Ballenberg: un museo dove si ferma il tempo
Per scoprire qualcosa in più sulla quotidianità, i segreti e gli aneddoti di un luogo magico, visitato ogni anno - pandemia permettendo - da quasi 200.000 persone, abbiamo intervistato Beatrice Tobler, vicedirettrice e responsabile della divisione scientifica di questo posto magico, immerso in una natura rigogliosa e ricco di storia, e storie, che si dipanano sotto gli occhi dei visitatori sentiero dopo sentiero, edificio dopo edificio.
Signora Tobler: quando, da chi e perché è stato fondato il Ballenberg, museo svizzero all’aperto?
Il museo all’aperto Ballenberg è una fondazione senza scopo di lucro di diritto pubblico. La fondazione è stata creata nel 1968. L’obiettivo originale era quello di mostrare nel museo all’aperto, in un unico luogo in modo comparativo, l’architettura rurale Svizzera, che dalla metà del XX secolo ha iniziato a scomparire sempre di più. Un concetto rigoroso è stato elaborato negli anni ‘60 per le unità d’edifici da creare e la loro disposizione nel terreno. Il Ballenberg di oggi riflette abbastanza bene questo concetto. Nel 1978 il museo all’aperto ha aperto le sue porte con 16 edifici. Durante i primi anni, le attività si concentrarono fortemente sulla ricostruzione delle case. A partire dagli anni ‘80, si aggiunse la collaborazione con partner esterni che realizzarono mostre tematiche nelle case. Ora non si trattava più solo di architettura. Le case vennero «riempite» con temi di vita rurale e animate da artigiani ed artigiane. Il paesaggio culturale e i giardini sono stati progettati per riflettere le regioni rappresentate, e nel 1996 gli animali da fattoria sono stati portati al Ballenberg. Il cambiamento da «Museo delle case e degli insediamenti rurali» a «Museo della cultura rurale» è stato completato alla fine degli anni ‘90. Oltre alle abitazioni rurali e agli edifici contadini, il paesaggio con i giardini campestri, le aie, i recinti e i campi, l’artigianato rurale, la cultura quotidiana e gli animali della fattoria hanno giocato un ruolo importante al Ballenberg.
Quale è stato il primo edificio del Ballenberg e quale, invece, l’ultimo «arrivato»?
Il primo edificio ad arrivare al Ballenberg è stata la casa contadina di Bonderlen/Adelboden BE. L’edificio è un tassello della storia del museo: il suo rimontaggio risale al 1969, e l’inaugurazione all’anno successivo, ben prima dell’apertura ufficiale del Ballenberg (1978). L’edificio più recente arrivato al Ballenberg è la fornace di Péry JU. Si tratta della più antica fornace rurale conservata del Cantone Berna. L’opificio risale al tardo barocco. Il Museo ha rilevato l’edificio nel 2016, inaugurandolo nel 2017 come primo oggetto proveniente dal Giura Bernese. Nel museo l’edificio è destinato alla sua funzione originale di fabbrica di laterizi. A tal fine, alcune sue parti come la torre sono state ricostruite in base a reperti archeologici, foto storiche ed un dipinto.
Ci sono in programma nuove costruzioni da inserire al Ballenberg?
Il Ballenberg è in gran parte al completo. Ci sono solo pochissime lacune nell’assetto: per esempio, manca un edificio residenziale del cantone dei Grigioni, un fienile del Vallese o edifici pubblici come una scuola. Sono in corso chiarimenti per l’acquisizione di un edificio scolastico che si trova attualmente non lontano dal museo, vicino al campo di aviazione militare di Unterbach.
Come avviene la scelta di quali case spostare al museo?
È probabile che l’edificio scolastico sarà l’ultimo ad essere annesso. Il Ballenberg ha rilevato solo gli edifici che non potevano essere conservati nel loro luogo d’origine. Nel fare ciò, il Ballenberg lavora sempre in stretta collaborazione con le rispettive autorità cantonali per la conservazione dei monumenti. L’obiettivo è sempre stato quello di conservare l’edificio nel suo contesto. In senso stretto, un edificio delocalizzato non è più un monumento, perché un monumento sta sempre in un contesto specifico, ad esempio all’interno di un villaggio. Un edificio traslato diventa un oggetto museale inserito in un nuovo contesto.
Può descriverci, a livello pratico, come avviene la traslazione di un edificio dal suo luogo d’origine fino al Ballenberg?
