Una questione di cuore

Lo scalpore è scoppiato a gennaio: un radiogiornalista ticinese aveva annunciato via Twitter che Vicky Mantegazza si sarebbe, con ogni probabilità, dimessa dal suo ruolo di presidente dell'Hockey Club Lugano a fine stagione. Il messaggio è poi dilagato come un incendio, tra lo sbigottimento generale, in quanto la 53enne non ha mai mostrato segni di sofferenza nei confronti del proprio incarico. Infatti, altrettanto rapidamente, è giunta la smentita da parte del club: «Non ho idea di come si sia diffusa questa voce», ha commentato la Mantegazza dopo qualche settimana.
Così vanno le cose nello sportivissimo Ticino: tutto ciò che riguarda l'HCL viene registrato, commentato e, spesso, anche «gonfiato», tanto più se il gossip riguarda un membro della famiglia Mantegazza. La città di Lugano, infatti, è legata a doppio filo al nome dei Mantegazza proprio come alle sue palme e all'italianità. Era già così ai tempi di Geo, il plurimiliardario padre di Vicky, a tutt'oggi ancora chiamato «presidentissimo» in segno d'onore, che un tempo diede nuova vita alla «Grande Lugano» - e lo stesso vale adesso per sua figlia. Da otto anni, quest'ultima presiede il più celebre club sportivo del Cantone, occupando un posto fisso sotto i riflettori.
Insieme a Ruth Ospelt, alla guida del FC Vaduz, la Mantegazza è una delle due donne al vertice di un'associazione professionistica svizzera sportiva ai massimi livelli. E pertanto, è oggetto di grandi attenzioni in una città in cui le discussioni su ingaggi e trasferimenti sono all'ordine del giorno, proprio come il caffè espresso e il cornetto la mattina. Per riuscire a sopravvivere a tutto questo, ha sviluppato un particolare meccanismo di difesa: «Ormai non leggo più nessuna notizia: dopotutto sono io a sapere meglio di chiunque altro cosa succede all'interno del club. Così almeno evito di farmi influenzare da certi giornalisti e fan. Come diciamo noi in italiano: Occhio non vede, cuore non duole».

«L’hockey è solo un hobby»
Vicky Mantegazza siede nel suo ampio ufficio al primo piano di un complesso nel centro della città di Lugano. Qui si dedica alla sua occupazione principale, che non è l’hockey su ghiaccio: «L’hockey è solo un hobby, anche se piuttosto impegnativo. In realtà mi guadagno da vivere con la mia attività nel campo immobiliare.» Ha infatti iniziato a lavorare nella società fondata dal padre a soli 18 anni, sbrigando le mansioni più umili, come lei stessa ricorda: «Facevo veramente di tutto: andavo all’ufficio postale, gestivo la corrispondenza.» Tempi passati: oggi, uscita di scena la figura paterna, è lei la responsabile che amministra, tra l’altro, il portafoglio globale. Rispetto al passato, di esso fanno parte anche immobili non di proprietà della famiglia, e non si tratta certo di un mestiere facile. «Una parte del mio cuore appartiene anche agli immobili.» Una parte che, in realtà, resta quasi nell’ombra. Parallelamente, ciò emerge, in queste attività così diverse, solo nell’ambito della gestione del personale – su questo fronte, Vicky non segue una mentalità gerarchica: «Ripongo grande fiducia nei miei collaboratori. Affido loro compiti di responsabilità e non sto sempre col fiato sul collo. Alla base di tutto sta in primo luogo la comunicazione.»
E che tutto questo non siano solo delle belle parole lo dimostra poco dopo. Ci troviamo nella Cornèr Arena, la sede dell’HC Lugano che dalla scorsa estate ha cambiato così il proprio nome, anche se spesso continua ancora ad essere chiamata «Resega» dalla gente comune. «Ciao, come stai?», chiede al mastro consegnatore di ghiaccio e, poco dopo, rivolgendosi a un altro impiegato del centro sportivo, s’informa sulla salute della sua famiglia.

La pista di ghiaccio come seconda casa
Qui la piccola Vicky ha fatto i suoi compiti di scuola, ha guardato tantissime partite nella «Curva Nord», la curva più «calda» dei tifosi svizzeri. Qui lei ha rivestito tutti i ruoli possibili immaginabili fin dagli esordi della storia di successi della squadra femminile. E da quasi una decina d’anni, tiene le redini anche di quella maschile. Ebbene sì, Vicky Mantegazza la passione del «Bianconero» ce l’ha nel sangue.
Che si tratti del luogo dove ha trascorso la maggior parte del suo tempo non è in grado di affermarlo con sicurezza, afferma ridendo: «A casa mia dormo circa 7-8 ore a notte, che è un bel po’... Se però mi chiedeste dove ho trascorso più tempo da sveglia, allora la risposta sarebbe senz’altro la pista di ghiaccio.»

