Palagnedra
La visita
Tra prati e campi si scorge subito la chiesa, separata dal nucleo, che si presenta unitario nonostante conservi abitazioni rustiche accanto a palazzi signorili, testimonianza dei buoni esiti dell’emigrazione. Tra il XVII e il XVIII secolo, infatti, parecchi paesani emigrarono verso la Toscana per lavorare come facchini di dogana presso la corte dei Medici, e qualcuno di loro si arricchì.
Dopo aver visitato la chiesa (si veda la descrizione che segue) ci si dirige verso il nucleo, dove s’incontra, a sinistra, un’interessante casa d’abitazione con una decorazione pittorica risalente al 1908. Davanti ad essa orto e giardino, racchiusi da un muro di cinta su cui poggia un’edicola con dipinti religiosi e iscrizioni votive. Di fronte, a sinistra un edificio abbellito da ornamenti dipinti e, a destra, casa Mazzi con lo stemma di famiglia al centro della facciata e la bella decorazione eseguita all’inizio del Novecento da artisti fiorentini. L’edificio fu costruito da Petronio Mazzi (1681-1753), che ebbe importanti incarichi presso i Medici. Tra i due edifici un viottolo che porta al centro del nucleo; a sinistra una casa con alcuni balconcini (uno reca lo stemma mediceo).
Proseguendo sulla strada che sale verso Moneto si apre un panorama sempre più ampio: sull’altro versante della valle si scorgono a destra Verdasio, a sinistra Borgnone e, più in alto, Lionza e Costa. Continuando fino a dove finisce la strada e incomincia il sentiero (dal paese sono una ventina di minuti) si scorgono Rasa, Terra Vecchia e Bordei.
La chiesa di San Michele
La chiesa di San Michele arcangelo sorge sul terrazzo su cui si trova il villaggio, ma è staccata dal nucleo. Circondata da prati, sembra dialogare con il compatto gruppo di case che le sta di fronte, a cui è collegata da un breve tratto di strada.
È stata probabilmente la chiesa madre delle Centovalli, eretta forse ancora prima del Duecento. Nei documenti compare per la prima volta nel 1231.
La costruzione attuale risale alla metà del Seicento, quando il campanile, forse tardomedioevale, fu rialzato in epoca barocca.
Gli affreschi di Antonio da Tradate
Il vero tesoro di questa chiesa è custodito nell’antico coro, che si apre sulla destra dell’altare maggiore. È lì che splendono gli affreschi di fine Quattrocento, antichi ma vivissimi nel colore e nelle forme, attribuiti ad Antonio da Tradate, un pittore di origine lombarda, assai operoso sia in Ticino che nelle regioni di confine tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento. Quello di Palagnedra è uno dei capolavori di questo artista, che qui espresse al meglio la sua sapienza cromatica, il gusto delle forme arcaiche, la vivacità della composizione, lo spiccato realismo.
Al centro del coro si ammira una grande Crocifissione, con i due ladroni, i soldati, le pie donne. Sulla volta il Cristo nella mandorla con i quattro Evangelisti, i Dottori della Chiesa e il patrono Michele, che pesa le anime, tra i Santi Abbondio e Maurizio.
Nella parete a nord si trova la Salita al Calvario; in quella a sud la Preghiera nell’orto degli ulivi. Sotto queste scene, due file con sei apostoli a cui potrebbe essere associata la pratica tradizionale dell’apostolare (chiedere aiuto in occasione della gravidanza e del parto).
Nella fascia inferiore le allegorie dei mesi presentano scene di vita contadina (febbraio pota la vite, giugno miete il grano, settembre prepara le botti, ottobre raccoglie le castagne) e cortese (aprile con i fiori e maggio con la caccia al falcone).
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