Verso la finale

La terza meraviglia del Lugano e l'ostacolo Servette

I bianconeri, dunque, torneranno a Berna per (cercare di) conquistare un'altra Coppa Svizzera: «La ricetta per vincere? Giocare meglio rispetto a Sion»
© KEYSTONE / CYRIL ZINGARO
Flavio Viglezio
Flavio ViglezioeGiacomo Notari
28.04.2024 18:45

Si dice che il tre sia il numero perfetto. Gli sono stati attribuiti significati magici e simbolici da tutte le civiltà e in tutte le epoche. Lo era anche per Dante, nella Divina Commedia, dove il tre e i suoi multipli hanno un valore simbolico: tre cantiche, trentatré canti, nove gironi infernali. Scomodare il Sommo Poeta è un tantino esagerato, ma ai giorni nostri il tre è il numero perfetto anche per il Lugano. Sì, i bianconeri andranno a giocarsi la finale della Coppa Svizzera per la terza volta consecutiva. L’undicesima della loro storia. Dopo San Gallo e Young Boys, l’avversario sarà il Servette, che si è imposto di misura a Winterthur. Bianconeri e ginevrini si erano già sfidati all’atto conclusivo nel 1971: si era imposto il Servette per 2-0. Per il club granata sarà la 20. finale di una Coppa Svizzera vinta sette volte, l’ultima nel lontano 2001.

Testa e muscoli

C’è un mese di tempo, per pensare alla finale e al Servette. La testa dei bianconeri è già rivolta al campionato e al San Gallo, ospite sabato a Cornaredo nella prima giornata del girone per il titolo. Ma per qualche ora è doveroso godersi la vittoria ottenuta al Tourbillon. Un successo non facile: il Lugano non ha saputo – o probabilmente non ha potuto – offrire il suo solito calcio spumeggiante. Ma ha lottato, ci ha messo testa e muscoli e quando è andato in vantaggio è stato in grado di gestire la situazione con personalità. Si vincono anche e soprattutto in questo modo, le partite di Coppa Svizzera.

Certo, il primo quarto d’ora è stato una sofferenza. Il Sion, spinto dall’entusiasmo del suo pubblico e da tutto un cantone, è partito fortissimo. Sorgic e Chouaref hanno fatto vedere i sorci verdi alla difesa del Lugano, ma per fortuna un eccellente Amir Saipi ha sempre risposto presente. «Ma lo sapevamo – spiega Mattia Croci-Torti – che sarebbe andata così. Era da nove anni che il Tourbillon non faceva registrare il tutto esaurito e il Sion all’inizio sembrava indiavolato. Le partite durano però novanta minuti e bisogna saperle giocare fino alla fine. Noi all’inizio abbiamo perso tanti duelli, eravamo un po’ troppo molli. Ma non ci siamo mai lasciati prendere dal panico e questo è stato fondamentale».

Quando meno te lo aspetti

Le squadre forti sono quelle capaci di reagire ai momenti difficili quando meno te lo aspetti. Quando l’avverssario non se lo aspetta. Ed allora, di fatto, dopo aver resistito alla sfuriata iniziale del Sion, il Lugano ha fatto la differenza a cavallo tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo.

Una rete da cineteca di Cimignani e un rigore trasformato con freddezza da Celar hanno messo in ginocchio i vallesani. Una massima punizione concessa con molta generosità, dall’arbitro Schnyder, che ha mandato su tutte le furie il vulcanico Christian Constantin: «Noi abbiamo giocato in 12 grazie al pubblico, il Lugano ha giocato in 12 grazie all’arbitro», ha affermato inviperito il presidente del club vallesano. «In tutta onestà – ha commentato il Crus – non ho visto bene l’episodio. Non è però colpa nostra se a Sion non c’era il VAR, in funzione invece a Winterthur nell’altra semifinale».

Ed allora a partire dal raddoppio del Lugano non c’è più stata partita. Saipi ha dovuto superarsi ancora una volta su Sorgic, ma i bianconeri hanno preso in mano il pallino del gioco e non lo hanno più mollato. Il possesso palla del Lugano non ha insomma praticamente più permesso alla squadra di Didier Tholot di mettere sotto pressione i bianconeri. «Devo davvero fare i complimenti ai miei ragazzi per l’ennesima volta – ha proseguito Croci-Torti – perché mentalmente sono stati presenti e lucidi fino al termine».

Un altro pezzo di storia

E così il Lugano ha scritto un’altra pagina di storia, con la speranza – ovviamente – che il prossimo 2 giugno possa alzare al cielo la Coppa Svizzera per la quinta volta. Con la terza qualificazione di fila all’atto conclusivo, il Crus è però già entrato di diritto nella storia del club bianconero: «Sono orgoglioso e emozionato: sono contento per me, certo, ma anche per tutto lo staff e per questi giocatori che – lo ripeto per l’ennesima volta – hanno fatto qualcosa di eccezionale. Vincere così tante partite da dentro o fuori è incredibile sotto l’aspetto mentale e nervoso. Se vogliamo vincere la finale, però, dovremo iniziare la partita meglio di quanto fatto a Sion».

Grazie per l’affetto

Per vincere la finale ci sarà bisogno – anche – dell’affetto dei tifosi. Erano più di mille, al Tourbillon, e al triplice fischio dell’arbitro tutto il Lugano è andato a festeggiare sotto la Curva bianconera: «Sì, erano in tanti e ci hanno dato tanta energia. Si respira sempre più entusiasmo attorno a questo Lugano e ora aspetto tutti a Berna. Incontreremo una squadra forte, ma sono contento che non sia lo Young Boys: sul sintetico i gialloneri partono sempre con un certo vantaggio».

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