L'intervista

«Oggi è pieno di persone per bene che delinquono»

Massimo Carlotto racconta il suo ultimo romanzo noir, «Trudy», in cui analizza le derive della società italiana
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
28.04.2024 12:30

L’anno prossimo saranno 30 anni. Trent’anni passati a raccontare il crimine nelle sue molte sfaccettature. Massimo Carlotto, scrittore padovano di successo - è stato anche ospite all’ultima edizione di «Tutti i colori del giallo» di Massagno - non si è mai fermato. Dagli esordi nel 1995 con il primo romanzo, "La verità dell’Alligatore" all’ultimo, "Trudy", uscito per Einaudi a inizio aprile. «Continuo questo mio percorso iniziato nel 1995 all’interno del mondo del romanzo di genere - spiega l’autore - lo continuo nel tempo, ovviamente modificandolo, perché come si modifica la società, anche lo scrittore di noir deve modificare temi e personaggi. Quando si legge un autore di noir bisogna notare le trasformazioni sociali che devono essere impresse nei suoi romanzi». Uno scrittore militante. Se per militante si intende perseguire uno scopo, un obiettivo. Che per Carlotto è quello di fare romanzi non consolatori, ma civili e di impegno. Nel segno «della letteratura del conflitto, che è conflitto di classe e di poteri - rileva -. Un tipo di letteratura morale che scava nel profondo della moralità per capirne le dimensioni e le strutture».

Il mondo delle agenzie di sicurezza

E così, dopo aver scavato, solo per fare alcuni esempi, nel mondo del riciclaggio dei rifiuti, della sofisticazione alimentare, nella criminalità organizzata, nei traffici internazionali di droga, nel mondo della prostituzione e nei loschi affari imprenditoriali, oggi Carlotto arriva in libreria con un romanzo sulle agenzie di sicurezza privata. «Le agenzie di sicurezza di cui parlo sono quelle di alto livello, non sono quelle dei vigilantes davanti alla banca o degli investigatori privati che si occupano di corna - afferma -. Sono quelle che ad esempio si occupano di proteggere le grandi aziende e quindi spiano i dipendenti, proteggono la sfera personale dei loro dirigenti e si occupano degli attacchi hacker e delle inchieste della magistratura».

Un mondo, evidenzia Carlotto, estremamente complesso con capitale straniero, «come è venuto fuori ad esempio con la storia di Maurizio Gasparri, ex ministro e oggi senatore della Repubblica italiana, che è nei consigli di amministrazione di agenzie di questo tipo con capitale inglese e israeliano. Agenzie che non si sa bene cosa combinino esattamente».

Il noir per raccontare la società

Scavare nelle pieghe del crimine, che si trasforma, muta forma nel corso degli anni, per indagare la società, comprenderla meglio. È questo secondo Carlotto lo scopo del romanzo noir, che non ha nulla a che vedere con il genere giallo. «Il noir è una lente d’ingrandimento sulla società - annota l’autore, considerato il maestro del genere noir -. Si usa il crimine come scusa per raccontare tutto quello che ci sta intorno. È uno sguardo sulla società, come guardarla dal buco della serratura. Il noir è una fotografia in bianco e nero con dettagli molto nitidi. Il lettore deve vedere e capire ambienti, luoghi e personaggi».

Un genere che ai lettori piace. Se è vero come è vero che Carlotto è sulla breccia da anni, al pari di altri scrittori che hanno scelto questo tipo di letteratura. «I lettori mi leggono perché innanzitutto hanno piacere a leggere dei romanzi, dei romanzi - rimarca - che hanno il mio stile, ma che affrontano anche il discorso della complessità, della stratificazione di informazioni sulla società che c’è all’interno del libro. Oggi amo infatti scrivere storie corali con molti personaggi che siano in grado di approfondire temi e di dare quello sguardo a 360 gradi sulla società».

Tutto bene, dunque? Sì e no. Perché in Italia non sono molti gli scrittori che hanno scelto di abbracciare una letteratura che si potrebbe definire di conflitto. «Secondo noi c’è un grosso problema legato all’industria culturale e a una forma di romanzo che abbandona sempre di più la finzione per l’auto-fiction. Siamo di fronte a una vera e propria crisi della letteratura e della cultura, perché a emergere è sempre più una letteratura consolatoria. Per questo pensiamo che sia necessario introdurre un altro tipo di letteratura, di avere più spazio, visto che molti autori non riescono a pubblicare».

Tutto questo, quando per lo scrittore padovano la società di oggi è pervasa da persone per bene che delinquono e che si sentono comunque nel giusto. «La criminalità - sottolinea - non è più patrimonio delle fasce marginali o delle culture marginali. La criminalità intesa come illegalità è penetrata nella società e questo da ormai 30 anni a questa parte. In Italia sempre più incensurati, persone che non hanno mai avuto rapporti con la criminalità e problemi, iniziano a delinquere, attraversano il confine tra legale e illegale, usano il crimine come scorciatoia per risolvere i propri problemi o per arricchirsi. Non è un salto del fosso esistenziale, è semplicemente l’uso della criminalità per scopi personali, ma anche di brevissimo periodo».

Delinquenti ma brave persone

Non un fenomeno da prendere sotto gamba. Tutt’altro. «È un fenomeno che ha modificato dal punto di vista antropologico la società italiana, è diventato un fenomeno endemico molto interessante da raccontare perché è una criminalità che si autoproduce all’interno, formando anche bande di incensurati». Carlotto fa un esempio. «Ci sono persone che quando devono ad esempio smaltire illegalmente rifiuti si mettono insieme e formano una banda per smaltirli e questo li arricchisce. È un fenomeno importante da raccontare perché fa parte di un mondo criminale che è composto da persone per bene. Si percepiscono persone per bene, sempre. Come nel mio ultimo romanzo, Trudy che è un romanzo di buoni, perché quelli che oltrepassano il confine tra legalità e illegalità si ritengono nel giusto».

Un fenomeno che ha origini ben precise, secondo Carlotto. «In Italia - evidenzia - abbiamo avuto una classe dirigente corrotta che ha infettato la società dal punto di vista dell’esempio. Pensiamo a Silvio Berlusconi, che si sentiva il più furbo di tutti. Sono stati aperti cancelli a qualsiasi cosa ed è esattamente quello che sta succedendo».

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