MUSEI & MONUMENTI / Monumenti

Chiesa di Mogno

Alle ore 7.15 del 25 aprile 1986 una valanga si abbatte su Mogno, in Vallemaggia, e distrugge la seicentesca chiesetta di San Giovanni Battista. Viene costituito un comitato per la sua ricostruzione e l’incarico è conferito all’architetto Mario Botta. Numerose polemiche accompagnano il progetto e la realizzazione della nuova chiesa. Ciò nonostante a Mogno Botta ha edificato una delle sue opere più importanti. La chiesa che vediamo oggi è una risposta che sottolinea «la positività del costruire come espressione della fatica dell’uomo» di fronte alla forza devastatrice della natura, come afferma Botta.
Giò Rezzonico
Carla Rezzonico
Giò RezzonicoeCarla Rezzonico
01.01.2022 12:00

 

 

 

 

 

I lavori iniziarono nel 1992 e si protrassero per 4 anni. La nuova chiesa sorge sullo stesso luogo della precedente e ha il medesimo orientamento. La sua altezza (17 metri) corrisponde a quella dell’antico campanile. Il sagrato sostituisce l’area del cimitero. L’ossario è stato ricostruito esattamente nella posizione precedente. Le due campane, che portano la data del 1746, sono gli unici elementi recuperati dalla chiesetta spazzata via dalla valanga.

L’immagine della rovina, legata alla massa nevosa che distrusse l’antico monumento e parte del villaggio, «riaffiora nel deciso taglio inclinato delle pareti perimetrali – spiega Mario Botta – che comprimono lo spazio interno e lo costringono a dilatarsi verso il cielo attraverso il tetto-lucernario. Il sottile dualismo tra la possenza del costruito e la levità della copertura, del tutto inedita rispetto alla consistenza del tradizionale tetto in piode della precedente costruzione, testimonia l’anelito alla sopravvivenza del manufatto».

La pianta dell’edificio descrive un rettangolo di base iscritto in un’ellisse che si trasforma in cerchio in corrispondenza della copertura. «L’esiguità del dimensionamento – spiega ancora l’architetto – viene riscattata dalla sintesi geometrica tra le figure del rettangolo, dell’ellisse e del cerchio con tutta una serie di significati simbolici tra cui l’ascesa dalla dimensione umana, rappresentata nello spazio regolare del basamento, alla perfezione divina suggerita dalla copertura circolare».

I muri della chiesa hanno uno spessore di 2 metri alla base e degradano fino a 50 centimetri alla sommità. «La tecnica di costruzione – spiega Botta – si rifà alla tradizione, evidenziando un uso della pietra non come rivestimento, ma con valenze strutturali denunciate nella scoperta del ricostruire ‘a secco’, vale a dire mediante blocchi con un’intercapedine riempita di calcestruzzo». Le pietre utilizzate provengono dalla Vallemaggia: lo gneiss, detto anche beola, è stato estratto dalla cava di Riveo, mentre il marmo proviene dalla cava Cristallina in Valle di Peccia.

 

 

PER COMPLETARE LA GIORNATA

 

 

 

In questo articolo: