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Come «suona» la cucina di un tre stelle Michelin? Siamo andati a scoprirlo Da Vittorio

Un viaggio tra sensazioni e sapori accompagnati dallo chef Paolo Rota, protagonista di questa puntata di CdTalk - PODCAST
Mattia Sacchi
12.10.2023 15:00

Da Vittorio. Un semplice nome che in realtà rivela un vero e proprio universo, composto da 6 ristoranti in tutto il mondo, hotel, bar e altre attività che hanno reso la realtà di Brusaporto, alle porte di Bergamo, uno dei principali ambasciatori del made in Italy.

D’altronde sono i risultati a parlare in modo inequivocabile: 8 stelle Michelin e 18 punti Gault Millau, oltre a decine di premi dalle principali guide di tutto il mondo. E, da non trascurare, un fatturato stimato da Gambero Rosso in 40 milioni di euro: cifre che stanno proiettando Da Vittorio da attività a conduzione familiare a quasi una multinazionale, con centinaia di dipendenti e una professionalizzazione sempre più qualificata.

«Dobbiamo adeguarci ai tempi e alla continua crescita della nostra dimensione: avere la struttura giusta per affrontare questi cambiamenti è fondamentale. Stiamo quindi facendo dei passaggi importanti nella nostra gestione aziendale, con l’inserimento di nuove figure professionali che ci permettano di rapportarci al meglio con le realtà imprenditoriali di tutto il mondo e di essere più dinamici e moderni». A parlare è Paolo Rota, executive chef e membro «acquisito» della famiglia Cerea per aver sposato Rossella, General Manager del ristorante Da Vittorio.

Per quanto la sua analisi possa sembrare quella di un manager, il dress code di Rota rimane la giacca bianca da chef. «Esattamente come trent’anni fa le mie giornate le passo in cucina con i ragazzi della brigata, seguendoli nel loro lavoro e confrontandomi sulle nuove ricette e i nuovi menù. Sono tutti molto giovani e con voglia di fare: per quanto siano sempre giornate intense, stare con loro è quindi un’iniezione di vitalità che mantiene viva quella passione che compensa ogni sacrificio, che nella vita di uno chef sono numerosi».

Quella passione che poi è alla base del successo di Da Vittorio, il cui modello di lavoro, dall’accoglienza ai piatti, è diventato uno punto di riferimento per l’alta ristorazione italiana: «Il retaggio di una lunga tradizione di famiglia aiuta tantissimo, non solo per il legame e l’unità d’intenti, ma anche per quello spirito e quel calore che coinvolge i nostri collaboratori ma soprattutto i nostri ospiti, che vogliamo far sentire importanti e coccolati come se fossero a casa».

E per sentirsi davvero a casa cosa c’è di meglio che un piatto di paccheri al sugo, un fritto misto all’italiana o un’orecchia di elefante (che, viste le dimensioni bibliche, più che al tipico piatto milanese fanno pensare di essere di ritorno da un safari, ndr), ricette iconiche del ristorante bergamasco che dietro la loro apparente semplicità da comfort food nascondono quell’eccellenza tale da far meritare le tre stelle? «Lo stesso Vittorio ha insegnato a tutti noi che, per quanto puoi inventarti abbinamenti o usare prodotti particolari, alla base ci deve essere la bontà. Altrimenti cucinare diventa semplicemente inutile. La tradizione della cucina italiana è fenomenale: tocca a noi rispettarla, magari rielaborandola e rinnovandola con i migliori ingredienti e usando le migliori tecniche a disposizione, ma i sapori devono essere sempre usati nel modo giusto, permettendo di sentire e apprezzare tutto quello che c’è nel piatto».

Una tradizione culinaria, quella italiana, che Da Vittorio ha letteralmente esportato in tutto il mondo, da Shangai a Saigon. Visti gli innumerevoli, talvolta discutibili, tentativi di imitazione, questo potrebbe però essere un rischio… «Sarà capitato anche a voi di andare all’estero e vedere ristoranti che propongono una cucina italiana che poi in realtà di italiano non ha nulla. La cucina mediterranea è uno dei nostri beni culturali più importanti e siamo convinti che proporre quella originale all’estero sia il modo più efficace per far capire alle persone la differenza. Per questo la formazione del nostro personale è sempre particolarmente rigorosa e, sebbene alle volte con difficoltà, facciamo il possibile per esportare i prodotti d’eccellenza all’estero».

Chef Paolo Rota con le due stelle Michelin ottenute nel ristorante Da Vittorio di St.Moritz
Chef Paolo Rota con le due stelle Michelin ottenute nel ristorante Da Vittorio di St.Moritz

Magari è meno difficile portare i prodotti a St.Moritz, dove da dieci anni Da Vittorio ha un due stelle al Carlton Hotel, condotto proprio da chef Rota: «Non è così scontato sbrigare le pratiche doganali nei tempi che vorremmo – sorride -. Ma questi anni in Engadina sono davvero volati. Abbiamo ospiti affezionati da tutto il mondo che vengono a trovarci regolarmente e che apprezzano il nostro modello di accogliere e cucinare. Poi mi sono integrato benissimo in una terra meravigliosa che ha molti punti in comune a dove sono cresciuto, tra cui anche il dialetto: romancio e svizzero tedesco sono invece ancora lontano da impararli, va decisamente meglio con il rösti. Ché in fondo la lingua comune della cucina va sempre bene, o no?».

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