IBI SA: la frontiera avanzata della medicina rigenerativa

Ricerca applicata, tecnologia e medici esperti per superare patologie difficili attraverso materiali miracolosi che si adattano al nostro corpo e crescono con esso
La IBI SA di Mezzovico svolge attività di ricerca, sviluppo e produzione di materiali innovativi per la medicina rigenerativa, con particolare attenzione alle ossa, in campo odontoiatrico, ortopedico ed oncologico. Sulle sue attività abbiamo intervistato Giuseppe Perale, Executive Vice President e co-fondatore della società. Alle spalle un prestigioso curriculum internazionale in Ingegneria Biomedicale, importanti incarichi presso istituzioni specializzate di vari Paesi, fino alla cattedra presso la Facoltà di Scienze Biomediche dell’USIUniversità della Svizzera Italiana.
Come è nata e si è sviluppata IBI?
Tutto è partito da un’idea maturata a Londra, al termine del ciclo di studi condotto con l’amico, e co-fondatore Gianni Pertici, ora CEO della società, specialista in Ingegneria Chimica ed interessato come me al tema dei nuovi biomateriali ed alle loro applicazioni nell’ingegneria dei tessuti viventi. La start-up è nata nel 2008 ed abbiamo scelto la Svizzera per l’efficienza del Paese, le infrastrutture, la filiera medtech già forte ed anche per l’impatto positivo del «Swiss Made» a livello internazionale. Siamo cresciuti sia grazie al contributo dei soci fondatori che al supporto iniziale di istituzioni quali Agire Invest ed il Cantone.
Quali le vostre linee di attività?
Operiamo in un’area guidata dal risultato clinico che, nel settore osseo, richiede tempi di almeno 7 anni per giungere ad una definitiva conferma, considerato il ciclo medio del metabolismo osseo umano. Il nostro focus è costituito dalla rigenerazione di porzioni di ossa mancanti: questo tessuto è relativamente semplice ed è il più trapiantato dopo il sangue. Il tema delle protesi, delle lesioni e delle degenerazioni è molto diffuso. L’ortopedia si è sviluppata anche a seguito di momenti drammatici come i conflitti mondiali del secolo scorso, che hanno visto l’esigenza di «rimettere in piedi» i soldati evitando dove possibile di ricorrere ad amputazioni. Poi la scuola medica russa e quella tedesca hanno sviluppato metodologie di pulizia di ossa cadaveriche, mentre in parallelo si è lavorato anche sui metalli, sulla ceramica e sui nuovi materiali compositi. Ma è anche nato il filone dei tessuti biologici, con particolare attenzione a quelli di origine animale. Noi rappresentiamo la frontiera avanzata in questo campo, interpretando la sostituzione secondo un concetto filosofico nuovo, quello del «not repair but heal», cioè non riparare ma guarire, con un materiale impiantato, un osso vero aggregato ad altri componenti, che nel tempo porti alla formazione di osso sano del paziente stesso.
Come si realizza ciò?
La nostra piattaforma ci permette di sviluppare nuove generazioni di prodotti, fondamentalmente oggi in tre direzioni: quella dentale, quella ortopedica e quella oncologica. Il materiale di base è particolare, in quanto costoso ancorchè di origine povera: osso bovino della Nuova Zelanda o dell’Australia, costoso non tanto per la sua origine quanto per controlli, tracciabilità ed operazioni complementari.
Il secondo componente è il collagene estratto dalla gelatina sempre animale ed il terzo è sintetico, polimeri riassorbili, costosi ma presenti in bassa quantità. In pratica il materiale «diventa osso» uguale a quello originario su cui si è intervenuti, venendo cio’ completamente sostituito dall’organismo con osso sano.
Una frontiera innovativa certamente avanzata, che volete far avanzare ancora?
Nei nostri programmi l’innovazione tecnologica va di pari passo con l’innovazione della filiera. Pensiamo ad esempio di usare animali svizzeri, considerato il livello di sicurezza che essi presentano ed i problemi logistici e tecnici che una distanza rilevante comporta. L’integrazione a livello locale fa parte della nostra filosofia operativa, così come l’attenzione per il personale, giovane, motivato, autonomo, la vera forza dell’azienda. Investiamo molto in R& D e nell’attività commerciale, siamo presenti in Europa, Medio Oriente, Asia, ed abbiamo iniziato le operazioni in Cina e India. Guardiamo anche oltre Oceano per gli sviluppi dei prossimi anni.
Vi sono novità anche nella vostra presenza in campo medico?
Un impegno importante, e non solo in termini scientifici, riguarda i tumori pediatrici, rari ma con incidenza purtroppo crescente, e pericolosi, perché nei bambini tutto va veloce e l’amputazione è una soluzione drammatica ma spesso necessaria. Questa sfida ha rappresentato per noi una «seconda frontiera» in quanto le ossa dei bambini crescono e la rigenerazione si trova ad affrontare un problema ulteriore. La soluzione è venuta da un nostro progetto europeo condotto con ricercatori di Oslo, che hanno messo a punto molecole in grado di accelerare i processi rigenerativi. Si asporta il tratto malato ed il materiale immesso cresce nello stesso modo dell’osso originale. Una collaborazione fruttuosa fra la nostra ricerca applicata, i bravi ricercatori norvegesi e le altrettanto valide équipes mediche con cui collaboriamo, che ci conduce sulla frontiera più avanzata dell’innovazione medica, dando un senso ancora più profondo a ció che facciamo ogni giorno.
Il nostro focus è costituito dalla rigenerazione di porzioni di ossa mancanti: questo tessuto è relativamente semplice ed è il più trapiantato dopo il sangue