MUSEI & MONUMENTI / Monumenti

Madonna del Sasso a Orselina

Il santuario della Madonna del Sasso a Orselina è il più importante della Svizzera italiana. Da secoli i pellegrini si incamminano verso il Sacro Monte, dove, secondo la tradizione, nel 1480 apparve la Vergine Maria. Due i percorsi possibili: la ripida Via Crucis oppure il sentiero nella selvaggia valle su cui si affacciano alcune cappelle. Chi preferisce la comodità può salire con la funicolare da Locarno. Numerose le opere d’arte custodite nel Santuario (stucchi, affreschi, ex voto, tele del Bramantino e di Antonio Ciseri) e rivalorizzate dal restauro terminato nel 2013.
Giò Rezzonico
Carla Rezzonico
Giò RezzonicoeCarla Rezzonico
01.01.2022 12:00

 

 

La storia

Il Sacro Monte è un complesso architettonico che comprende la chiesa dell’Annunciazione, la Via Crucis e la strada delle cappelle, la basilica della Madonna del Sasso e il convento. Il primitivo nucleo nacque con la costruzione (1485-87 circa) di una cappella con una statua della Vergine su iniziativa di un frate, Bartolomeo da Ivrea del convento dei Francescani di Locarno.

La tradizione vuole che proprio in quel luogo nella notte tra il 14 e il 15 agosto del 1480 la Madonna con in braccio il Bambino apparisse a fra’ Bartolomeo. A seguito di quella visione egli si ritirò sul colle in preghiera, vivendo in una grotta. I documenti segnalano solo lasciti e vendite connesse alla nascita di un centro di devozione mariana sullo sperone roccioso posto tra i due rami del torrente Ramogna. Le prime descrizioni del fatto miracoloso sono del 1625. 

Non si sa se l’idea di un Sacro Monte sia da attribuire a fra’ Bartolomeo (che morì tra il 1511 e il 1513); di sicuro attorno al Sasso nacque una devozione popolare che ben presto trasformò la primitiva cappellina in chiesa (ampliamenti nel ‘500 e nel ‘600) e l’eremo in un piccolo convento. Il progetto di un Sacro Monte – una forma di architettura religiosa molto diffusa in quel tempo nella zona dei laghi (ve ne sono a Varese, Orta, Varallo) – riuscì invece solo in parte: fu costruita la chiesa dell’Annunciazione, ai piedi del colle, e alcune cappelle nella via che sale il vallone ombroso, di cui rimane ben poco. Attorno al 1617-19 si aprì un nuovo cammino con l’intenzione di dedicarlo al rosario; in seguito le cappelle della Via Crucis furono dipinte (1817). Le vicende storiche nel neonato cantone Ticino portarono sul Sasso, alla metà dell’Ottocento, i frati cappuccini, che a loro volta diedero vita a una campagna di rinnovamenti sia nel convento che nella chiesa.

  

La salita al Sacro Monte

Si consiglia di salire a piedi seguendo il percorso dei pellegrini, che si recavano sul colle a invocare aiuto o a ringraziare per un pericolo scampato grazie all’intercessione della Vergine, e di visitare in seguito la basilica e il museo, che conservano la collezione di ex voto più nutrita del cantone.

Si parte dai portici di Locarno e si seguono Via delle Monache, Via dei Cappuccini e Via al Sasso per raggiungere la chiesa dell’Annunciazione e le vicine cappelle di San Giuseppe e della Visitazione. Subito dopo, dove un dipinto ricorda la miracolosa apparizione della Madonna nel 1480, il cammino si biforca: a sinistra sale la ripida Via Crucis, a destra si apre, in una valle selvaggia, la strada delle cappelle, che sono purtroppo quasi tutte scomparse (in una delle poche superstiti si trovano gruppi scultorei). Entrambe le vie portano al santuario (vale la pena percorrerne una all’andata e l’altra al ritorno). In poco meno di mezz’ora si raggiunge la sommità del Sacro Monte, dove sorgono la basilica e il convento. 

  

Il santuario

Dall’ingresso si può raggiungere il cortile su cui guarda l’abitazione dei cappuccini; ci si trova di fronte una cappella con un’ancona gotico-lombarda della fine del XV secolo raffigurante un’intensa Pietà, alla cui destra si apre la primitiva dimora dei frati («casa del padre»), che ora è adibita a museo e ospita un gran numero di ex voto. Nella vicina cappella von Roll è stato collocato un gruppo ligneo quattrocentesco con le figure dolenti del Santo Sepolcro. Salendo la scalinata s’incontrano la cappella dell’Ultima cena con un gruppo in terracotta attribuito a Francesco Silva di Morbio (prima metà del Seicento) e, continuando, una nicchia con una Pietà in legno (XVII – XVIII secolo), la cappella dello Spirito Santo, anch’essa attribuita a Silva, e un grande Crocifisso. L’ultima scalinata porta alla basilica e al sagrato panoramico da cui la vista spazia sull’orizzonte segnato dal lago e dalle montagne. 

  

La basilica della Madonna del Sasso

La facciata della basilica, rifatta alla fine dell’Ottocento, è preceduta da un ampio piazzale da cui si scorge uno dei due fianchi del colle roccioso e la valle profonda e selvaggia. Di fianco alla chiesa si apre una loggia con porticato da cui si gode una bella vista sul Locarnese. 

L’interno, diviso in una navata centrale e due navatelle laterali, è coperto da volte decorate da stucchi e affreschi. Nella navata a destra si trova la pala della Fuga in Egitto di Bartolomeo Suardi detto il Bramantino (circa 1520); in quella a sinistra il Trasporto di Cristo al sepolcro che Antonio Ciseri di Ronco sopra Ascona dipinse a Firenze verso il 1870 (i disegni preparatori si trovano nel vicino museo). Tra le altre opere d’arte custodite nella basilica, l’Annunciazione di Bernardino de Conti (circa 1500) e il Transito della Vergine, grande tela della seconda metà del Seicento.

Il suo punto focale si trova però nell’altar maggiore del 1792 che reca la statua della Madonna del Sasso, una scultura in legno della fine del ‘400.

 

Gli ex voto

La devozione mariana è testimoniata da centinaia di ex voto: tavole dipinte, ricami, stendardi, cuori d’argento, semplici biglietti di ringraziamento. Un discorso di speranza e disperazione che continua e si amplia nel museo, dove è esposto un cospicuo numero di ex voto legati alla storia del santuario, oltre a due collezioni acquisite nel 2001 e provenienti dall’Italia (1800-1930 circa, cultura rurale).

Gli ex voto dipinti del santuario sono circa 150, di cui 35 del pittore valmaggese Vanoni, e coprono l’arco di alcuni secoli (soprattutto Ottocento e Novecento, uno del 1733, alcuni recenti).

Attraverso le rappresentazioni è possibile seguire l’evoluzione della vita quotidiana nel cantone. Gli incidenti coinvolgono dapprima carri, carrozze, diligenze e via via automobili, tram, treni; alle disgrazie contadine (il morso del serpente, la caduta nel torrente) si sostituiscono quelle legate al traffico, ai cantieri, al vivere «cittadino»: gli ambienti borghesi si affermano su quelli paesani. E poi i drammi di sempre: le malattie, gli incendi, gli annegamenti, le epidemie, le valanghe, le alluvioni, la guerra. A qualcuno ne tocca più di uno, come rivela l’ex voto multiplo datato 1812-1835, in cui compaiono ben quattro pericoli, tutti legati alla stessa persona.

 

 

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