Batteri mangia plastica nascosti nelle mucche

L’inquinamento da plastica è un problema complesso: la produzione massiva di oggetti realizzati in questo materiale, infatti, sfida la nostra capacità di gestirli e di smaltirli in maniera efficace. Ciò vale soprattutto nei Paesi dell’Africa e dell’Asia, dove i sistemi di raccolta dei rifiuti sono spesso inefficienti. Il risultato? Mari pieni di immondizia e animali in pericolo. Le ricadute sono pesanti, perché la plastica si degrada nell’ambiente in centinaia di anni. Eppure proprio dalla natura, così seriamente minacciata, arriva un nuovo alleato per affrontare il problema. Niente di fantascientifico: stiamo parlando delle comuni mucche, che noi tutti conosciamo. Secondo uno studio austriaco, pubblicato su «Frontiers in Bioengineering and Biotechnology», nello stomaco di questi ruminanti abitano dei batteri speciali, che sono in grado di degradare alcuni tipi di plastica.
Questi animali, infatti, ingeriscono abitualmente un poliestere di origine naturale, la cutina, contenuto nelle piante di cui di solito si nutrono. L’ipotesi iniziale degli scienziati è che le mucche abbiano sviluppato la capacità di digerire questa sostanza grazie alla presenza di batteri speciali. I ricercatori hanno così immerso dei pezzi di plastica nel liquido del rumine, una parte dello stomaco delle mucche, e ne hanno verificato l’efficacia. Il risultato è stato soddisfacente e gli esperti già guardano al futuro. Non si tratta, ovviamente, di estrarre i batteri dall’organo degli animali, ma di produrli direttamente in laboratorio, in grande numero.
Non è comunque la prima volta che si identificano microrganismi in grado di «mangiare» le materie plastiche. Alcune comunità microbiche già presenti nei nostri mari, infatti, prosperano nei composti plastici e partecipano al loro degrado, insieme ad altri fattori esterni, tra cui radiazioni Uva, cambiamenti di temperatura e abrasione provocata dall’acqua marina stessa. Come evidenziato in un altro studio giapponese su «Science», infine, è stato scoperto un batterio capace di consumare e assimilare il Pet (polietilene tereftalato), uno dei polimeri più utilizzati al mondo. Basti pensare alle classiche bottiglie di acqua oppure ai flaconi dei detersivi. Dunque la natura è ricca di batteri che, se utilizzati con prudenza e intelligenza, possono aiutarci a combattere il problema dell’inquinamento della plastica. Senza ovviamente mettere in secondo piano le altre strategie, come il riciclo dei rifiuti.