Giovani ma depressi, «Uscirne? Si può»
L’adolescenza è un’età difficile, estremamente complessa per i ragazzi, incredibilmente indecifrabile per gli adulti. Lo conferma il terapeuta Domenico Didiano, con studio a Locarno, (guarda il video allegato a questo articolo) che sottolinea come il supporto di uno specialista possa rivelarsi cruciale per uscire da situazioni pericolose. Uno dei circoli viziosi più difficili da spezzare è quello causato dalla depressione, una condizione in cui gli adolescenti possono cadere con una certa facilità.
«Però attenzione, non dobbiamo pensare che se i nostri figli sono di cattivo umore non sia solo per una semplice giornata storta», premette lo specialista, che snocciola qualche dato: «Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, la depressione nel 2020 sarà la più diffusa tra le malattie mentali e in generale la seconda dopo le patologie cardiovascolari». Già prima delle misure di confinamento, infatti, negli Stati Uniti il suicidio, spesso causato da depressione, era la prima causa di morte per i giovani tra i 10 e i 14 anni.
«Certo, comprendere le loro richieste d’aiuto può essere arduo, ma un primo segnale d’allarme lo possiamo cogliere quando notiamo un cambiamento repentino nell’atteggiamento. Di solito c’è sempre una causa dietro questa reazione—dice l’esperto—. È vero che è un’età dove molte cose si devono costruire, dove i giovani iniziano a seguire la propria strada. Non dimentichiamo anche il cambiamento del corpo, delle amicizie, della scuola o del lavoro... Quando il ragazzo o la ragazza non trova un equilibrio e non riceve sostegno sufficiente, oppure l’adulto di riferimento non ha la sensibilità per rendersene conto, rischiamo di trovarci di fronte alla spirale depressiva in cui l’adolescente sta cadendo».
L’adolescente colpito da questo problema non sempre sprofonda nell’anedonia, vale a dire nell’incapacità di provare piacere, anche in circostanze e attività piacevoli come il contatto sociale, dormire, nutrirsi, le esperienze sessuali. «Dato che fa fatica a gestire quel ‘vuoto’, quella tristezza, spesso tende a essere spavaldo, provocatorio, irruento... Ecco, quando questo atteggiamento ‘oppositivo’ supera un certo limite, potrebbe essere l’indice di una depressione adolescenziale».
Altri squilibri possono sconvolgere la vita del giovane: «Sensi di colpa, valutare sé stessi in modo negativo, scarsa autostima, disturbi nel sonno e nell’alimentazione... Fino all’estremo, con i pensieri di morte. Spesso la mia lettura è quella di ‘voler cambiare’, non di ‘voler morire’. In quel momento, però, l’adolescente non vede nessuno nella sua rete che possa aiutarlo a compiere un passo nella giusta direzione».
La consulenza di uno specialista è fondamentale per uscire dallo schema di pensiero negativo, anche se a volte la decisione è ostacolata dai pregiudizi. «Quando arrivano i ragazzi spesso ammettono che si aspettavano qualcuno di molto diverso—spiega l’esperto—. C’è una sorta di ‘immaginario’ sulla figura dello psichiatra, dello psicoterapeuta. Spiego sempre che non voglio etichettare nessuno, né tanto meno ‘bollarlo’ come malato psichiatrico. Si tratta di un accompagnamento per uscire da una fase delicata. Spesso capita che i ragazzi ne parlino fra di loro scoprendo coetanei che passano ‘dal Didiano’. Allora si rassicurano e capiscono che non sono ‘strani’, che non c’è nulla di grave».