Il fenomeno

Le «childfree»: donne senza figli

Nel mondo occidentale continua a crescere in numero di persone inclini a non diventare genitori
Nel mondo occidentale continua a crescere in numero di persone inclini a non diventare genitori
Valeria Camia
10.11.2021 13:29

Era il 2015, quando Megan Daum, opinionista del Los Angeles Times, pubblicava «Egoisti, superficiali ed egocentrici: sedici scrittori sulla decisione di non avere figli», un libro-denuncia in cui la giornalista raccoglieva testimonianze del clima di incomprensione, incredulità e persino ostilità con il quale alcune persone senza figli «per scelta» dovevano convivere in America. Quasi sette anni dopo la pubblicazione del volume, nel mondo occidentale continua a crescere in numero di persone inclini a non diventare genitori - anche se spesso il fenomeno è articolato nei media (e affrontato a livello sociale, economico, istituzionale) come se fosse una questione solo di pertinenza «femminile». E infatti è divenuto piuttosto comune riferirsi alle donne che non desiderano diventare madri chiamandole le «childfree» e, talvolta, le «childless» - letteralmente quelle che sono «libere dai figli» o «senza figli»: negli Stati Uniti lo sono quattro donne ogni dieci sotto i 50 anni; mentre in Italia costituiscono il 22,5% delle nate a fine anni Settanta. Si tratta per lo più di lavoratrici, occupate in sfide professionali e ben istruite, che - rivelano i sondaggi - danno priorità alla carriera lavorativa o che, più in generale, pur desiderando un figlio, rivelano una debole motivazione intrinseca alla maternità. Le ragioni di questa scelta sono diverse, alcune individuali, altre socio-economiche.

Come recentemente ricordato da Roberto Pani, professore di Psicologia Clinica all’Università di Bologna, nella società contemporanea, che esalta continuamente la perfezione estetica femminile, alcune donne temono la trasformazione del corpo che avviene durante la gravidanza. Secondo altre ricerche in ambito psicoanalitico, la scelta di non avere figli andrebbe ricercata nel legame che la donna ha avuto con la propria madre. Là dove ci sono state figure troppo accudenti, iper-protettive e anche intrusive, non è raro che le figlie scelgano, in qualche modo, di disfarsi del senso materno, percepito come troppo presente o addirittura soffocante. Accanto a questi motivi personali, va poi ricordato l’impatto di adeguate politiche che incentivano e tutelano le pari opportunità, la cui assenza influenza la scelta delle donne a non percepire la genitorialità come una strada perseguibile.

La questione riguarda anche il nostro Cantone
. A ricordarlo è Vanessa Ghielmetti, co-direttrice dell’Associazione ticinese Equi-lab: «Anche se cresce l’attenzione a pratiche di lavoro che prendono in considerazione le esigenze della famiglia, di congedi parentali e di soluzioni per la cura dei bambini e degli anziani, la conciliabilità rimane prevalentemente declinata al femminile. Ci si muove, così, nell’ottica di trovare unicamente soluzioni su misura per le donne, ma questo rischia di essere una pratica scarsamente efficace e di rafforzare la segregazione esistente nel mercato del lavoro». Per molte donne, il risultato è che si rimanda la maternità; o si sceglie di non cercarla.