Conquista della Luna: il primo fu Armstrong ma chi si ricorda l’ultimo?
Alzi la mano chi conosce il nome del primo uomo che ha messo piede sulla Luna. Sì, siete in molti a saperlo: è proprio Neil Armstrong, comandante della missione Apollo 11 che è sbarcato sul satellite della Terra il 20 luglio del 1969. Armstrong in quella storica e affascinante avventura è stato accompagnato da Buzz Aldrin che alluna insieme a lui e a Michael Collins che rimane alla guida del modulo di comando a 400’000 chilometri di distanza da noi. Chi è invece l’esploratore a stelle e strisce dello spazio che per ultimo ha lasciato la Luna nei panni di comandante di Apollo 17? Qui ad alzare la mano siete in pochi, forse nessuno. In totale gli astronauti che sono sbarcati sulle lande del nostro satellite sono stati dodici, poiché la missione di Apollo 13 per poco non è finita in tragedia a causa dello scoppio di un serbatoio dell’ossigeno: la Luna per questo era stata solo sorvolata e non toccata dall’equipaggio composto da Jim Lovell, Jack Swigert e Fred Haise.
«The last man on the Moon» è stato Eugene «Gene» Cernan, classe 1934, scomparso all’inizio del 2017. Cernan entra nel 1963 alla NASA, l’ente spaziale statunitense, ed è protagonista di alcune tappe miliari della storia delle esplorazioni umane nello spazio. Nel 1966 è il terzo uomo a svolgere un’attività extraveicolare – ossia a librarsi in assenza di gravità al di fuori di una capsula; la missione era quella di Gemini 9 – dopo il cosmonauta russo Aleksej Leonov e l’altro americano Ed White che lo precedono nel 1965. La sua seconda avventura spaziale Cernan la vive nel maggio del 1969 con il volo di Apollo 10, preludio quanto mai concreto al successivo allunaggio di Neil Armstrong e Buzz Aldrin. A bordo del LEM, infatti, insieme al comandante Thomas P. Stafford prova tutte le manovre necessarie per l’atterraggio sulla Luna, pur non toccandola. Infine, Cernan è stato il comandante della missione Apollo 17, l’ultima ad aver portato degli uomini sulla Luna, nel mese di dicembre del 1972.
Torniamo però ad Apollo 10. Una volta raggiunta l’orbita del nostro satellite, a poco più di 100 chilometri di altezza il modulo lunare, appunto il LEM, viene sganciato da quello di comando, come veniva chiamata in gergo tecnico la capsula. La discesa porta il LEM fino a una quindicina di chilometri dalla superficie, una quota dalla quale viene anche fotografato il sito previsto per l’atterraggio di Apollo 11. Tutto bene, quindi? Macché: il pilota automatico e il computer che lo governava vanno in tilt e il mezzo incomincia a roteare su se stesso come una trottola, facendo correre a Cernan e Stafford il rischio di schiantarsi sulla Luna. Attimi terribili quelli vissuti dai due astronauti, che però non perdono il controllo dei nervi: Eugene Cernan spegne il sistema di pilotaggio automatico e con quello manuale rimette il LEM in una posizione corretta. Ma non è finita qui, perché successivamente non scatta l’accensione del propulsore dello stadio di ascesa del modulo lunare, indispensabile per tornare ad agganciarsi a quello di comando e incominciare il rientro verso la Terra. Il secondo tentativo va poi a buon fine e l’equipaggio prosegue il viaggio di ritorno senza ulteriori problemi.
Quello del LEM impazzito durante la missione di Apollo 10 è uno degli episodi che troviamo in «The last man on the Moon», appunto «L’ultimo uomo sulla Luna», scritto da Gene Cernan insieme a Don Davis e che ripercorre vita e imprese dell’astronauta statunitense. È edito anche in italiano da Cartabianca Publishing e leggerlo vale assolutamente la pena. La narrazione del lungo cammino che ha infine portato Cernan a calcare il suolo della Luna è intervallata da episodi che più in generale hanno caratterizzato le cronache mondiali; ciò permette di capire come le vicende dello spazio sono andate a intersecarsi con quelle decisamente più terrene. Vicende che hanno avuto un grande peso pure nell’ambito dell’ambizioso programma Apollo. Iniziato con Apollo 7, sarebbe dovuto proseguire fino ad Apollo 20, se non che netti tagli al budget della NASA avevano costretto i dirigenti dell’ente spaziale americano a rivedere piani e a decidere che quella comandata da Cernan nel dicembre del 1972 sarebbe stata l’ultima di questo affascinante e indimenticabile progetto.
Eccoci allora ad Apollo 17. La missione inizia il 7 dicembre 1972 con uno spettacolare lancio in notturna del razzo Saturn V a Cape Canaveral perché così doveva essere per raggiungere l’obiettivo lunare, ossia la valle di Taurus-Littrow. È appunto comandata da Gene Cernan ed entra nella storia anche perché vi partecipa Harrison Hagan Schmitt, detto Jack, imbarcato come scienziato puro in qualità di geologo. Jack Schmitt è il primo e unico civile a essere mai stato sulla Luna, in quanto tutti gli astronauti che lo avevano preceduto e pure il suo comandante Cernan provenivano dall’aviazione militare statunitense. Schmitt è l’ultimo uomo della storia in ordine di tempo a scendere sulla superficie lunare, essendo il secondo a uscire dal LEM dopo Cernan. Il comandante di Apollo 17 diventa poi «the last man on the Moon» perché è l’ultimo a lasciarne il suolo prima di intraprendere il viaggio di ritorno verso la Terra, incominciando con la risalita verso il modulo di comando in cui rimane Ron Evans.
Gene Cernan e Jack Schmitt possono scorrazzare a proprio piacimento nella valle di Taurus-Littrow grazie al rover lunare, jeep utilizzata per la prima volta sulla Luna dagli astronauti di Apollo 15. Quella del comandante Cernan è una missione che firma più record ma per non annoiarvi con troppi dettagli, vi rimandiamo a «The last man on the Moon». Un episodio che vede protagonisti Jack Schmitt e Gene Cernan, però, qui vogliamo raccontarvelo. E non è quello del parafango del rover rotto accidentalmente da Cernan, un po’ come succede a qualsiasi automobilista terrestre quando rovina la carrozzeria della propria vettura andando a sbattere contro qualcosa.
È piuttosto quello della canzoncina intonata da Schmitt durante un’uscita extraveicolare: sulla melodia della canzone popolare «The Fountain in the Park» si mette a cantare «I was strolling on the Moon one day...», seguito a ruota dal suo comandante. Ovvero, «Un giorno stavo passeggiando sulla Luna...». Quei momenti ve li riproponiamo anche qui in un video e vi garantiamo che sono una vera chicca, di quelle da leggenda, per quel che riguarda le missioni spaziali e non solo.
Un momento di leggerezza – la canzoncina intonata da Jack Schmitt e Gene Cernan a 385’000 chilometri da noi – che però ancora oggi non deve far dimenticare le tragedie vissute nella storia di astronauti e cosmonauti, con morti sia nel campo statunitense sia nell’ex Unione Sovietica. Capitoli tristi che non mancheremo di affrontare, avvicinandoci al giorno del cinquantesimo anniversario della conquista della Luna da parte dell’uomo.