Gli edifici in legno vengono smontati pezzo per pezzo e numerati. Le vecchie case di legno possono essere smontate molto facilmente. Fino al XX secolo, gli edifici non erano sempre considerati immobili; talvolta, erano mobili! Non era raro che i proprietari di una casa di legno portassero la loro casa con sé quando si trasferivano. C’è anche una casa al Ballenberg che fu spostata già una volta prima di arrivare qui. Si tratta del ristorante Degen di Hünenberg, nel cantone di Lucerna. Evidentemente lo smantellamento ed il trasporto costavano meno di una nuova costruzione. Le paghe degli artigiani erano basse, i materiali da costruzione invece rari e costosi. La muratura viene di solito demolita durante il trasloco. Le pietre principali come i conci d’angolo vengono numerati come i legni. I muri di pietra di cava vengono invece demoliti. Si formano mucchi individuali di pietre per ogni muro, che vengono poi usati di nuovo per lo stesso muro quando viene ricostruito. La malta viene rimescolata secondo la ricetta originale, se possibile. Tuttavia, è anche successo che per aumentare la stabilità della muratura venisse aggiunto del cemento.
Gli edifici ricostruiti al Ballenberg vengono realizzati usando solamente le tecniche originarie oppure vengono impiegate anche tecniche innovative?
Ogni epoca ha le sue premesse nella conservazione dei monumenti. Di conseguenza, il modo in cui le ricostruzioni sono state effettuate è cambiato più volte negli ultimi 50 anni. Oggi si cerca di utilizzare tecniche e materiali storici quando è possibile. Tuttavia, quando si tratta di sicurezza nel cantiere, si applicano ovviamente gli standard e le linee guida moderne. Nella ricostruzione s’impiegano anche macchinari moderni. Quando si deve ricostruire qualcosa, a volte è necessario lo spirito di ricerca. Questo è stato il caso per il pavimento d’argilla nella fornace di Péry. Il pavimento originale in argilla era il risultato di depositi secolari che si erano formati durante la produzione dei mattoni. Non poteva essere ripreso, quindi è stato necessario creare un nuovo pavimento in argilla. A questo scopo, abbiamo invitato un esperto d’argilla che, nell’ambito di un corso al centro corsi Ballenberg, ha cercato di scoprire la composizione ideale dell’argilla per mezzo di esperimenti.
Quante persone lavorano al Ballenberg e che figure professionali sono presenti? Quanti sono i visitatori mediamente (escluso il 2020) e da dove provengono?
Il Museo all’aperto Ballenberg, compreso il centro dei corsi, impiega circa 50 dipendenti fissi e 120 stagionali. La composizione varia molto. Tra il personale permanente ci sono agricoltori, giardinieri, artigiani, uomini d’affari, specialisti del turismo e scienziati. Il gruppo dei dipendenti stagionali è ancora più vario: oltre ai molti artigiani, ci sono molti pensionati che lavoravano in diversi i tipi di professioni. Le percentuali di lavoro corrispondono a circa 65 dipendenti a tempo pieno. Negli ultimi anni, quasi 200.000 persone hanno visitato il Ballenberg all’anno. La maggior parte dei visitatori viene dalla Svizzera.
Avete qualche aneddoto o curiosità particolare che ci volete raccontare?
Quattro edifici sono stati trasferiti dal Ticino al Ballenberg. Oggi, tuttavia, ne rimangono solo tre. Dopo quattro anni dalla sua inaugurazione nel 1990, la casa contadina di Primadengo fu distrutta da un incendio scoppiato a causa di una fessura nel camino. Siccome non rientra nelle finalità del museo ricostruire ciò che non c’è più, sono rimasti solo i muri della cantina e della cucina a ricordare che un tempo gli incendi erano frequenti. Il legno era il materiale da costruzione più impiegato in Leventina. I focolari aperti ed accesi tutto il giorno aumentavano il pericolo d’incendio. In un’epoca in cui le assicurazioni erano al di là dal venire e gli aiuti pochi, un incendio gettava una famiglia nella miseria più profonda. I resti della Casa di Primadengo mostrano che «i bei tempi passati» non furono sempre così belli. La Masseria di Novazzano invece è il più grande edificio presente nel museo. Per trasportare il materiale dal Mendrisiotto all’Oberland bernese sono stati necessari duecento autocarri. Nel 2004, il complesso è stato ricostruito al Ballenberg nel suo stato originale. Mancano solo le installazioni elettriche degli anni Venti e quelle successive. La versione attuale nel museo corrisponde allo stato in cui si trovava la Masseria nella prima metà del XX secolo. L’ala più recente, costruita nel XIX secolo, è quella che ospita la bigattiera (locale attrezzato per l’allevamento dei bachi da seta.). Elisa Morotti, nata nella Masseria nel 1930, dove ha abitato fino al matrimonio nel 1953, ha regalato le fotografie che si possono vedere nella camera dei genitori.