Ecco risolto il mistero dei bradipi

Perché questi mammiferi rischiano la vita una volta la settimana scendendo a terra?
Tommy Cappellini
Tommy Cappellini
27.03.2014 05:05

Uno tsunami ha sconvolto di recente il sonnolento mondo dei bradipi, anche se loro, naturalmente, non si sono accorti di nulla. Per le decine di migliaia di fan di questo amabile e filosofico mammifero, invece, la notizia è di quelle grosse. La stampa anglosassone l'ha sparata a mille, tra dicembre e gennaio, con titoli roboanti: «L'enigma è finalmente risolto», «Questa scoperta vi farà ripensare dalle fondamenta la vostra ossessione per i bradipi», «Ma alla fine, perché scendere da un albero per espletare?» e – forse il migliore – «Cosa c'è di più pericoloso che fare i propri bisogni? La fame». Temi forti, coprolalici solo en passant, in realtà rigorosamente scientifici (di quel tipo di scienza poco pulita, extra-laboratorio, sul campo, equivoca, che mette il naso in quegli afrori arcaici del mondo che tendiamo a soffocare e dimenticare).

Per capire meglio, facciamo un passo indietro. Il bradipo è il mammifero più lento al mondo: la specie del tridattilo, la più «simpatica», quando si muove, e in genere non si muove granché, tocca punte di 0,24 km/h (un essere umano «medio» viaggia a 3-4 km/h). Il peso non c'entra. Il bradipo tridattilo non è un ippopotamo obeso e ingombrante: lungo 45 centimetri, 50 con la coda, pesa una manciata di chili ed è un ottimo nuotatore. La sua abituale lentezza è organica, intrinseca, neanche troppo bizzarra: la natura, d'altra parte, è meno fanatica della velocità di quanto ci vogliano far credere – nei loro manuali di management – i traders londinesi che ogni mattina si alzano sapendo che dovranno correre più veloci del tasso Libor se vogliono azzannare un bonus in più... – ma forse è meglio non divagare.

Poi c'è la questione del sonno, che di tradizione va a braccetto col prendersela comoda: alcune specie di bradipi dormono (o, più rispettosamente, riposano) dalle 15 alle 19 ore al giorno. Tale superba «pigrizia» – parola oramai infrequentabile, che in tempo di crisi suscita aspri sermoni da Bruxelles fino a Caracas – ha procurato al bradipo fama e affetto duraturi: circondato dai malumori cosmici degli altri animali, da ansie di caccia, di accoppiamento, di dominazione, immerso, insomma, in un clima darwiniano di perenne e pletorica tragedia, il bradipo apre i suoi occhi bonari sul mondo, li richiude e passa oltre, perduto forse in sogni di cui nulla sappiamo. Ragion per cui è stato innalzato a simbolo di atarassia, persino di saggezza. Quando un discusso studio dell'istituto Max Planck di Starnberg ridusse il numero delle ore di sonno del bradipo a meno di 10, molti ammiratori ci rimasero male e taluni si ubriacarono col dopobarba (quest'ultima è inventata). Se non dorme, il bradipo si nutre di frutta e verdura (non ha denti incisivi) e vive quasi esclusivamente sugli alberi, sovente su un unico albero, e vi discende solo una volta la settimana, per fare i propri bisogni.

Il mistero si nascondeva proprio qui. "Gli erbivori arborei sono rari tra i mammiferi – leggiamo nello studio che ha dato il via allo tsunami che si diceva all'inizio, pubblicato su Proceedings of The Royal Society B da un team di ricercatori statunitensi dell'università del Wisconsin-Madison e del Virginia Tech. – Le poche specie con questo stile di vita possiedono adattamenti unici per superare i vincoli legati alle dimensioni o nutrizionali-energetici. Prendiamo i bradipi: sono folivori che trascorrono la vita a riposo o a mangiare in cima agli alberi della foresta. Tuttavia, il bradipo tridattilo scende dal suo albero una volta a settimana per defecare, il che è molto rischioso, energeticamente costoso e, fino ad ora, inspiegabile».

Già, cosa c'è dietro questa «discesa all'inferno» ogni sette giorni? Non poteva il nostro tridattilo starsene lassù ben protetto, lasciando cadere sul triste mondo le proprie deiezioni (cosa che lo accomunerebbe pure a molti artisti umani, peraltro ben remunerati)? E poi, non bastava osservare il «collega» bradipo bidattilo, che già si comporta così, e imitarlo in tranquillità? Perché rischiare la vita a terra, attirando i predatori?

Il team del professor Jonathan Pauli pare avere scoperto il motivo. I bradipi tridattili mangiano, tra le altre piante, anche alghe che crescono nella loro pelliccia (per questo, nelle foto che li ritraggono, sono spesso verdi – e che lo siano di rabbia è da escludere). In tale «orto» sottopelo vive un ecosistema di falene foretiche, cioè, diciamola tutta, parassite. La densità di queste falene – hanno scoperto i ricercatori – è correlata alla concentrazione di azoto inorganico e alla biomassa di alghe sottopelliccia. Quando il bradipo scende «nel mondo» per fare i propri bisogni, vi trasporta pure le falene, che depongono le uova nel cumulo di sterco e terriccio lasciato dal loro ospite: una «culla» ben vantaggiosa in termini di protezione e temperatura.

«Le falene – si legge nello studio che si intitola significativamente A syndrome of mutualism reinforces the lifestyle of a sloth – aumentano i livelli di azoto nella pelliccia del bradipo. Ciò alimenta la crescita delle alghe, che i bradipi consumano per compensare la dieta limitata. Questi mutualismi tra falene, alghe e bradipi pare che aiutino questi ultimi a superare uno stile di vita altamente vincolato».

Che fosse vincolato, e parecchio difficile, non v'erano dubbi: vivere vent'anni quasi sullo stesso albero non è buona premessa per una dieta da gourmet e per un'attività sessuale foriera di soddisfazioni. Se a questo si aggiunge una «discesa a terra» settimanale che costa almeno l'8% del proprio bilancio energetico, il bradipo tridattilo non avrebbe grandi possibilità di sopravvivenza. Eppure è arrivato fino a noi, portandosi sottopelliccia un intero ecosistema difeso e alimentato, non c'è che dire, con una buona dose di coraggio.

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