Il commento

Le imprese del Lugano non meritano l'indifferenza

Dall'avvento della proprietà Mansueto il club non ha sbagliato una stagione - In Svizzera interna, però, si fatica ancora a riconoscere la qualità che regna a Cornaredo - In casa bianconera, invece, sarebbe meglio non dare per scontato il valore del tecnico
Massimo Solari
22.04.2024 06:00

Oltre San Gottardo, dove si tende a credere che tutto avvenga e tutto si decida, il tema rimane secondario. Ai margini. Della serie: «Okay, bravi, ma che cosa credete? Mica succede». No, al Lugano serio candidato al titolo nazionale, in Svizzera interna, non si vuole dare credito. Meglio concentrarsi sull’inarrestabile declino del Grasshopper o sui deficit strutturali del Basilea coperti in segreto dai membri del CdA renano. Oddio, qua e là, al massimo, ci si è resi conto che – nonostante tutto – valeva la pena parlare e scrivere di alcune figure. Di Renato Steffen, per esempio, che una settimana fa è stato definito «il miglior giocatore della Super League» dalla NZZ. O del direttore sportivo Carlos Da Silva, che sabato si è conquistato una paginata sulle testate di CH Media. Arriverà presto anche il Crus, immaginiamo. Detto che il nazionale rossocrociato, senza ingigantirne la portata, ha appena rimediato una figura barbina – proprio lui che, ergendosi a modello da seguire, in più occasioni ha tirato le orecchie ai compagni di squadra -, a mancare è però la visione d’insieme. La considerazione complessiva del lavoro svolto a Cornaredo. Ma non dai singoli, dalla squadra.

No, il Lugano non è ancora campione svizzero. E probabilmente non lo diventerà. Sei punti di distacco a cinque partite dal termine non sono così pochi. Sette, considerata la differenza reti favorevole allo Young Boys. Quanto sta riuscendo ai bianconeri, tuttavia, è per certi versi incredibile. Oltre che, appunto, meritevole di molteplici sottolineature. Dall’avvento di Joe Mansueto, il club non ha sbagliato una stagione. Non una. Addirittura, è arrivato subito il successo – in Coppa Svizzera, certo – che per altro non ha destabilizzato un progetto sportivo acerbo. Anzi. E il traguardo intermedio appena tagliato dagli uomini di Mattia Croci-Torti è lì a certificarlo. Dopo il tripudio del Wankdorf, nel maggio del 2022, e un terzo posto sinonimo di Europa vera, il club si è spinto oltre. Firmando il record di punti in Super League (con tre partite in meno!) e – soprattutto – creando i presupposti per giocarsela sino in fondo con Young Boys e Servette, oltre che in Coppa.

I protagonisti – dall’allenatore ai dirigenti – lo hanno sottolineato diverse volte: per dare sostanza alle ambizioni più alte sarebbe servito farsi trovare pronti in caso di passaggi a vuoto della concorrenza. Vero, verissimo. Ma, giunti a questo punto, guardare alle fragilità altrui per esaltare un percorso clamoroso rischia di essere finanche riduttivo. Sì, perché il Lugano osservato nelle ultime settimane non ha nulla da invidiare alle rivali più accreditate all’alba della stagione o nel corso della stessa. Per qualità del gioco e della rosa, idee e intraprendenza di entrambe, così come alla luce della famelicità trasmessa dallo staff tecnico alla psicologia dello spogliatoio, i bianconeri sono vieppiù emersi sul resto del gruppo. Basterà?

Probabilmente no, lo ribadiamo. O meglio, potrebbe bastare qualora Sabbatini e compagni riuscissero ad alzare ulteriormente il livello: in termini di umiltà – vero Steffen? -, di attenzione e cura del gesto, di perseveranza. Il discorso è persino semplice. Nei primi 33 turni il Lugano non ha battuto solo due compagini: YB e Servette, già. E, dunque, la conquista della Super League passa(va) anche da lì. Dalla perfezione sul piano dei risultati. Dalla supremazia definitiva del gruppo allenato da Croci-Torti. L’allenatore, inutile girarci attorno, rimane il volto di un’impresa che non smette di perpetuarsi. La mente capace di alimentare l’idea più folle. Vorrebbe più pubblico a Cornaredo, il Crus. E come dargli torto. Che cosa deve ancora fare, il suo Lugano? E perché adoperarsi per rinnovare il suo contratto oltre al 2025, proprio ora, costituirebbe una valutazione affrettata? Occhio a non rendersi complici dell’indifferenza che regna oltre San Gottardo, dove – forse – non si attende altro: veder naufragare i bianconeri sul più bello e al contempo accaparrarsi il suo condottiero. 

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