Il caso

Caccia F-16, Putin avverte la NATO: minaccia reale o strategia di propaganda?

Il presidente russo dichiara che il Cremlino è pronto a colpire gli aerei da caccia anche nelle basi degli alleati – Mario Del Pero (Sciences Po): «È fortemente improbabile che Mosca violi l’articolo 5 del Trattato»
©Sputnik
Francesco Pellegrinelli
29.03.2024 06:00

Prima le dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron sul possibile invio di truppe europee in Ucraina; poi, le minacce della Polonia, secondo cui la NATO sta riflettendo sulla possibilità di abbattere missili russi che si avvicinano troppo ai confini dell’Alleanza. Ieri, infine, le parole del presidente russo Vladimir Putin, il quale su un eventuale impiego ucraino dei temuti caccia F-16 ha avvertito gli alleati: «Se gli aerei da guerra verranno utilizzati da aeroporti di Paesi terzi, per noi saranno un obiettivo legittimo, non importa dove si trovino».

Mosca insomma è pronta a colpirli anche mentre si trovano all’interno di basi del Patto Atlantico; prefigurando così un attacco a un Paese membro dell’Alleanza, situazione per la quale l’articolo 5 del Trattato prevede che tutti gli altri alleati intervengano militarmente.

«Indebolire il sostegno»

Come spesso accaduto in questi mesi di guerra, però, dichiarazioni simili vanno interpretate con cautela e inserite in una rete di minacce strategiche, dove il linguaggio bellico può essere utilizzato per raggiungere obiettivi politici o per esercitare pressione sui rivali senza necessariamente tradursi in azioni concrete sul campo di battaglia. Ne è convinto Mario Del Pero, ordinario di Storia Internazionale a Sciences Po a Parigi, per il quale «è molto improbabile che Mosca passi all’atto». Secondo Del Pero, le dichiarazioni di Putin vanno interpretate come un mezzo di propaganda, mirato a generare preoccupazione nell’opinione pubblica dei Paesi NATO e, contemporaneamente, a alimentare le divisioni interne. La crescente fatica legata al conflitto ha infatti eroso il consenso trasversale un po’ ovunque - spiega Del Pero - facendo emergere sia la preoccupazione per una possibile escalation, sia il convincimento che i costi della guerra non siano più sopportabili sul lungo periodo. Le dichiarazioni del capo del Cremlino mirano quindi a indebolire il sostegno occidentale, ma «è fortemente improbabile che Putin si spinga realmente ad attaccare un Paese NATO. Il rischio di un’escalation sarebbe elevatissimo». Per lo stesso motivo, osserva Del Pero, alleati come la Germania sono riluttanti a fornire determinati armamenti, a partire dai Tairus, all’Ucraina per colpire da lunga distanza la Russia.

Da una parte come dall’altra, dunque, la preoccupazione per un allargamento del conflitto viene impiegata per cercare di incrinare il consenso interno, oggi molto più fragile nel variegato mondo occidentale che in Russia, dice Del Pero.

Testo e sottotesto

In questo contesto s’inseriscono anche le recenti dichiarazioni di Macron sull’invio di truppe europee. «Il presidente francese ha voluto dare un messaggio deliberatamente ambiguo alla Russia, ossia che l’Europa è disposta a impiegare tutti i mezzi per prevenire una sconfitta dell’Ucraina». Il sottotesto inviato a Putin è chiaro: «La Russia deve limitare i suoi obiettivi tenendo a bada velleità revisionistiche più ampie».

Secondo Del Pero, le parole di Macron vengono pronunciate anche per colmare il momento di disimpegno USA, profilando così la Francia quale unica vera alternativa militare dell’Unione europea. «Macron è consapevole che qualora ci dovesse essere uno sforzo integrato maggiore da parte dell’Europa, sarebbe la Francia a guidarlo». A questi elementi, se ne aggiungono altri due: «Parigi, di fatto, ha fornito pochi armamenti. Pertanto, fare la voce grossa diventa anche un modo per compensare il relativo impegno francese. In chiave interna poi, la campagna contro l’espansionismo russo intende colpire la destra di Marine Le Pen, che in passato ha avuto rapporti stretti e organici con la Russia». Insomma, si attacca la Russia per indebolire la destra francese, che stando ai sondaggi dovrebbe vincere largamente le Europee di giugno.

Macron allo specchio

A specchio, dunque, Putin risponde a Macron, in un gioco incrociato di minacce e avvertimenti, che sul terreno, però, producono pochi effetti concreti. Ma allora - chiediamo - la guerra che traiettoria ha preso? «È diventata una guerra di attrito e di logoramento, dai costi umani immensi e sconosciuti». È chiaro - prosegue l’esperto - che un simile conflitto avvantaggia maggiormente la Russia, che ha più uomini e, apparentemente, una maggiore capacità di sacrificarli. «L’Ucraina cerca di bilanciare questo elemento strutturale di debolezza con la tecnologia occidentale. Attualmente, però, lo scontro è bloccato in una situazione senza vie di fuga apparenti», avverte Del Pero. Il grande sogno dell’offensiva ucraina - di riprendersi il Donbass e di porre le premesse per un’acquisizione della Crimea - sembra oggi sfumato. Come può finire quindi il conflitto? Sarà necessario passare da un compromesso? «La Storia ci insegna che tante guerre sono terminate con soluzioni parziali, altamente imperfette. In Corea c’è una tregua che dura dal 1953, tutt’altro che ideale. Idem, per l’Accordo di Dayton sulla Bosnia. Posso quindi immaginare che, sottobanco, la diplomazia sia al lavoro e che forme di dialogo siano in corso anche con la Russia», commenta Del Pero.

Diplomazia al lavoro

Ma che cosa deve accadere affinché questo compromesso (anche imperfetto) s’imponga sulle volontà delle parti, oggi ancora molto lontane? E ancora: che ruolo hanno Europa e Stati Uniti nel condurre l’Ucraina ad accettare ciò che oggi ancora viene considerato un tabù? «In realtà, l’evento decisivo è già avvenuto», ammette Del Pero. «Il fallimento dell’offensiva ucraina e la tenuta del regime russo hanno segnato un prima e un dopo». Un elemento che rende irrealistico il totale ripristino dei confini, secondo la configurazione precedente al 2014. «L’Ucraina non lo ha ancora accettato, ma immagino che si vada in questa direzione e che la diplomazia europea e USA stia lavorando a una soluzione di compromesso, anche imperfetta».

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