Cevio, i grotti e Boschetto
Cevio è composto da diverse frazioni, sparpagliate lungo quasi tre chilometri. La piazza, coperta da un prato verde, è ampia e presenta alcune belle costruzioni, tra cui il pretorio distrettuale con la facciata decorata da stemmi e la casa che fu della famiglia Franzoni preceduta da un bel portale.
Seguendo la segnaletica marrone, attraverso la «caraa» (passaggio delimitato da muretti), si raggiunge la frazione di Cevio Vecchio. Numerosi gli edifici borghesi, risalenti al XVI-XVIII secolo. Due di essi ospitano il Museo di Valmaggia, la cui sede principale si trova in un palazzo del 1630, introdotta da un portale e dal cortile.
L'itinerario
Dal museo parte un percorso didattico (si calcolino circa 45 minuti) che si sviluppa sul fianco della montagna, dove si trovano numerosi grotti scavati sotto gli enormi macigni franati in epoche lontane. Questo itinerario porta infatti, attraverso una fitta rete di passaggi e sentieri, alle numerose costruzioni sottoroccia in un ambiente in buona parte abbandonato e caratterizzato dal bosco inselvatichito, in particolare dai castagni.
Nella parte alta ci sono ancora le tracce dei lavori di terrazzamento effettuati per ottenere piccoli appezzamenti da sfalciare. Si possono notare gli spazi creati per il riposo e le sapienti soluzioni architettoniche atte a integrare ciò che la natura offriva: non c'è sporgenza o profondità che non sia sfruttata al meglio. In particolare, verso la fine del percorso si nota un blocco gigantesco che ospita diverse cantine. Molto curato doveva essere anche il «grotto del sole», ora di proprietà del museo, contraddistinto da decorazioni pittoriche.
Dopo la gita ai grotti, vale la pena di visitare l'interessante complesso formato dalla chiesa parrocchiale, dal sagrato e dall’ossario settecentesco.
Completano l'itinerario la visita alla frazione Rovana, con la splendida chiesa barocca e l’antico ponte, e al nucleo di Boschetto che ha mantenuto la sua antica struttura rurale. Un angolo incantevole che vale veramente la pena di conoscere.
La testimonianza
Battista Guglielmini, scalpellino e viticoltore, cresciuto a Cevio in una numerosa famiglia, la realtà del grotto l'ha vissuta di persona e la racconta nel volume «Vivere tra le pietre» (Dadò Editore).
Nei grotti la gente conservava non solo il vino – ricorda – ma anche carne di capra o pecora messa in salamoia, i salumi della mazza, formaggio, burro, patate e, qualche volta, anche il frutto della caccia di frodo. Ogni giorno si assisteva così all'andirivieni tra le case e i grotti, dove si recuperavano le derrate necessarie al bisogno quotidiano.
L'umidità e la temperatura nel grotto non devono essere troppo elevate; perciò prima di avviare uno scavo bisognava trovare lo sfiatatoio che avrebbe permesso la loro regolazione. Guglielmini racconta che si trovavano meglio d'inverno, osservando il terreno: dove non c'era neve, lì si trovava la fuoriuscita d'aria. Una volta persino la presenza di camosci in un luogo aveva rivelato uno sfiatatoio: erano stati attirati dall'aria tiepida.
Nei grotti – prosegue – si incontravano gli uomini, soprattutto il sabato sera, per un po' di riposo dalle fatiche contadine. Tra una chiacchierata e un canto si beveva vinello e si mangiava pane e formaggio. Una specialità per palati assuefatti consisteva in formaggio fatto a pezzi e conservato con latte, vino, sale e pepe, che veniva consumato dopo diverse settimane quando aveva acquisito un gusto molto pronunciato.
Le consorti, i bambini e i familiari venivano ammessi al grotto solo in alcune occasioni, per il primo d'agosto e l'Assunzione, ad esempio.
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