Coronavirus nei bimbi: mal di pancia? Occhio!

Dopo settimane di confinamento si sta tornando lentamente alle attività più consuete. Se a metà maggio le scuole dell’obbligo sono state riaperte, nel rispetto delle norme igieniche e del distanziamento sociale, da inizio giugno a ripopolarsi di bambini sono campetti e parchi giochi. Dove però è meno facile impartire il rispetto del distanziamento. Ecco allora che una tra le più frequenti domande dei genitori ai medici riguarda la contagiosità del virus SARS-CoV-2 tra i giovanissimi.
Uno studio riportato da Business Insider e condotto da ricercatori dell’University College London suggerisce che i bambini abbiano il 56% di probabilità in meno rispetto a un adulto di infettarsi dopo essere stati esposti a persone già infette. Sempre il Business Insider ricorda un documento del governo olandese, basato su una serie di dati raccolti a livello domestico, secondo il quale i bambini giocherebbero solo un ruolo minore nella diffusione del nuovo coronavirus. Va segnalato, tuttavia, che una recente ricerca tedesca giunge a conclusioni opposte.
La difficoltà di avere un quadro completo, secondo Stefano Prandoni—pediatra di famiglia in provincia di Vicenza e amministratore del gruppo Facebook «L’influenza, questa sconosciuta»—è che la chiusura delle scuole, per quanto abbia permesso di contenere il contagio, non ha reso possibile vedere il virus «in azione» nelle comunità dei bambini.
Al di là della questione relativa alla contagiosità della COVID-19, recentemente è cresciuta tra i genitori la preoccupazione legata agli effetti del virus sui figli. Ne abbiamo parlato con Adrian Weiss, oncologo di Lugano, oggi in pensione. Dottorato in medicina e chirurgia all’università di Milano, membro del forum europeo per la buona pratica clinica (comitato di lavoro su etica e sicurezza), Weiss ha alle spalle parecchi anni di esperienza nel settore della ricerca clinica a livello internazionale.
Dottore, a spaventare mamme e papà è una misteriosa sindrome che aggredisce i bambini infettati dal coronavirus. Di che cosa si tratta?
Questa sindrome, inizialmente registrata negli Stati Uniti, è stata descritta come «infiammazione multi-sistemica» con sintomi simil-influenzali. L’infiammazione multi-sistemica qualche modo ricorda la sindrome da shock settico o malattia di Kawasaki: febbre alta, pressione sanguigna bassa, eruzione cutanea e difficoltà respiratorie. Va osservato che si tratta di casi rari che, però, come detto, destano preoccupazione tra gli esperti.
Nel decorso normale, allora, come si manifesta l’infezione da coronavirus nei bambini?
I dati hanno da subito sottolineato che, nella maggior parte dei casi, il coronavirus provoca nei bambini solo sintomi respiratori lievi. Anzi, talvolta non li provoca nemmeno. Oggi sappiamo che nei bambini l’infezione si comporta in modo diverso rispetto agli adulti. Secondo uno studio appena pubblicato sulla rivista Frontiers in Pediatrics, la maggior parte dei piccoli inizialmente manifesta disturbi di tipo digestivo, dolori addominali e problemi cardiaci. Questo studio includeva cinque bambini in età dai due ai cinque anni di Wuhan, la città cinese che fu al centro dell’eruzione di SARS-CoV-2 e ha evidenziato che in quattro di questi bambini la malattia COVID-19 si è manifestata per la prima volta con problemi gastrointestinali. Questo indica che il virus può essere trasmesso non solo attraverso gocce salivari ma anche attraverso il sistema digestivo, quando ad esempio si è esposti a particelle fecali per poca attenzione all’igiene delle mani.
Cosa consiglia ai genitori?
Informarsi sui sintomi e prestare attenzione a disturbi gastrointestinali e eruzioni cutanee, oltre che a stati febbrili, nei bambini. La diagnosi precoce, infatti, è di fondamentale importanza per affrontare tempestivamente l’infezione, evitando che si aggravi e che si diffonda.