Berna

Il patto su esercito e Ucraina pericolante in Parlamento

La proposta di istituire un fondo speciale di 15 miliardi di franchi per finanziare l'aumento delle spese militari e l'aiuto a Kiev è stata ritirata dal tavolo del Nazionale – Si attende la decisione degli Stati, ma la prognosi è negativa
©KEYSTONE
Giovanni Galli
07.05.2024 20:30

Ha subito una battuta d’arresto (forse preludio di una bocciatura) il piano per costituire un fondo speciale di 15 miliardi di franchi destinato  a finanziare l’aumento delle spese militari e gli aiuti alla ricostruzione dell’Ucraina. L’intesa era maturata negli scorsi giorni nella Commissio ne della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati grazie a una maggioranza composta da esponenti del Centro, del PS e dei Verdi. La proposta sarebbe dovuta passare oggi davanti alla Commissione delle finanze del Nazionale, nella speranza di ottenere il via libera per la discussione in Parlamento nella sessione di giugno. Ma avuto  sentore delle resistenze interne,  all’ultimo minuto i promotori della mozione hanno preferito ritirarla, in attesa della decisione del Consiglio degli Stati, prevista per  il 3 giugno. Le chance di successo in aula, tuttavia, sono ridotte. 

L’’idea alla base del patto di centrosinistra è di colmare le lacune nell’armamento dell’esercito e al tempo stesso di finanziare la ricostruzione dell’Ucraina senza intaccare il bilancio della Cooperazione allo sviluppo. In concreto, si tratterebbe di istituire dal 2025 un «Fondo per la sicurezza e la pace» dotato di 15 miliardi di franchi. Questo fondo temporaneo sarebbe retto da una legge speciale e sfuggirebbe ai vincoli del freno all’indebitamento, che non consente di effettuare nuove spese senza un’adeguata compensazione in termini di risparmi e/o di nuove entrate. Il fondo sarebbe autorizzato a indebitarsi temporaneamente. Lo stesso era stato fatto, nel recente passato, per gli aiuti COVID e per l’accoglienza dei rifugiati ucraini. Questo finanziamento extra era stato ammesso perché le cause erano indipendenti dalla volontà del Governo e del Parlamento. 

Ora, per l’esercito sono previsti    10,1 miliardi, vale a dire quanto servirebbe per  raggiungere nel 2030 l’obiettivo di portare il bilancio della Difesa all’1% del PIL. In moneta, significa che le spese militari dovrebbero passare dagli attuali 5,7 miliardi a 9,8 entro la fine del decennio, così da rafforzare più rapidamente le capacità di difesa. Era stato il Parlamento stesso a voler aumentare le spese militari, a seguito della guerra in Ucraina, ma poi alla luce delle difficoltà finanziarie della Confederazione, in dicembre aveva preferito rallentare il progetto e rinviarlo di cinque anni, al 2035. 

Gli altri 5 miliardi sono destinati ad aiutare il Paese in guerra, in particolare sotto forrma di aiuti alla popolazione, di operazioni di sminamento e di ricostruzione di impianti civili. Poco tempo prima il Consiglio federale aveva proposto un suo piano, che però nella fase iniziale prevede di attingere fondi dal settore della cooperazione allo sviluppo. Di qui l’intesa trasversale fra il partito della consigliera federale responsabile della Difesa e la sinistra, che non intende ridurre i programmi di aiuto in altri Paesi sfavoriti. Secondo la maggioranza di centrosinistra, le maggiori spese per l’esercito e gli aiuti all’Ucraina, hanno un’origine comune: il deterioramento della situazione in materia di sicurezza in Europa. Questa soluzione è considerata dai fautori dell’accordo l’unica in grado di ottenere una maggioranza a livello politico per ottenere l’uno e l’altro obiettivo, senza tagliare risorse in altri settori o aumentare le imposte. 

Ma l’auspicata maggioranza non sembra delinearsi per ora all’infuori della commissione degli Stati. La Commissione delle finanze del Nazionale avrebbe dovuto fungere da sponda per sostenere l’operazione ma, come detto, tutto si è risolto in un nulla di fatto.   La presidente Sarah Wyss (PS/BS) ha sostenuto che se ne è discusso molto intensamente, ma alla fine gli autori della mozione hanno preferito fare marcia indietro, tenuto conto dello scetticismo espresso da diversi commissari. Quindi, dal punto di vista dei fautori del patto, meglio una non decisione che una bocciatura.

 Anche agli Stati sembra tirare cattiva aria. UDC e PLR, pur favorevoli all’aumento delle spese militari, sono contrari ad aggirare il freno all’indebitamento.  Per le stesse ragioni,  vari  «senatori» centristi hanno già espresso le loro perplessità. E a sinistra non è garantito il sostegno all’operazione da parte di chi è ostile per principio alle spese militari.   

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