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Un pubblico numeroso, nell'insieme non giovanissimo, attento e a fine proiezione soddisfatto si è dato appuntamento ieri sera al Cinestar di Lugano per l'anteprima del film più recente scritto e diretto da Woody Allen. Il Corriere del Ticino aveva lanciato un concorso con 80 inviti per assistere a Magic in the Moonlight. In palio anche premi di rilievo: una Carte Surprise del Grand Café al Porto (valida nella boutique di Lugano, del valore di 125 franchi) e tre Al Porto Card (valide nelle boutique di Locarno e Ascona, del valore di 125 franchi).L'anteprima era organizzata, insieme al nostro giornale, dal distributore svizzero Frenetic Films, dal Cinestar, da RSI-Rete Uno e dalla pasticceria Al Porto. Un locale, ha commentato il giornalista della RSI Marco Zucchi introducendo la serata, che con i film di Woody Allen ha in comune il piacere del "gusto". Per personalizzare ancora di più l'anteprima, nel foyer del cinema sono stati appesi alcuni pannelli dedicati alla carriera del regista di Manhattan, provenienti da una piccola mostra che gli aveva dedicato qualche tempo fa la sala Excelsior di Chiasso.Da oggi Magic in the Moonlight è in programmazione nelle sale del Cantone.
Alla fine degli anni '20 del secolo scorso, Colin Firth (con autoironico aplomb british) è un celebre illusionista che si esibisce travestito da mago cinese. Non a caso lo spettacolo a cui assistiamo all'inizio si svolge a Berlino, in un'atmosfera espressionista che non può non far pensare ad una società ancora ignara della catastrofe imminente. Essendo un professionista del settore e conoscendone i trucchi, il personaggio non crede alla magia (proprio come il protagonista della serie tv The Mentalist) e gli piace smascherare i ciarlatani che si spacciano per sensitivi. Perciò un vecchio amico lo invita nel sud della Francia, dove una ricca famiglia americana ha perso la testa per una ragazza (Emma Stone) che si professa medium. A Colin Firth, colto e aristocratico, non pare vero di poter sbugiardare la giovane americana, a suo parere solo una rampante truffatrice. Eppure, sarà il clima dolce e rilassante tra Costa Azzurra e Provenza, sarà il sorriso dell'incantevole Stone che mostra di sapere molte cose segrete di lui le certezze dell'uomo tutto raziocinio cominciano a vacillare. Il trucco c'è e verrà svelato; ma il plot serve al regista per sviluppare una riflessione sull'irrazionalità del sentimento amoroso, capace di mettere in crisi ogni certezza. Perché se vogliamo tenere tutto sotto controllo la vita sarà grigia, invece se ci lasceremo andare all'illusione potremo persino essere felici. La magia in questione è proprio l'amore, che fa stare bene perché siamo noi stessi a costruire il piacevole inganno.Woody Allen dirige con regolarità un film all'anno, alternando prove smaglianti a titoli meno originali. Questa sembra un'annata così così, perché dopo il perfetto, profondo, cupo ritratto di signora finanziariamente rovinata di Blue Jasmine, del 2013, il ritorno a una commedia svagata e impalpabile si nota. Siccome stiamo parlando di Woody Allen, uno dei maestri della storia del cinema, parte della critica gli rimprovera in alcuni film di limitarsi a rimettere in scena, mescolando un po' le carte, battute e situazioni di suoi lavori precedenti. Lo firmasse un altro, Magic in the Moonlight raccoglierebbe lodi per la leggerezza del raccontare, la cura dei costumi, il recupero frizzante della commedia sofisticata hollywoodiana d'ante-guerra. Tutte queste qualità ci sono, ma per Allen è routine. Tuttavia, si noterà che in ogni film alleniano si trovano, come frammenti sparsi, sempre nuovi tasselli della ricerca di un senso compiuto della vita.Il rapporto/scontro tra il razionale e l'irrazionale, il magico, l'inspiegabile Woody Allen l'aveva già trattato, ma più marginalmente e a volte come puro espediente narrativo in Scoop, La maledizione dello scorpione di giada, Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni e forse in qualche altro titolo. Qui diventa proprio il nocciolo del racconto e si sa che la sceneggiatura è sempre il punto di forza attorno a cui ruotano i suoi film.Il regista costruisce la trama farcendola con le sue ricorrenti battute sulla filosofia e l'esistenza o assenza di Dio. Condendola con le inquadrature e le musiche che predilige e in questo caso con una sagace esplorazione del diverso modo di ragionare dell'universo maschile e di quello femminile. Ogni singola componente sembra funzionare, dalla resa dei protagonisti (sappiamo che da quando Woody Allen non interpreta più i suoi film, l'attore principale è un suo alter ego) alle atmosfere, a pennellate d'ironia sui personaggi collaterali, a una regia collaudata che punta all'essenziale senza perdersi in svolazzi. Ma assemblando i pezzi, il risultato manca di vera emozione. Spunta qualche momento di noia, forse perché è stata troppo repentina la capitolazione dell'uomo dalle certezze incrollabili davanti a un bel faccino, o forse perché attorno ai due protagonisti non è stato costruito un più solido contesto.Marisa Marzelli