Osservata la radiazione di Hawking

Un buco nero è... nero: una verità lapalissiana. Troppo elevata la curvatura dello spaziotempo, troppo alta la velocità di fuga: da un buco nero non può uscire niente, nemmeno la luce. Tutto quanto supera un confine chiamato "orizzonte degli eventi" è perduto per sempre. E un buco nero è un monumento a sempiterna memoria di ciò che fu e non è più, un concentrato di materia destinato a crescere in eterno nei secoli dei secoli amen. Che altro c'è da dire? Poi però arriva un genio in carrozzella e dice che no, non è proprio così, guardate che non avete considerato le fluttuazioni quantistiche del vuoto. Eh, già, perché tu il vuoto te lo immagini... vuoto: altra lapalissiana verità. Invece nel vuoto appare dal nulla e scompare nel nulla una miriade di coppie di particelle e antiparticelle che sopravvivono per un attimo brevissimo. E no, non sono masturbazioni intellettuali di fisici teorici un po' fumati: sono invece conseguenze precise e indirettamente osservate della meccanica quantistica. Perciò, se così è, dice il genio in carrozzella, le coppie apparse proprio sul confine degli eventi possono manifestare un comportamento bizzarro: una finisce nel buco nero e l'altra no. La prima è perduta per sempre, la seconda se ne va per i fatti suoi. Come se dal buco nero venisse fuori una radiazione. Siccome è frutto del genio in carrozzella, le daremo il suo nome: radiazione di Hawking. Con una non trascurabile conseguenza: ci vorranno miliardi di anni, ma alla fine qualsiasi buco nero evaporerà. Quando questa bella teoria viene formulata, corre l'anno 1974.Problema: in tutto il tempo trascorso da allora, ci fosse uno che sia uno ad aver visto la radiazione di Hawking. Prima possibilità: osservare i buchi neri. Ora, già per loro natura sono neri e quindi invisibili e quindi è difficile capire dove stanno e quindi... insomma, ci siamo capiti. Poi la radiazione di Hawking, se c'è, è troppo debole per essere vista su scale astronomiche. Seconda possibilità: farsi un buco nero in laboratorio. E no, non stiamo parlando di quel preoccupante ma improbabilissimo buco nero che tante fibrillazioni suscitò parecchi mesi or sono, quando qualche catastrofista d'accatto suggerì che se ne sarebbe formato uno nel Large Hadron Collider del CERN a Ginevra, capace di inghiottire la Svizzera, l'Europa, la Terra e l'universo mondo. Quella era una bufala. Né è possibile mettersi lì ad accumulare e concentrare materia finché non appare un vero e proprio buco nero. Però, però... magari lo si può simulare con un sistema analogo, qualcosa che pure crei una barriera invalicabile anche per la luce, cioè un orizzonte degli eventi, seppure non di origine gravitazionale. Ebbene, un gruppo di ricercatori italiani l'ha fatto a due passi da qui, presso l'Università dell'Insubria. Il loro articolo sta per essere pubblicato da "Physical Review Letters", ma è già disponibile su arXiv.L'idea consiste nell'inviare un fascio laser infrarosso pulsante e straordinariamente intenso dentro un blocco di vetro. Conseguenza: le proprietà del vetro cambiano. In particolare cambia l'indice di rifrazione, che determina la velocità della luce nella materia. Insomma, per farla breve, dentro il vetro compare una regione chiusa, nella quale la luce può entrare ma non può sfuggire. Ed è una simulazione piuttosto efficace di un buco nero. E poi? Poi si mettono dei rivelatori tutt'intorno e si osserva. I fisici, guidati da Daniele Faccio e Francesco Belgiorno, hanno così scoperto due tipi di radiazione. C'è quella, piuttosto ovvia, prodotta dall'interazione fra il laser infrarosso e gli inevitabili difetti nel blocco di vetro. E ce n'è una a lunghezze d'onda del tutto differenti ma, guarda un po', coerenti con le previsioni teoriche sulla radiazione di Hawking. Eccola: è la luce frutto della comparsa di coppie di particelle e antiparticelle emerse dal nulla. Proprio come prescrivono la meccanica quantistica e Stephen Hawking.Ecco fatto. Tutto chiaro. Tutto risolto. O no? Beh... certo non è l'ultima parola in fatto di radiazione di Hawking. Un buco nero di quelli veri è un oggetto piuttosto complicato, nel quale intervengono fenomeni quantistici ma anche intensi campi gravitazionali. E conciliare la meccanica quantistica con la teoria della relatività generale che descrive i campi gravitazionali più intensi è una grande sfida della fisica teorica, tuttora priva di successo. Poi c'è da controllare se i fotoni della radiazione di Hawking osservata godono di una proprietà quantistica chiamata entanglement insieme con quelli intrappolati nel buco nero. Tanto per cambiare, di lavoro per il futuro ce n'è parecchio.