L'opinione

Le posizioni non vanno polarizzate

L'opinione di Luisa Lambertini, rettrice dell'Università della Svizzera italiana, sulle proteste studentesche – in Svizzera e nel mondo – contro la guerra a Gaza
Luisa Lambertini
08.05.2024 06:00

Tra le mie priorità di rettrice spicca quella di creare e mantenere un ambiente rispettoso e aperto che favorisca il dialogo e la comprensione tra tutti i membri della nostra comunità accademica, che è molto internazionale con oltre 110 Paesi rappresentati. Al contempo non posso che capire studentesse e studenti che danno una risposta vibrante e significativa agli eventi del mondo che li circonda. Questa risposta riflette una crescente consapevolezza e impegno civile tra gli studenti universitari. Per ora queste manifestazioni, iniziate negli Stati Uniti, in Svizzera si sono concentrate principalmente su università di grandi dimensioni, dove gli studenti si sono mobilitati per esprimere solidarietà, chiedere un cambiamento nelle politiche di cooperazione universitaria, chiamare al boicottaggio accademico. In contesti paralleli, come la risposta alla crisi in Ucraina, alcune relazioni sono state interrotte dalle università, per lo meno con le istituzioni che hanno dato sostegno all'aggressione. Le altre collaborazioni accademiche, quelle che favorivano il dialogo e la neutralità e con istituzioni che non si sono schierate a favore dell’invasione, hanno potuto continuare garantendo gli scambi accademici e culturali, che assumono un’importanza ancora maggiore in tempi di conflitto. L’USI, come molte altre università svizzere, è membro del network “Scholars at Risk” e ha accolto diversi studiosi che hanno trovato nel nostro ateneo un luogo per continuare la loro ricerca e l’insegnamento.

Tornando alle proteste a favore di Gaza, se trovo molto positivo tutto quello che stimola dibattito e discussione all'interno delle comunità accademiche riguardo ai diritti umani, sono convinta che si debba cercare di non polarizzare eccessivamente le posizioni. Possono esistere momenti di tensione, ma la critica deve sempre essere tesa a favorire la riflessione. Dal mio punto di vista le università devono infatti restare spazi vitali di dialogo su questioni globali complesse, in cui ognuno possa esprimersi e approfondire. Nessun membro dell’USI deve sentirsi a disagio nel venire all’università. Le proteste degli studenti devono trovare una voce: le posizioni vanno lasciate esprimere, se formulate nei limiti del rispetto. Richieste di informazioni sugli accordi di cooperazione con università israeliane sono legittime, ma la richiesta di interrompere tali accordi senza spiegazione non lo sono. Noi per primi, come USI, abbiamo fin da subito condannato qualsiasi azione contraria al diritto internazionale umanitario e abbiamo fatto un appello affinché le vite di tutte le popolazioni civili coinvolte fossero rispettate. Vorrei quindi far sentire la vicinanza dell’università su questi temi importanti e a tenere aperto un dialogo per evitare l'escalation, perché credo che la mia più grande sconfitta in questo contesto sarebbe quella di un ricorso alla violenza, vedere l'intervento delle forze dell'ordine nei nostri spazi a causa di scontri. La risposta dell’USI deve essere quella del dialogo per evitare una sconfitta per tutte le parti coinvolte, che comprometterebbe significativamente i nostri obiettivi di promuovere una comunità basata sul dialogo e sulla comprensione reciproca.

In questo articolo: