Indemini
«L’intelligenza della mano dei muratori indeminesi – scrive ancora Gilardoni – si manifesta negli spigoli arrotondati delle case, nel selciato dei viottoli, nell’arte dei legamenti dei tetti, nella bellezza dei muri che si piegano dolcemente ad angolo smussato e che segnano i viottoli creando volumi e prospettive di notevole bellezza».
Visitando il nucleo, si rimane colpiti da quanto sono strette le viuzze che si intersecano tra di loro, formando un labirinto in cui è facile perdersi, malgrado si tratti di un piccolo villaggio. Il borgo risulta talmente compatto che ha indotto Gilardoni a definirlo un «villaggio-fortezza». L’abitato è soleggiato e rivolto a sud, mentre la corona dei monti e il passo Neggia lo riparano dalle raffiche, a volte impetuose, dei venti settentrionali.
Indemini è un villaggio isolato, distante e remoto. Verrebbe da chiedersi quali motivi spinsero i primi abitanti a stabilirsi in un luogo così ostico, limitati a sud da dirupi che segnano il confine con l’Italia e separati a nord da una catena di monti. Prima che venisse costruita la strada nel 1917, l’accesso al Gambarogno avveniva valicando le montagne. Il collegamento con la lombarda Valle Veddasca risale invece al 1966. Grazie forse alla sua posizione tanto discosta sia da sud che da nord, questo meraviglioso villaggio ticinese si è salvato dalla devastazione e dalla deturpazione edilizia degli anni Sessanta. Oggi, visitandolo, si ha l’impressione che il tempo si sia fermato.