «In questi mesi ho pianto tre volte, l'ultima per nonno Gilbert»
Li ha contati. Uno a uno. «303 giorni di attesa». Interminabili. Sofferti, anche. Ora, però, Mickaël Facchinetti è tornato. La rottura dei legamenti crociati del ginocchio destro è un brutto ricordo. Mentre i prossimi mesi, forse gli ultimi con la maglia del Lugano, sono una sfida e al contempo un’opportunità da cogliere.
Sì, «Micka» sorride di nuovo. Prima di dedicarci tempo e pensieri, il laterale sinistro del Lugano infiamma il finale di allenamento. Urla ed esultanze sfrenate. Merito di uno scavetto educatissimo ai danni di Saipi e di una scommessa - una cena - ad esso legata. Per una maglia da titolare, però, bisognerà pazientare. «Intanto, la decina di minuti disputata nella ripresa contro il Winterthur è stata speciale, oltre che emozionante» osserva Facchinetti, 32 anni il prossimo febbraio. «Avevo giocato alcune amichevoli durante la preparazione, ma alla Schützenwiese si trattava di una partita ufficiale. Il che significa tanto: ero di nuovo un calciatore. Sono di nuovo un vero calciatore». La gioia del neocastellano è confluita in un lungo post su Instagram. «Dopo 303 giorni di attesa, il momento tanto atteso è infine arrivato». Certo, si capisce: tuttavia perché una tale brama? «Non avevo mai vissuto una simile esperienza e un percorso di cura così lungo» spiega Mickaël: «Fa parte del mestiere e, alla fine, ho affrontato questi mesi come una sfida. L’ennesima di una carriera che mi ha portato a vivere altre esperienze forti: penso al fallimento di un club (il Neuchâtel, ndr) o a un’avventura all’estero. Gli infortuni seri, però, non erano stati ancora un tema». Già, sino a quel maledetto 8 aprile del 2022.
«Il crac e i brividi alla schiena»
Nono minuto di Lucerna-Lugano. L’ex Abubakar cerca di eludere la marcatura, Facchinetti ricorre a una specie di sgambetto con la gamba sinistra. Ma è il ginocchio destro a subire una torsione anomala. Fatale. «Ho capito subito la gravità dell’accaduto» rammenta Mickaël. «Di colpo ho avvertito dei brividi nella parte bassa della schiena. Dopodiché, mentre mi trovavo a terra, si è avvicinato Sabbatini e mi ha detto di aver sentito “crac”». Addio stagione. «Anche se ho sperato fino all’ultimo che fosse meno critico del previsto. Il ginocchio, a differenza di altri casi, non si era gonfiato». I test medici, purtroppo, hanno tolto la terra sotto i piedi del giocatore bianconero. E rialzarsi, va da sé, non è stato semplice.
«Volevo vincerla in campo»
«Sarò sincero: in questo lungo periodo mi sono salite le lacrime agli occhi solo in tre occasioni» ammette Facchinetti, prestando il fianco - per un fugace attimo - alla fragilità. «Il primo pianto è stato di rabbia e frustrazione, una volta ricevuta la diagnosi definitiva». Il secondo momento di difficoltà, invece, ha fatto sentire «Micka» impotente. «Alla prima seduta di fisioterapia mi è stato chiesto di spostare in avanti il piede destro. La testa voleva, ma la gamba non me l’ha permesso. È stata una botta. Come se un corpo estraneo si fosse sovrapposto al mio». Il terzo e ultimo momento di commozione di Mickaël Facchinetti, per contro e paradossalmente, ha coinciso con uno dei giorni più vibranti ed eccitanti vissuti dal Lugano e i suoi tifosi. «24 ore dopo il successo nella semifinale di Coppa Svizzera, contro il Lucerna, mi è capitato qualcosa di strano. Una sensazione difficile da spiegare. Dentro di me, in anticipo sul destino, ho avuto la certezza che la squadra avrebbe vinto l’atto conclusivo. Parliamo di una competizione al quale sono legato intimamente. È il trofeo che è sempre mancato nella bacheca di mio nonno Gilbert e - anche per lui - tenevo a conquistarlo da protagonista». Un contributo importante, ad ogni modo, l’esterno bianconero l’ha fornito sino ai quarti di finale. «E sono naturalmente fiero di aver fatto parte del gruppo che a quasi 30 anni di distanza dall’ultima volta è riuscito a riportare la Coppa Svizzera in Ticino» sottolinea Facchinetti, che una finale l’aveva persa nel 2011 con la maglia dell’amato Neuchâtel.
Un contratto in scadenza
Il sogno di Micka può ancora realizzarsi. Il Lugano è nei quarti di finale e le ambizioni societarie solleticano il bis. «Se guardo ai prossimi mesi, a quello che il club si giocherà, la motivazione è alle stelle» conferma il diretto interessato. «Non a caso, al netto dei tre episodi di sconforto citati, non c’è mai stato spazio per la stanchezza o i dubbi. No, un giorno alla volta, ho lavorato duro per riprendermi il campo». È successo a Winterthur, dicevamo. E potrebbe ripetersi domani, in casa al cospetto del Lucerna. Un avversario, questo, che ha tolto ma ha altresì dato tanto a Facchinetti: «In effetti, oltre al brutto infortunio rimediato lo scorso anno, la storia con questo rivale è speciale. L’esordio in Super League, nel 2009, è avvenuto contro il Lucerna. Così come i miei primi due gol nel massimo campionato svizzero». La rincorsa di «Micka» riparte dunque dalla formazione di Mario Frick e guarda a una seconda parte di stagione fondamentale sul piano personale. Il contratto che lo lega all’FC Lugano, d’altronde, scade il prossimo giugno. «Voglio dimostrare di essere tornato quello di prima. A 32 anni un calciatore ha ancora tanto da dare. A maggior ragione se è ambizioso come il sottoscritto. In Ticino mi trovo benissimo, ho pure comprato casa e - a dispetto delle voci rimbalzate oltre San Gottardo - una mia partenza durante il mercato invernale non è mai stato un tema con il club. Vorrei insomma continuare a fare parte del progetto bianconero, perché no, superando a Cornaredo il traguardo delle 300 partite in Super League e trasformando il Lugano nella squadra principale - per numero di presenze - della mia carriera».