Le auto che hanno fatto la storia

De Tomaso Mangusta, supercar “internazionale”

De Tomaso è una delle più iconiche marche di supercar italiane: con la Mangusta, firmata da Giugiaro, produsse un'autentica auto sportiva dal 1967 al 1971,
30.11.2023 10:45

La De Tomaso è una delle più iconiche marche di supercar italiane che non hanno, purtroppo, resistito troppo a lungo ai cambiamenti registrati nel corso degli anni nel settore automotive. Ideata dall’ex pilota e poi businessman italoargentino Alejandro De Tomaso, la Mangusta fu un’autentica auto sportiva prodotta dal 1967 al 1971. La sua genesi si rese necessaria per sostituire il precedente prodotto del marchio, la De Tomaso Vallelunga, di cui riutilizzò per intero la struttura telaistica.

Il nome della vettura deriva dalla mangusta, mammifero che può uccidere un cobra, e forse il nome non fu scelto a caso. Infatti, si dice che De Tomaso fosse in trattativa con Carroll Shelby per sostituire la Shelby Cobra con un'auto sportiva di produzione italiana (ossia la De Tomaso Sport 5000, nota anche come De Tomaso P70), ma non fu mai possibile raggiungere un’intesa definitiva tra le parti.

Ciò è da porre in relazione al coinvolgimento di Shelby nel programma competizioni della Ford con la GT40 plurivittoriosa a Le Mans dal 1966. Tuttavia, poiché Alejandro De Tomaso e Carroll Shelby mantennero un rapporto di amicizia pluriennale, i primi duecento motori per la nuova Mangusta furono forniti da Shelby.

Il celebre designer Giorgetto Giugiaro, che all’epoca svolgeva il ruolo di responsabile del settore presso la Carrozzeria Ghia di Torino, adeguò al telaio della marca con sede in Emilia-Romagna (come Maserati, Lamborghini e Ferrari) un suo vecchio progetto bocciato dalla Iso Rivolta, ma che suscitò l’entusiasmo di De Tomaso. Il look era in effetti molto grintoso e spettacolare nel contempo e rientrava pienamente nei canoni classici dei modelli supersportivi di fine anni Sessanta, caratterizzato da linee tese e fluide.

L’aspetto della vettura creata da Giorgetto Giugiaro presenta una caratteristica distintiva come le porte ad "ala di gabbiano" sopra il vano motore e il bagagliaio. I primi esemplari erano dotati di doppi gruppi ottici nella parte anteriore della calandra, mentre i modelli successivi hanno adottato un unico faro a scomparsa per lato.

All'epoca della produzione, la Mangusta era relativamente a buon mercato rispetto alle concorrenti italiane o straniere, ma aveva evidenziato in vari frangenti problemi di stabilità e maneggevolezza dovuti alla fragilità del telaio e alla cattiva distribuzione dei pesi. Inoltre, l'abitacolo angusto e l’estremamente ridotta altezza da terra erano altri svantaggi della vettura, soprattutto nell’uso quotidiano.

In totale furono prodotti 401 esemplari della vettura. 150 di essi ("versione europea") erano dotati di un sistema a quattro fari e di un motore Ford da 4,7 litri, mentre gli altri ("americani") adottavano un propulsore, sempre Ford, meno potente da 4,9 litri. Una delle vetture, costruita appositamente per il vicepresidente della General Motors Bill Mitchell, era stata dotata di un motore Chevrolet. Secondo varie stime, a oggi ne sono sopravvissuti circa 170 esemplari.

Quest’'auto sportiva poteva contare su un eccellente cambio manuale ZF a 5 rapporti e fin da subito le sue prestazioni erano, e sono tuttora, straordinarie, considerato che va da 0 a 100 km/h in circa 6 secondi e tocca una velocità massima di 250 km/h, avendo un peso di poco inferiore ai 12 quintali.

Nel 1971 la Mangusta fu sostituita dalla Pantera, assai più economica per l’azienda dal profilo della produzione e della manutenzione, e rimasta in listino a lungo grazie a un successo commerciale che l’ha resa una vettura iconica e meritatamente entrata nell’immaginario collettivo e non solo in quello degli appassionati.

La scheda (De Tomaso Mangusta V8 4,7 - (1969)

Cilindrata: 4'728 cc
Potenza e coppia: 304 CV, 532 Nm
Velocità massima: 250 km/h
Accelerazione: 0-100 km/h in 5,7”
Peso a vuoto: 1'250 kg
Consumo medio: 15/25 l/100 Km