L'incontro

«Dopo il massacro del 7 ottobre le voci più concilianti verso i palestinesi sono diminuite»

Iddo Netanyahu, scrittore israeliano, fratello del presidente Bibi, racconta cosa è accaduto e accade in Medio Oriente
Iddo Netanyahu insieme al fratello Benjamin.
Luca Steinmann
05.05.2024 11:00

Iddo Netanyahu, scrittore israeliano, fratello del presidente Bibi e dell’eroe nazionale Yonathan (noto Yoni), ucciso durante l’operazione di Entebbe nel 1976, racconta cosa è accaduto e accade in Medio Oriente. Naturalmente è la sua versione, il punto di vista del fratello del presidente. Il suo ultimo romanzo, pubblicato in italiano e recentemente in tedesco, è intitolato Itamar K e tratta dei limiti alla libertà di espressione nelle odierne società israeliane e occidentali.

Quanto ha contato la storia della sua famiglia ed in particolare la morte di suo fratello Yoni nello spingerla a diventare scrittore?
«Dopo la morte di Yoni mi presi un anno di pausa per riflettere e digerire quello che era successo. In quel periodo iniziai a scrivere, lo trovai gratificante sia emotivamente che intellettualmente e da lì non mi sono più fermato. Prima ho pubblicato un libro di racconti, poi «L’ultima battaglia di Yoni», che tratta del famoso raid di Entebbe. Queste opere mi hanno dato una certa popolarità come scrittore. Nel corso degli anni ho visto i limiti alla libertà di espressione che esistono in Israele e nelle società occidentali. Ho toccato la cortina di ferro culturale che circonda il mondo accademico, della stampa e del teatro e che ne rende molto difficile l’accesso a chi non condivide un certo background ideologico. Questo mi ha portato a scrivere Itamar K, in cui parlo di queste limitazioni».

Ce le spieghi…
«In un certo senso, la cancel culture è stata inventata in Israele, dove questo fenomeno esiste da decenni, ben prima che comparisse in Occidente. Le sue origini risalgono a prima della sua fondazione nel 1948, quando esisteva una forte divisione nella comunità ebraica tra le forze di sinistra guidate da Ben Gurion e quelle di destra di Zhabotinsky. La sinistra controllava l’Agenzia Ebraica che a quel tempo forniva agli ebrei di tutto il mondo i certificati necessari per migrare verso il Mandato britannico della Palestina. Ad arrivare furono quindi soprattutto i seguaci della sinistra, mentre la maggior parte di quelli di Zabothinsky rimasero in Europa e furono massacrati durante l’Olocausto. Ciò provocò una composizione anomala della popolazione ebraica di Israele dell’epoca, con la sinistra che controllava quasi tutto, comprese praticamente tutte le piattaforme di espressione, e scacciava coloro che la pensavano diversamente. Tuttavia, le cose stanno cambiando».

In che modo
«Già nel 1977, la vittoria elettorale di Begin dimostrò che le idee di sinistra, compresa la sua posizione conciliante nei confronti delle richieste degli arabi, non erano maggioritarie tra gli israeliani. Col tempo, sempre più cittadini si resero conto che le concessioni agli arabi portavano ad un pericoloso calo della sicurezza: è stato il caso degli accordi di Oslo del 1993, che hanno portato al massacro di oltre mille civili innocenti; della nostra evacuazione dal Libano nel 2000, che ha portato i terroristi Hezbollah sul nostro confine; del nostro abbandono di Gaza nel 2005, che ha portato a migliaia di attacchi missilistici sui civili israeliani. Infine, dopo il massacro del 7 ottobre, le voci più concilianti nei confronti dei palestinesi sono diminuite anche nei partiti di sinistra e nei media perché sanno che solo pochi israeliani le condividono».

