Mondiali golosi

A Cortina, tra formaggi, speck e casunziei

A margine della rassegna iridata dello sci alpino, conosciamo un po’ meglio le specialità culinarie della Conca ampezzana
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
18.02.2021 17:45

Se non ci fosse questa stramaledetta pandemia sarei stato a Cortina d’Ampezzo per seguire i Mondiali di sci alpino: aspettavo da tempo questo momento per andare a trovare molti amici che abitano lungo la valle del Boite, che da Pieve di Cadore sale verso la rinomata località turistica, la Perla delle Dolomiti. Occasione, anche, per un tuffo dentro la gastronomia locale, ispirata da tradizioni austriache (il Tirolo è ad un tiro di schioppo) e venete. Perché Cortina, situata nella provincia di Belluno, per secoli (dal 1511 al 1918) è stata fedele agli Asburgo e agli austriaci, che l’hanno ripagata concedendole molto potere decisionale.

Parliamo di cucina allora. La storia affonda le sue radici nella tradizione contadina: la Cortina glamour come la conosciamo oggi è un’invenzione piuttosto recente.
Una parte della gastronomia della regione ruota attorno ai prodotti di malga. La malga equivale al nostro alpeggio, cascina più o meno rustica, stalla per il ricovero degli animali, pascolo. Siamo in una zona conosciuta per la presenza di alcune tra le più famose e suggestive cime delle Dolomiti: dal Pelmo al Civetta, dal Cristallo all’Antelao, dalle Tofane alla Marmolada, montagne che incantano, ai cui piedi si stendono verdi vallate ricche di pascoli. Da lì arrivano molti prodotti caseari, in particolare formaggi di latte vaccino, la maggior parte dei quali ricade sotto il marchio Piave DOP. E qui si potrebbe aprire un lungo capitolo per raccontare la storia del marchio, nato addirittura nel 19° secolo sotto forma di latteria sociale.

Una delle tipiche malghe sulle montagne delle Dolomiti
Una delle tipiche malghe sulle montagne delle Dolomiti

Renaz, Contrin, Zumelle, Fodom, Schiz, Zigher, Tosela alcuni dei nomi tipici dei formaggi del territorio.
Non si scherza nemmeno a livello di salumeria, con la produzione di vari insaccati, il più celebre dei quali è senza dubbio lo speck, al quale si aggiunge il salame, la soppressa e l’ossocollo. Lo speck è decisamente legato alla vicinanza col Tirolo. Rosato al taglio, saporito e intenso al palato, lo speck del Cadore è una delle eccellenze alimentari dell’area dolomitica. Prodotto dalla coscia disossata del maiale, unisce due metodi di conservazione: la stagionatura, come per il prosciutto crudo, e l’affumicatura (ma esiste anche una variante non affumicata) che solitamente in questa zona viene fatta utilizzando segatura di abete rosso, larice e rami di ginepro. Fino al 2013 uno degli interpreti più virtuosi nell’arte di confezionare lo speck si trovava nell’incantevole borgo di Perarolo di Cadore, dove ha sede lo stabilimento Unterberger, realtà storica che affonda le radici della propria tradizione produttiva nel lontano 1500. Oggi l’azienda è entrata a far parte di un grande gruppo industriale e forse la tipicità di una volta è andata un po’ persa, tuttavia la produzione a Perarolo continua.

Con lo speck da questi parti si prepara la puccia, un alimento semplice che necessita però di ingredienti genuini. Stiamo parlando di una michettina ottenuta con farina di segale, tipica delle vallate montane cadorine, e l’aggiunta di semi di cumino e semi di finocchio che le danno un tocco speciale di aromaticità. Scaldata per un attimo in forno o sulla piastra, tagliata a metà e farcita in seguito con speck ed eventualmente formaggio locale, è un alimento prelibato e facile da preparare.

Il pane di segale che serve a preparare le puccia
Il pane di segale che serve a preparare le puccia

Non possiamo naturalmente parlare della gastronomia ampezzana senza citare alcuni piatti davvero tipici della regione. Diciamo allora dei casunziei, che sono dei ravioli a forma di mezzaluna il cui ripieno è preparato semplicemente con delle barbabietole rosse cotte, grattugiate e ben scolate. Una variante prevede l’aggiunta di patate al ripieno, ma l’originale prevede solo le rape. Il piatto portato in tavola prevede che sia guarnito con burro fuso, parmigiano e semi di papavero, ma qualche ristorante li serve anche con qualche foglia di salvia.

Un piatto di casunziei
Un piatto di casunziei

Altro giro e altra leccornia. Parliamo di chenedi (in ladino), gnocchi di pan grattato ripieni che sono la versione ampezzana dei canederli tirolesi (knödel tirolesi). Piatto povero, semplicissimo da realizzare (ma attenzione alla cottura: se è scarsa avremo gnocchi gommosi, se è eccessiva gnocchi sfatti), che valorizza i resti della cucina partendo da un semplice impasto di pane, farina e uova, a cui si possono aggiungere burro fuso e formaggio, o sugo di carne, avanzi di insaccati, verdure, persino le prugne. Si gustano asciutti o in brodo.

I chenedi
I chenedi

Dalla tradizione veneta Cortina ha ereditato di certo la polenta, che in montagna viene abbinata non solo, come da noi, coi prodotti dell’industria del latte, ma anche con le pregiati carni della selvaggina, che in autunno da quelle parti non manca mai e sono accompagnate dalle classiche marmellate di frutti di bosco.
Si potrebbe continuare a lungo, tra pastin (la pasta del salame arricchita di aglio fatta cuocere sulla brace) e pestariei (piccoli pezzi di pasta di farina bianca che vengono cotti nel latte bollente e salato), ma vogliamo finire coi dolci, decisamente influenzati dalla cultura austriaca. Cortina è probabilmente la città italiana dove si mangia il miglior strudel di mele, accompagnato rigorosamente dalla salsa alla vaniglia. Torte alla ricotta e ai frutti di bosco fanno pure parte del patrimonio gastronomico della località ampezzana, che in qualche ristorante può persino riservarvi la sorpresa di trovare una Sachertorte fatta come si deve, col suo ripieno di marmellata di albicocche. Eredità, noblesse obblige, della cultura austriaca.