Sponsorizzato da Julius Baer

Medacta International: pioniere per il progresso della medicina

Intervista a Alberto Siccardi, fondatore di Medacta International, sulla situazione dell’imprenditorialità ticinese
Red. Online
24.06.2022 00:05

Contenuto pubblicato su mandato del partner inserzionista, che ne assume la responsabilità redazionale.

L’imprenditoria ticinese ha dovuto affrontare nel recente passato sfide difficili da immaginare solo pochi anni fa. Dapprima la pandemia, con tutte le problematiche logistiche, organizzative e di mercato ed oggi, in aggiunta, le ripercussioni della guerra fra Russia e Ucraina. Tutto questo si aggiunge alle sfide storiche di un imprenditore, indipendentemente dal settore nel quale opera. Molti imprenditori hanno comunque accettato la sfida e partendo dal Ticino hanno costruito e raggiunto successi e affermazione anche a livello internazionale.

Il Ticino è da sempre terra d’imprenditori, proprio per questo abbiamo deciso d’intitolare così il nostro percorso, focalizzando su imprenditori locali che ci forniranno la loro visione su argomenti di attualità e sul futuro. Ci parleranno delle sfide da vincere e di quale mentalità adottare per portare avanti aziende in un momento complesso come quello che stiamo vivendo. Ogni giorno, assistiamo a notizie di difficoltà, di nuove problematiche, d’incertezze e di scenari in veloce cambiamento, che rendono necessaria una guida aziendale estremamente dinamica e flessibile al cambiamento, tenendo conto di tutti gli aspetti. Sponsorizzata dalla Banca Julius Baer, questa vuole trasmettere nuovi punti di vista che possano portare ottimismo e pragmatismo nel quotidiano imprenditoriale.

Il primo imprenditore della nuova serie di interviste è Alberto Siccardi, fondatore nel 1999 di Medacta International, affermata azienda internazionale specializzata nella progettazione, produzione e distribuzione di prodotti ortopedici innovativi e nello sviluppo di tecniche chirurgiche di accompagnamento. Il format prevede 8 domande puntuali, per avere una visione generale delle sfide che gli imprenditori devono e dovranno affrontare.

 

Come e da dove nasce la vostra azienda?

Si potrebbe dire che la mia azienda nasce da un’altra, e più di tutto nasce dall’esperienza della nostra famiglia. Io sono figlio di farmacisti, mio padre e mia madre lo erano. Per me fare industria nel farmaceutico è stato abbastanza naturale, avendo venduto un’azienda di Chicago (avevo solo 50 anni) ho pensato che i miei figli avrebbero potuto vivere nella “bambagia” - come si dice - ed ho preferito riprendere a lavorare. In più venivo da un incidente di montagna nel quale mi ero danneggiato un ginocchio e avendo avuto a che fare con l’ortopedia per parecchio tempo, sono venuto a conoscenza di quanti problemi ci fossero da risolvere. Tutto questo messo assieme, la disponibilità finanziaria, i miei figli ed il mio incidente, hanno provocato la mia decisione di ripartire in ortopedia.

 

Il vostro settore è estremamente competitivo e internazionale, come riuscire a competere?

La sua domanda si lega molto bene anche all'esperienza con mia prima azienda. Anche li eravamo molto piccoli di fronte a dei colossi, tipo poi quello che ci ha acquisito. Il mercato ortopedico che vale parecchie decide di miliardi, ci vede attori per il 2% del valore del mercato totale. Quindi è competitivo, ma potrei fare l’esempio di Davide e Golia “chi è piccolo e ha una capacità di analisi della situazione, di decisioni immediate e di attuazione veloce, ha sicuramente un vantaggio contro i colossi che può essere decisivo”. Ho ricevuto ieri i dati delle vendite del mese di maggio, i quali confermano il nostro trend; abbiamo avuto negli scorsi anni una costante crescita grazie alla capacità di creare nuovi prodotti e di venderli. Siamo stati capaci ad ideare con l’aiuto di chirurghi che ci hanno fatto da consulenti, dei prodotti che risolvono problemi da sempre esistenti nel settore. L’abbiamo fatto con una certa capacità tecnica anche con l’intento di far risparmiare gli ospedali. L’ospedale oggi, come in tutto il mondo, deve cercare di risparmiare per continuare la sua attività e non incidere troppo sulla spesa sanitaria. Questa nostra velocità di decisione e di esecuzione, in collaborazione con i chirurghi, ci permette di essere estremamente competitivi. I grandi fanno più fatica a prendere una decisione, è abbastanza evidente quando si è in tanti a dover decidere, bisogna sentirsi tutti, poi ci si prende i propri tempi. Noi invece, io lo dico sempre, certe riunioni le facciamo in corridoio o prendendo un caffè; questo non vuol dire essere superficiali, ci confrontiamo poi spesso con i migliori consulenti internazionali e decidiamo. Questo è noto e apprezzato dal mondo chirurgico, il quale predilige di collaborare con noi, e questo è un aspetto di grande vantaggio.