Diversi israeliani ritengono invece il contrario, ossia che oggi sia difficile esprimere pubblicamente posizioni di condanna contro l’occupazione e i massacri in corso a Gaza…
«Quali massacri? I massacri sono avvenuti in Israele e ad opera di Hamas! A Gaza, invece, è una guerra, e in ogni guerra muoiono i civili. L’obiettivo dell’esercito israeliano sono i terroristi e, incredibilmente, il rapporto tra morti civili e militanti è il più basso di qualsiasi guerra urbana documentata. Hamas, invece, usa i civili palestinesi come scudi umani e il 7 ottobre ha massacrato i civili israeliani in quanto ebrei. Non è interessata alla soluzione dei due Stati, vuole invece sradicare lo Stato ebraico, come afferma apertamente nel suo statuto. Questa posizione è diffusa tra i palestinesi e purtroppo anche tra molti dei loro sostenitori internazionali. Il loro motto, che riecheggia in tante manifestazioni antisraeliane in Occidente, è: “Dal fiume al mare la Palestina sarà libera” che chiede la cancellazione di Israele e rivela l’esistenza di un antisemitismo di fondo».

È difficile stabilire una linea di demarcazione netta. Non tutte le critiche rivolte a Israele sono antisemite, eppure ultimamente ne ho sentite molte contaminate da un antisemitismo di fondo

Quando inizia l’antisemitismo e finisce la legittima critica a Israele e al suo governo?
«È difficile stabilire una linea di demarcazione netta. Non tutte le critiche rivolte a Israele sono antisemite, eppure ultimamente ne ho sentite molte contaminate da un antisemitismo di fondo. In generale, la critica contro Israele basata su menzogne e fatti storici volutamente falsificati può essere considerata antisemita: quando sento parlare di genocidio perpetrato da Israele e di apartheid israeliano, entrambi palesi falsità, vedo posizioni chiaramente antisemite che utilizzano menzogne per legittimare la cancellazione di Israele. Vedo con preoccupazione che in molte manifestazioni si diffondono comportamenti antisemiti da parte di persone che non si rendono conto di farlo ripetendo slogan che non comprendono appieno».

Il suo libro sta avendo un discreto successo in Germania, dove è in corso un aspro dibattito sulla libertà di espressione e sulla presenza attiva dei servizi segreti. Questi spiano e contrastano partiti, organizzazioni e media classificati ostili alla democrazia, così da scongiurare l’affermazione di movimenti ritenuti antidemocratici e antisemiti. Cosa ne pensa?
«L’uso dell’intelligence contro i cittadini non è mai una buona cosa. In una democrazia dovrebbe essere la legge a determinare cosa è legittimo o meno, se qualcuno la viola deve essere portato in tribunale. Se la violazione non avviene chi legittima i servizi segreti a spiare politici e cittadini? Chi garantisce che la polizia segreta non agisca secondo un’agenda politica per reprimere l’opposizione? Recentemente sono stato in Germania per presentare il mio libro e ho respirato un diffuso malessere e depressione: c’è un’atmosfera di ristretta libertà di espressione e di paura ad esprimersi pubblicamente in modo libero se si vuole criticare il mainstream. Non mi riferisco qui allo spionaggio delle persone da parte della polizia segreta, ma semplicemente alla cancel culture che limita la libertà di espressione, qualcosa che è alla base di ogni società libera».

I servizi segreti tedeschi controllano il partito di de stra Afd di cui uno dei leader, Björn Höcke, in pas sato ha invocato una «svolta di 180 gradi» nella politica della memoria tedesca verso l’Olocausto. C’è il rischio che opponendosi alle intromissioni dell’intelligence si legittimi l’antisemitismo?
«L’antisemitismo è storicamente molto forte in Germania ed è presente sia in partiti di destra che di sinistra. La persona che ha detto quelle frasi è stata giustamente denunciata, vedo che però non viene fatta la stessa cosa con partiti di diverso orientamento politico, per esempio con quelli che hanno tra le loro file esponenti del radicalismo islamico che odiano gli ebrei. Questo è preoccupante».

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