«Mio figlio è geniale!» Nella mente dei dotati
Ci sono bambini che a quattro anni sanno leggere senza problemi. Altri che scrivono numeri a tre, quattro cifre e con questi riescono pure a svolgere delle operazioni matematiche. Giovanni Galli, psicologo e psicopedagogista, nel corso degli anni ha conosciuto molti «genietti» e ne rimane ancora oggi impressionato. «Ma io preferisco chiamarli bimbi ad alto potenziale cognitivo, che è poi l’area della mia specializzazione», dice (guarda il video con l’intervista in allegato a questo articolo). Si tratta di piccoli che hanno un quoziente intellettivo superiore a 130 (quando la media è 100) e non sempre questo particolare dono rende loro la vita facile: «Anzi! Più è alto, più le difficoltà aumentano. È un grande problema sociale», spiega l’esperto.
«Non è chiaro quale sia la causa - sottolinea Galli, dal suo studio di Muralto - . La genetica è... democratica e distribuisce il talento indistintamente. Il 2,28% circa della popolazione in Ticino, forse anche di più, rientra sotto questa categoria. Stiamo parlando probabilmente di un allievo per classe». I bambini di questo tipo non hanno un cervello diverso dagli altri, ma sembra che ci sia un’interconnessione più efficiente tra i neuroni durante le attività.
Nonostante la differenza, l’impatto con la scuola è spesso negativo: «Arrivano in aula carichi di aspettative, ma quando si rendono conto che il programma non tiene il passo che vorrebbero, entrano in una spirale di noia e di costante attesa. Sanno già leggere e scrivere, o imparano velocemente». Il rischio isolamento è alto, come pure la tendenza a mascherare le proprie capacità per adeguarsi, «ma alla lunga questo porta a frustrazione e depressione. Ci sono anche i dislessici, che riescono a superare l’ostacolo grazie alla loro intelligenza senza però sfruttare il loro potenziale”.
Ma come capire se il proprio figlio è «geniale»? «I genitori hanno un ruolo fondamentale e devono rivolgersi a uno specialista. Quando un bimbo di tre anni inizia a mostrare una curiosità debordante con una miriade di domande, sempre diverse e che richiedono risposte esaustive, allora probabilmente siamo di fronte a un profilo di questo tipo. I piccoli memorizzano subito i concetti e maturano parecchi interessi o, in altri casi, approfondiscono un unico campo». Ed è qui che entrano in gioco mamma e papà: «È un compito difficile, bisogna incoraggiarlo e mettergli a disposizione molti stimoli - conclude Galli - . Certo, si può anche decidere di non fare nulla, ma questo rischia di causare, al futuro adulto, disinteresse per gli studi e le relazioni sociali».