Io bevo locale: la birrache vince è artigianale

Martin Lutero sosteneva che «Vinum est donatio Dei, cervetia traditio umana» ovvero, il vino è un dono di Dio, la birra è una tradizione umana. Ma c’è birra e birra. Avete l’impressione che, parlando di questa bevanda, la produzione si sia omologata e dipenda esclusivamente da pochi marchi internazionali? Sbagliato! Sono le cifre a dirlo: stando ad un documento dell’Amministrazione federale delle Dogane, nel 1940 in Svizzera erano attive 60 birrerie, mentre nel 2017 il loro numero era arrivato a 869. Ma il «Registro dei fabbricanti di birra della Confederazione», (dati di agosto 2019), ne censisce addirittura 1’398, alcune delle quali evidentemente non sono attive. Se si cerca, insomma, la buona birra dal gusto particolare e a chilometro zero si trova facilmente, anche se la fetta più grande del nostro mercato è saldamente tra le mani delle grandi multinazionali.
Il fenomeno della birra artigianale è in aumento, si può parlare di un vero e proprio boom anche nel nostro Cantone, dove (vedi box) sono iscritte al registro 25 birrerie. La prima richiesta per produrre birra in Ticino risale al 1828, quando Felice Lombardi di Airolo chiese al Gran Consiglio la privativa per 15 anni di fabbricare birra nel Cantone. Ogni città ebbe poi il suo birrificio, la Birra Bellinzona, la Birra Nazionale a Locarno, la Birra Lugano (fondata da Romiglio Vassalli nel 1895), la storica Birreria Rosian di Faido (che cessò la produzione nel 1972) e altre ancora. Nel corso degli anni Ottanta tutto finì, le piccole birrerie locali vennero inghiottite dai grandi marchi – in Svizzera Feldschlösschen e Cardinal (ossia la danese Carlsberg) e Calanda ed Eichof (l’olandese Heineken) – fino alla rinascita, che comincia a Bioggio nel 1999 per merito di Eric Notari, titolare dell’Officina della birra. «Sì, sono stato io a riportare la produzione di birra in Ticino, dopo essere stato folgorato nel corso di una fiera dedicata a questa bevanda a Monaco di Baviera. Ho ripreso la vecchia osteria del paese col bocciodromo e l’ho trasformata, inserendo una birreria. La produzione è partita da lì e dopo di me la filiera è cresciuta. Oggi anche in Ticino sono in tanti che provano a produrre birra. Io però non sono un ristoratore e col passar degli anni ho ceduto il ristorante, ampliando sul retro i locali nei quali ho installato la nuova birreria» racconta Notari, che ora gestisce l’azienda con il figlio e la passione per la birra l’ha ereditata dal nonno.
Oggi la sua «Officina» produce 200 mila litri all’anno di una bevanda le cui origini risalirebbero addirittura a 13 mila anni fa. «Con un volume di questo genere si può cominciare a fiatare» dice Notari, il cui commercio si rivolge principalmente ai ristoranti, a qualche società e ai privati. Dunque si può vivere della produzione della birra in Ticino? «Se si è da soli a gestire il business bisogna vendere almeno 50 mila litri di birra l’anno per vivacchiare » risponde Eric. Ma che differenza c’è tra una birra industriale e una artigianale, prodotta cioè in un piccolo birrificio? «Fondamentalmente la differenza la riassumerei nel fatto che la birra industriale è pastorizzata, quella artigianale no. Si può dire quel che si vuole, ma pastorizzare un prodotto significa farlo morire!».
Il revival della birra artigianale, che così tanto successo sta ottenendo un po’ in tutto il mondo e non solo in Svizzera, è probabimente una risposta del consumatore data alla globalizzazione dei gusti e dei sapori. «Sembrerà strano, ma la tendenza anche in questo caso arriva dagli Stati Uniti. È lì che sono nate le microbirrerie per opporsi alla standardizzazione dilagante. Negli USA il 30% della birra sul mercato è prodotta dalle piccole birrerie, da noi la percentuale è del 3%». All’Officina della birra nel corso di un anno si producono una ventina di qualità differenti che variano a dipendenza delle stagioni, mentre cinque altre tipologie, imbottigliate, sono sempre in commercio. Poi ci sono i grandi «cru»: birre elaborate con lieviti speciali che non lavorano solo per pochi giorni, ma per anni dentro botti di legno (barriques) e danno origine a vere e proprie prelibatezze destinate agli intenditori, difficilmente reperibili sul mercato e vendute al prezzo di una bottiglia di buon vino.
Una bevanda per tutte le stagioni
A proposito di bottiglie: meglio consumare birra conservata in lattina, in bottiglia o alla spina? «A livello di gusto non ci sarà nessuna differenza – afferma Notari – il problema risiede nel fatto che la birra alla spina va tirata subito dal fusto altrimenti si deteriora. La conservazione ideale è sicuramente nella lattina, perché la birra è sensibile alla luce e in questo senso l’uso della bottiglia può prestarsi a generare qualche problema». Amatissima soprattutto nella stagione estiva («Ma io ho qualche dubbio in proposito: la birra è una bevanda per tutte le stagioni, se ne beve di più in estate solo perché ci sono più occasioni » dice Eric) la bionda che peraltro può anche essere rossa o marrone scuro (la differenza la fa il tipo di malto che viene utilizzato) si realizza con quattro elementi di base: acqua, malto d’orzo o di frumento, luppolo e lievito. In estrema sintesi, il malto viene macinato e miscelato con acqua tiepida, portata poi a temperature elevate per ottenere il mosto che viene poi fatto raffreddare e fermentare aggiungendo dei lieviti. Finita questa fase la birra viene filtrata, eventualmente pastorizzata (ma non nella cosiddetta produzione artigianale) e imbottigliata.
In casa
Tutto sommato si può fare anche in casa e ci sono infatti un sacco di appassionati che si cimentano in questo senso, utilizzando appositi kit che si trovano in taluni supermercati. «È difficile realizzare un buon prodotto, lavorare con un’igiene irreprensibile è un obbligo per non trovarsi in bottiglia cattivi gusti. Il 70% del lavoro di un mastro birraio consiste nel tenere pulita perfettamente la propria attrezzatura» dice Eric Notari, al quale chiediamo anche quanto tempo si conserva una birra. «In realtà una data di scadenza va indicata per legge, ma teoricamente una birra si conserva ben oltre quella data. I nostri vecchi dicevano che fin che la birra fa la schiumetta si può consumare senza problemi. Sono d’accordo».