Dalla mandibola all'orecchio

Lo sapevi che nell'orecchio si trovano le più piccole ossa del nostro corpo? Si chiamano martello, incudine e staffa in virtù della loro forma particolare e trasmettono le vibrazioni del timpano, che a sua volta è supportato da un altro ossicino detto anello ectotimpanico. Nell'insieme, queste ossa costituiscono un meraviglioso meccanismo con un ruolo molto specifico. Eppure non sono sempre state lì dove sono ora. Se non ci credi, un nostro piccolo antenato ha fatto capolino dal passato per mostrarci come sono andate davvero le cose.Liaoconodon hui è il nome che i suoi scopritori, nello studio da poco pubblicato su "Nature", hanno scelto per il minuscolo eutriconodonte: un essere simile a un topo il cui fossile è stato rinvenuto nella provincia cinese di Liaoning. La piccola creatura differiva dagli altri suoi simili per la dentatura, ma c'è un altro particolare che non è sfuggito a Jin Meng, dell'American Museum of Natural History, e ai suoi collaboratori: sulla mandibola del Liaoconodon hui c'è qualche osso di troppo.Questo forse non sorprenderebbe se si trattasse di un rettile o di un uccello, nei quali la mandibola è costituita da più ossa. Ma in questo caso stiamo parlando di un predecessore degli attuali mammiferi, che possiedono un solo osso mandibolare. Come mai questa disparità? Secondo gli studiosi dell'evoluzione, le ossa della mandibola non sono semplicemente scomparse nell'evoluzione dai rettili ai mammiferi attraverso i sinapsidi (una via di mezzo tra le due classi), ma hanno cambiato ruolo e posizione, diventando gli ossicini dell'orecchio.Quest'argomento sta particolarmente a cuore agli studiosi dell'evoluzione, poiché si tratta di uno dei percorsi evolutivi meglio documentati grazie alla presenza di diversi fossili di transizione, i famosi "anelli mancanti". Il Liaoconodon hui, l'ultimo di questi "anelli" rinvenuti dai paleontologi, è qualcosa di più: esso ci permette anche di capire come si è svolto questo viaggio dalla mandibola verso l'orecchio.Nel piccolo eutriconodonte è infatti visibile un gruppo di piccole ossa che ricordano i nostri ossicini dell'udito, connesse a un altro osso sottile e allungato che corre lungo la mandibola. Quest'osso è, secondo gli studiosi, una cartilagine di Meckel ossificata. E che cosa sarebbe questa cartilagine di Meckel? Non si trova di solito negli individui adulti, ma fa la sua comparsa nella vita embrionale di tutti i mammiferi, uomo compreso. Ed ecco il fatto più curioso: mentre durante lo sviluppo un'estremità di questa cartilagine si estende e ossifica (ovvero si trasforma in osso), formando la parte della mandibola che ospita i denti incisivi, l'altra va a contribuire alla formazione delle ossa dell'orecchio medio, per poi separarsi del tutto dalla mandibola.Insomma, sembra quasi che lo sviluppo embrionale riproponga, in breve, qualcosa di molto simile a ciò che è accaduto in centinaia di milioni di anni di evoluzione. Era già stato ipotizzato che la cartilagine di Meckel fosse coinvolta in forme di transizione. Ma, essendo la cartilagine poco presente nei reperti fossili, si riteneva che le sue comparse fossero spiegabili come un fenomeno di pedomorfismo, ossia il mantenimento nell'adulto di un tratto tipico degli individui non ancora maturi. Meng e il suo gruppo ipotizzano che la cartilagine di Meckel abbia invece svolto un necessario ruolo di supporto per gli ossicini dell'udito mentre questi, allontanandosi dalla mandibola verso il cranio, assumevano il loro nuovo ruolo. Un percorso di pochi centimetri in centinaia di milioni di anni, grazie al quale abbiamo sviluppato il raffinato meccanismo del nostro udito.(Fonte: Quarantadue)