E non ha proprio intenzione di rinunciare al suo «hobby impegnativo», rassicura: «Amo l’hockey e finché avrò le capacità, la volontà e l’entusiasmo per farlo, manterrò il mio ruolo.» Chi la conosce più da vicino, sa anche che non abbandonerebbe mai la sua squadra proprio ora che versa in un momento critico. Dopo aver raggiunto tre volte almeno la semifinale del Campionato Svizzero, quest’inverno la squadra si è accaparrata l’accesso al playoff solo nel penultimo incontro.
Una donna d’affari e di cuore
Un andamento così tormentato avrebbe avuto in passato a Lugano un’immancabile conseguenza: il benservito all’allenatore. Ma anziché sottostare al consueto automatismo in vigore nel settore, Vicky Mantegazza e gli altri dirigenti responsabili hanno scelto una soluzione alternativa: «Questa volta abbiamo deciso di lanciare un forte segnale ai giocatori rimanendo fedeli alla formazione attuale», dichiara.
Vicky Mantegazza non propende per i licenziamenti degli allenatori e, se si arriva a tanto, la cosa le risulta dolorosa. In un caso in particolare: «La separazione da Patrick Fischer è stato il momento più difficile del mio periodo di carica. Avevo riposto grandi speranze in lui e insieme avremmo con ogni probabilità potuto costruire la Lugano dei miei sogni, ossia quella di oggi.» E che non fosse sbagliato concedere fiducia al giovane coach lo dimostrano i suoi risultati con la Nazionale. «Forse era arrivato da noi semplicemente due anni troppo in anticipo», rimugina Vicky Mantegazza.

Ora agisce con grande ponderazione e appare chiaro che nel suo ruolo di Presidente è tutt’altro che una donna d’affari spietata, come lei stessa conferma: «Nella mia famiglia l’umiltà e il rispetto sono dei valori cardine. Non mi porrei mai con atteggiamento arrogante nei confronti di altre persone: questo è un insegnamento che ho appreso in famiglia e di cui ringrazio mio padre ogni giorno.» Durante il periodo di carica dei Mantegazza molte cose sono cambiate: non si parla più di milionari – altri club oggi hanno budget molto più elevati – ma piuttosto di promozione delle giovani leve. E in modo concreto: durante l’ultima finale contro gli ZSC Lions, nella squadra si contavano ben 13 giocatori che avevano trascorso almeno parte della loro formazione da Juniores nell’HCL. Un punto di forza davvero prezioso. «E nello spogliatoio della prima squadra si parla dialetto ticinese», commenta non senza una punta d’orgoglio.
Sogni di Maserati fin dalla giovinezza
Lo sport è al centro della vita di Vicky Mantegazza ed è quindi assolutamente logico che questa energica donna ami anche una guida dinamica al volante della sua Maserati Levante. Un’altra passione che l’accompagna dalla tenera età: «Maserati è sempre stata la casa automobilistica dei miei sogni fin da ragazzina.» E che lei ritiene assolutamente in linea con il suo hobby preferito: «Si tratta di una vettura aggressiva, un po’ come un giocatore di hockey. È potente, reattiva e si guida molto bene anche sul ghiaccio: tutte qualità che vengono apprezzate soprattutto dagli appassionati di guida sportiva» .

Da alcuni anni, Maserati è anche lo sponsor automobilistico ufficiale dell’HC Lugano; alcuni dei giocatori, il team di allenatori e i dirigenti possiedono poi anche una vettura del marchio modenese del Tridente. La stessa Vicky Mantegazza siede tutti i giorni al volante del proprio SUV, a bordo del quale ha avuto tra l’altro alcuni colpi di genio sia per l’hockey su ghiaccio che per l’attività immobiliare. «Purtroppo si finisce un po’ troppo spesso bloccati in una delle tante code nel Sottoceneri», aggiunge tristemente. Nel pittoresco contesto di Lugano, essa predilige le strade ricche di curve e naturalmente i tanti viaggi nell’Engadina sono accompagnati da uno speciale passeggero a quattro zampe: il meticcio originario del Sud Italia del peso di 24 kg trova posto comodamente sul sedile posteriore della vettura. Vicky Mantegazza non ha dubbi: «Il Levante è davvero l’auto perfetta per me».
MASERATI
Connubio tra italianità...
Caratterizzate dalla passione per i dettagli, ogni Maserati costituisce un capolavoro del design italiano. In quest’ottica, Levante occupa sotto tanti punti di vista una posizione privilegiata nella gamma di vetture Maserati, non solo come primo SUV del marchio, ma anche come modello di successo, che nel giro di poco più di un anno ha saputo affermarsi come best seller sui mercati internazionali. Adatta a qualsiasi terreno, Levante è la compagna ideale e offre anche all’amico a quattro zampe tanto comodo spazio a disposizione.
...e innovazioni
L’auto accelera da 0 a 100 km l’ora in appena 5,2 secondi. Nello stesso tempo, essa offre tutto il lusso di uno spazioso SUV di fascia alta. Anche nelle condizioni più estreme, Levante si muove sempre con grande eleganza – grazie alla tecnologia a trazione integrale più all’avanguardia. Gli interni rivelano tutte le caratteristiche distintive del marchio Maserati: stile italiano raffinato, superfici realizzate con minuziosa arte artigianale e dinamica di guida sportiva comprovata, che invita a confortevoli viaggi su lunghe distanze.