 

Come vede il contesto Ticino per lo sviluppo/crescita delle aziende? E la Svizzera?

Bhè lei fa una domanda alla quale sembra quasi che conosca già la risposta. Io sono venuto dall’Italia negli anni Ottanta, direi con le lacrime agli occhi, perché negli anni Settanta, voi forse non eravate nati, in Italia era veramente una battaglia continua contro lo stato, contro il sindacato e di conseguenza c’era una grossa tensione con le maestranze. Il sindacato qui è molto tranquillo, a volte addirittura collaborativo. La burocrazia qui direi che è veramente efficace, magari qui in Ticino non come a Zurigo, ma in ogni caso a confronto all’Italia non c’è paragone. Lei mi ha chiesto come vedo il rapporto delle aziende con la Svizzera come stato, direi ottimo, fin che rimane così. La Svizzera pur avendo dei costi industriali decisamente superiori, è garante della qualità e un marchio meraviglioso, permette e favorisce il lavoro industriale. Il Ticino poi in particolare è vicino alla Lombardia, un bacino di tecnici e di personale qualificato a tutti i livelli ed è quello che ci ha permesso di crescere in fretta con disponibilità di manodopera decisamente di buon livello. È chiaro che adesso come abbiamo detto nel piano strategico dell’AITI, occorrerà adeguare le strutture di formazione ai bisogni delle aziende, perché altrimenti noi continuiamo a prendere i dirigenti e/o persone di alto livello dall’estero. Noi abbiamo degli americani, dei francesi e dei belgi che lavorano con noi.

 

Imprenditore si nasce?

Questa è una domanda alla quale non si può rispondere, sicuramente in certi casi si. C’è della gente che nasce, ne ho visti di ragazzi venire dalla campagna che poi hanno avuto successo. Quindi queste persone si può dire che sono nati imprenditori, perché hanno mentalmente una specie di esigenza di andare avanti. Non posso certo dire che questo sia successo nel mio caso, come dicevo prima io sono nato in una famiglia di imprenditori, operanti in un settore decisamente stimolante e pieno di soddisfazioni se uno le vuole ricercare. Quindi le devo rispondere: imprenditori si diventa nella maggior parte dei casi a seconda di dove uno nasce, ma in certi casi si nasce imprenditori pur non essendo originari di una famiglia che aiuta in quel percorso.

 

Come vede il vostro futuro nel medio e lungo periodo?

Siamo un’azienda a livello famigliare, siamo la terza generazione, io ho 3 figli che lavorando in azienda che vanno perfettamente d’accordo - per motivi diversi - molti solidi. La quarta generazione ad oggi mi fa pensare ai 7 nipoti per i quali forse servirà un percorso diverso. Un’azienda che ha 7 discendenti, presenta di per se un problema da risolvere. In Germania un’azienda simile alla quale abbiamo dato licenza al progetto delle flebo, aveva 30 persone coinvolte che provenivano dalla famiglia (erano alla quinta generazione) alle quali doveva rendere conto ogni anno, e ogni anno lui era rieletto. La parte delicata della sua domanda è l’aspetto famigliare, è ben difficile dirle cosa succederà: potrebbe anche essere che vendiamo, ma sicuramente occorrerà fare un patto di famiglia che governi le responsabilità e l’entrata dei singoli componenti della famiglia che volessero rimanere in azienda, questo è uno dei punti più importanti. A livello di pianificazione aziendale la domanda presuppone il sapere cosa succede nel mercato, nessuno sa cosa succederà in un mercato biotech perché sono tali e tante le innovazioni tecnologiche, basterebbe una innovazione radicale (come quella che è stata nell’azienda precedente ) per cambiare il modo di produrre, come per esempio nell’ortopedia è stato l’avvento dei robot. Il realtà i robot non ha cambiato molto perché non sono riusciti a risolvere tutti problemi e magari ne ha creati altri, però in termini di potenza ed efficienza il robot poteva essere un fattore fondamentale per il cambio della strategia dei prodotti. 

