Cucina

La sfida di un giovane chef luganese: «Ho lavorato con i grandi, ora apro in centro a Milano»

Riccardo Quadri, allievo di Carlo Cracco e Bernard Fournier, apre il suo Quadri Bistrot: «Per crescere bisogna avere il coraggio di mettersi in gioco»
Mattia Sacchi
18.10.2023 10:45

Mai puntare contro un asso di... Quadri: «Nessuno avrebbe mai scommesso che avrei fatto carriera in cucina. Eppure sono ancora qua...». E con orgoglio che Riccardo Quadri racconta il suo primo anno da chef patron del Quadri Bistrot, nel cuore di Milano. Un'avventura, quella del trentenne luganese, cominciata proprio un anno fa, il 17 ottobre 2022: «È stato un passo complicato. Mettersi così in gioco a questa età, in una città competitiva come Milano e con la responsabilità di dover garantire lo stipendio ai miei collaboratori, non era affatto scontato: ma dentro di me sentivo che per crescere avrei dovuto raccogliere questa sfida».

Una sfida a cui Quadri non si è fatto trovare impreparato: prima di aprire il suo ristorante ha infatti imparato dai più grandi. «Ho cominciato i miei studi all'Alma di Gualtiero Marchesi, per poi approdare nelle cucine di Villa Principe Leopoldo di Dario Ranza e della Candida di Bernard Fournier. Due maestri che mi hanno insegnato tecniche ed etica del lavoro. Successivamente sono andato a Milano da Carlo Cracco: anche lui aveva scommesso che non sarei durato 2 settimane e invece sono rimasto 5 anni, intervallati da un periodo con Yannick Alléno, aprendo anche il suo ristorante a Portofino. Un periodo significativo, dove ho capito quale sarebbe dovuta essere la mia direzione». 

Ed è proprio per questo che, appena è arrivata l'occasione giusta, lo chef luganese l'ha colta: «Ho avuto la possibilità di rilevare il ristorante di Via Solferino di Andrea Berton: per quanto sia un luogo simbolico dell'alta ristorazione milanese volevo però che riflettesse la mia identità. Per 6 mesi mi sono messo al lavoro per ristrutturarlo e sentirlo mio, senza nessuno studio architettonico o di interior design». Non a caso c'è molto Ticino, non solo nel menù: «Sono onorato di ospitare molte opere di Klaus Prior, grande artista tedesco che vive da 50 anni nel nostro cantone. Poi è ovvio che nei piatti si trovano molti dei miei ricordi e delle mie origini, che ho cercato di declinare al mio concetto di ristorazione, che vuole essere dinamica e giovane, pur mantenendo una certa raffinatezza».

Proprio trovare la giusta identità in cucina è fondamentale per incontrare i gusti della clientela: «Se c'è una cosa che ho imparato è che, per quanto voglia proporre la mia filosofia, bisogna mettere il cliente al primo posto. Non cuciniamo per noi stessi ma per loro: per questo dobbiamo essere bravi a coinvolgerli in ogni aspetto dell'esperienza che possono vivere nel nostro bistrot, che sia fare il nostro percorso degustazione o godersi un aperitivo informale con gli amici».

Un'esperienza che sembra aver convinto la difficile clientela milanese: «Sono contento di vedere che le persone che ci scoprono poi tornano. Piano piano si cresce e questo mi permette di guardare con più sicurezza al futuro. Ma la cosa che mi dà più soddisfazione è vedere che la squadra che ho scelto per collaborare con me è unita e ha voglia di fare bene: spero di riuscire a trasmettere ai giovani quella passione e quella dedizione al lavoro che i grandi chef hanno trasmesso in me».