Il ricordo

Con Lillo Alaimo se ne va un direttore d'altri tempi

Non c'era virgola che non venisse riguardata, foto che non venisse attentamente valutata e ritagliata, impaginazione che non fosse soppesata, anche se riguardava una delle ultime pagine del giornale
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
29.03.2024 15:30

Con Lillo Alaimo se ne va un direttore di giornale d'altri tempi. Tempi in cui un giornale e il suo direttore erano una cosa sola. Il Caffè era Lillo Alaimo e Lillo Alaimo era il Caffè. Non c'era virgola che non venisse riguardata, foto che non venisse attentamente valutata e ritagliata, impaginazione che non fosse soppesata, anche se riguardava una delle ultime pagine del giornale, quelle che notoriamente sono più leggere. Tutto era importante, per Alaimo. Non soltanto gli scoop o le inchieste. Anzi forse dava paradossalmente più attenzione proprio agli articoli di costume che ben sapeva erano tra i più letti. Perché le inchieste, anche se davano prestigio e onore al giornale, in fondo interessavano più gli addetti ai lavori - politici, diretti interessati, giornalisti - che ai lettori. E Alaimo lo sapeva bene. Per questo voleva che il Caffè fosse curato all'estremo dalla A alla Z.

Sbaglia insomma chi oggi ancora pensa che Alaimo fosse un patito estremo degli scoop, che guardasse solo quelli. Certo, gli importavano e ci lavorava assiduamente, ma in realtà era innamorato dell'informazione nel suo complesso. Un'informazione che abbracciasse tutti i gusti. Perché anche la storia di un gelataio per lui era allo stesso livello delle inchieste. Chi ha lavorato con lui come il sottoscritto sa come amasse ripetere che ogni fatto aveva la sua ricchezza se solo si fosse riusciti a guadarlo da una prospettiva diversa.

Lillo Alaimo era un direttore d'altri tempi perché amava all'estremo il suo lavoro e pretendeva che tutti i suoi collaboratori facessero lo stesso. Pretendeva, sì. Un termine non usato a caso. Perché Alaimo era esigente come pochi e non faceva nulla per mascherarlo. Il giornale era la sua vita e quando ha smesso di lavorarci, tempo qualche anno, è morto come se non ci fosse altro destino, altro obiettivo che meritasse di essere vissuto.

Un giornalista militante. Forse è questo l'accostamento che più mi viene in mente. Perché per Alaimo il giornalismo era come una missione. Che sentiva addosso, che propagava a chi gli stava vicino, che non faceva mistero di vivere fino in fondo pur con tutte le sue incongruenze, ventiquattro ore al giorno. Ogni giorno.

Alaimo sapeva com'era. Sapeva di interpretare il giornalismo come pochi altri.

Ne era conscio. Conosceva i suoi pregi e i suoi difetti e proprio per questo emanava un'umanità rara. Che non lasciava indifferenti.

Ciao Lillo, è stato un onore conoscerti e lavorare con te. Grazie per tutto quello che mi hai insegnato.