Il New York Times: lo spritz è pessimo

New York odia lo spritz? Calma. Il New York Times comunque detta questa linea: un drink sopravvalutato, sottolinea. E via con le repliche, alcune delle quali anche molto pittoresche: chi lo difende, chi segue appunto la linea.
Tutto nasce da una recensione pubblicata ieri a firma Rebekah Peppler, dal titolo (inequivocabile) «The Aperol Spritz Is Not a Good Drink». L’incipit è romanzato. Si parla di Italia, di quella fascia oraria in cui all’italiano medio monta la voglia (quasi la necessità) di un aperitivo. Lei, Rebekah, che sugli aperitivi ha pure scritto un libro, «Apéritif. Cocktail Hour the French Way» - che già fa capire da che parte stia, tra Francia e Italia -, parte morbida e ammette: «Lo spritz ha delle qualità che io posso capire. È effervescente, bello ghiacciato e ha una tonalità di arancione che può rivaleggiare con un tramonto da cartolina». Lo senti arrivare, un «ma». E infatti arriva poco dopo. «But...». Ahia, eccoci. «Ma c’è un problema: l’Aperol spritz non è buono». Rebekah critica il tipo di bicchiere in cui è generalmente servito, sottolinea l’uso di un prosecco di bassa qualità e poi la presenza della soda. E quella fetta di arancia? «Alla fine è come un Capri Sun (un succo conosciutissimo negli States e prodotto da una ditta con sede in Svizzera, ndr) dopo un allenamento di calcio in una giornata bollente. E non è una buona cosa». Lo dice anche.
La Peppler ha chiesto conferme anche a un’altra esperta, Katie Parla, un’americana che vive a Roma, autrice di un libro di ricette dal Sud Italia. Entrambe, sia Peppler che Parla, hanno un proprio sito dedicato alla loro comune passione. In questo caso hanno un’antipatia comune: quella per lo spritz. La Parla conferma appunto come spesso si usi un prosecco scadente. E poi dice che, se non lo si serve subito, «il ghiaccio si scioglie e diluisce il tutto, dando vita a una versione acquosa di quella che già di suo non è di certo la migliore espressione di un drink». In tutti i casi, nel finale, l’autrice dell’articolo concede un’apertura ai suoi lettori: «Per me, uno spritz ben fatto è ideale per aprire una serata». E poi una cosa condivisibile: «Se alla fine ha il gusto di una medicina per bambini, è sbagliato. Ed è un punto di partenza ideale per un hangover garantito».
Sì ma l’anno scorso...
Lo stesso New York Times dimostra di avere idee perlomeno contrastanti in merito al drink di origini veneziane. Già, perché lo scorso anno, nel mese di luglio, in questo caso a firma Tariro Mzezewa, il quotidiano della City aveva pubblicato un articolo dal titolo «There’s a Reason You’re Drinking So Much Aperol Spritz». Nel pezzo in questione, la Mzezewa sottolineava come tale drink fosse quello dell’estate, grazie in particolare a un’aggressiva campagna di marketing. Insomma, forse lo spritz si è allargato fin troppo...
Le reazioni
Su Twitter, c’è chi si è affrettato a salire sul carro guidato da Rebekah Peppler. «Orribile, sembra petrolio», dice una esuberante scrittrice londinese. «Pessimo. Fa schifo», dice un altro. Ma c’è chi le ha dato contro: «Usa un buon prosecco e il problema è risolto». Un’altra: «Probabilmente non sei veneziana e non hai idea di come si faccia un vero spritz». Largo ai meme, che vanno da Friends a Tina Cipollari. Schieramenti chiari, perché evidentemente lo spritz o lo ami o lo odi. Tra chi lo odia, anche la star televisiva britannica (esperta di cucina) Nigella Lawson, che sottolinea: «Sono d’accordo con il New York Times. Perché bere un aperitivo come l’Aperol Spritz quando si possono scegliere un Campari Soda o un Americano?».
La sua storia
La Treccani lo definisce così: «Aperitivo a base di vino bianco, acqua frizzante o selz, bitter o vermut». Su Wikipedia leggiamo: «Le origini dello spritz sono ignote, ma sembra che l’origine sia da rintracciare in un’usanza dei soldati dell’Impero austriaco, di stanza in quella che in precedenza era la Repubblica Serenissima e poi fece parte del Regno Lombardo-Veneto, i quali, abituati ad un consumo di birra con un grado alcolico minore, per stemperare l’elevata gradazione alcolica dei vini veneti li avrebbero allungati con seltz o acqua frizzante; da qui si vuole l’origine del nome, che si vuole derivare dal verbo tedesco austriaco spritzen, che significa spruzzare, il gesto appunto di allungare il vino con l’acqua frizzante (...). Come cocktail lo spritz nasce presumibilmente tra gli anni Venti e Trenta del Novecento a Venezia, quando si pensò di unire a tale usanza l’Aperol (presentato alla Fiera di Padova nel 1919) o il Select (prodotto dai fratelli veneziani Pilla)».
La ricetta
Per la ricetta ci affidiamo al noto sito Giallozafferano, che suggerisce l’utilizzo di Aperol (1/3), vino bianco secco (1/3) e seltz (1/3), più ghiaccio a cubetti e una fetta di arancia. E poi si aggiunge: «Un’altra versione dello spritz prevede, al posto del vino bianco secco, l’utilizzo del prosecco». Nel sito della Aperol, la ricetta è diversa: 3 parti di prosecco, 2 parti di Aperol e una parte di soda, più ovviamente ghiaccio e fetta di arancia. Tante, comunque, le varianti. Cosa abbinare? Ideale il finger food, magari a base di pesce. Visto che si va verso l’estate, magari una bella piadina. Ah, la nostra Chiara Nacaroglu, direttamente da Venezia, la patria dello spritz, ci manda un contributo video tutto da vedere: chissà che non riusciate a prendere qualche appunto sulla vera ricetta...