Vede un possibile sviluppo per quel che riguarda la consulenza delle banche in tema di previdenza, per gli imprenditori e per i dipendenti?

Non lavoro in banca, però onestamente le dico che mi sono consultato. L’idea alla base di questo progetto, che è un progetto bancario, è quello di risolvere il problema di certa gente che non pensa al momento in cui andrà in pensione, al momento cioè in cui avrà un capitale da gestire e che può fare degli errori di fondo. La banca a sua volta ha un grosso vantaggio a seguire questa strategia perché acquisisce dei clienti e ne trae beneficio. Se le cose sono portate avanti in modo corretto, chiaro, trasparente, credo sia una buona idea per aiutare la gente e dare un cespito di lavoro alle banche. 

 

Come gestite la capacità di attirare giovani talenti per i vostri piani futuri?

Innanzi tutto, come le dicevo quando le ho risposto sulla pianificazione, bisogna cominciare a non perderli i giovani o in ogni caso i talenti. Quando un giovane viene a cercare lavoro da noi a seguito di inserzioni, è nostra abitudine già da anni quella di dirgli di non preoccuparsi. Quello che noi guardiamo molto è la personalità, il titolo di studio viene dopo perché non so se sia chiaro che nell’università uno non impara mai quello che farà, salvo forse ingegneria elettronica, ma di solito quando uno va in un’azienda impara nell’azienda quello che farà tecnicamente. Gli hanno insegnato all’università ad imparare, gli hanno dato i mezzi tecnici per essere in grado di imparare e faticare sul lavoro. Da noi arrivavano tantissimi che non sapevano l’inglese, ricordo una volta che per necessità ho fatto imparare ad una persona molto intelligente in 3 mesi l’inglese. Ne avevo bisogno perché dovevamo fare degli stabilimenti all’estero e questo signore è andato a vivere in Irlanda studiando e parlando. Gli diamo un senso di sicurezza per il suo avvenire, proponendogli una formazione continua al bisogno in azienda e questo da loro una visione maggiore di serietà dell’azienda per la quale lavora. Noi abbiamo bisogno di persone competenti che sanno parlare con i chirurghi. Il nostro concorrente principale (che è la Johnson&Johnson) ha anche una divisione di ortopedia, stanno subendo costi aggiuntivi per 6 miliardi di dollari perché hanno impiantato delle protesi che non vanno bene. Quando ingaggiamo un giovane ingegnere, dalla SUPSI, diamo a loro l’impressione che sarà in continuazione trainato e aggiornato per poter fare bene il suo lavoro, non sarà mai solo!

 

C’è un progetto che ha seguito e che le sta particolarmente a cuore?

Nell’ultima azienda sicuramente il progetto relativo all’anca che è quello che ha permesso ad ospedali pazienti e chirurghi di vivere una vita diversa. Nella azienda precedente, che è quella che ho “obbligato”  ad acquisire, in 14 anni di sviluppo interno, siamo riusciti a cambiare il modo di fare le soluzioni infusionali; le flebo. Queste venivano fatte in vetro oppure in polietilene non sterilizzabile oppure in pvc che era altamente inquinante. Questo problema è uscito in Austria e Germania, mercati nei quali noi eravamo attivi ed in 14 anni siamo riusciti a sviluppare una tecnologia che ha rivoluzionato il modo di fare flebo risolvendo i problemi di sterilizzazione, della compatibilità con i medicamenti infilati nella soluzione ed i costi si sono addirittura abbassati. Per fare questo progetto abbiamo dovuto assumere un ingegnere dal Belgio per la parte plastica, un ingegnere per le macchine di riempimento verticale che abbiamo preso dalla Germania e l’abbiamo portato a vivere con noi ed alla fine siamo riusciti a costruire i laboratori e le industrie che hanno messo sul mercato questo progetto. È un progetto che ha cambiato la nostra azienda e altre realtà in tutto il mondo. Questo è stato un progetto determinante.

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