CITTÀ, PARCHI E VILLAGGI / Villaggi

Rovio

Adagiato sulle pendici del Monte Generoso, Rovio è un villaggio situato a circa 500 metri di altitudine sulla collina che guarda il lago di Lugano, sul versante sinistro della Valmara, al confine con l’Italia. Una posizione eccellente per l’ambiente naturalistico, il clima, la quiete, l’ampio panorama che si apre su orizzonti vasti di lago e montagne. Fattori che l’hanno promosso a zona residenziale di pregio. Non mancano inoltre intriganti tracce del passato, valide architetture e apprezzate produzioni enologiche.
Giò Rezzonico
Carla Rezzonico
Giò RezzonicoeCarla Rezzonico
01.01.2022 12:00

  

  

Cenni storici

Chissà se la coltivazione della vigna in questo villaggio soleggiato e tranquillo l’hanno introdotta veramente i romani? Di certo si sa che le origini di Rovio sono antichissime, come testimoniano i ritrovamenti risalenti all’età del ferro, la presenza di un’ara romana inserita nel muro di un’abitazione, i numerosi sarcofagi sparsi nelle piazzette e trasformati col tempo in fontane. Del passato più recente raccontano i palazzi abbelliti da stucchi e affreschi, le chiese, le case rustiche, le strette vie, la verde campagna.

Il clima mite (già a inizio Novecento Rovio vantava la presenza di un Kurhaus) favoriva certamente le attività agricole, campicoltura e viticoltura, a cui si affiancava come da tradizione l’allevamento ma anche la produzione di carbone di legna e l’emigrazione. Quella di Rovio, Arogno, Melano e dei villaggi vicini, al di qua e al di là della frontiera, era un’emigrazione di maestranze attive nell’edilizia («i maestri comacini»), che portavano abilità e tocco artistico dalla regione dei laghi all’Europa intera.

Famiglie come quelle dei Carlone, dei Bagutti, dei Colomba per generazioni diedero manodopera di valore ai cantieri più prestigiosi di Boemia, Austria, Italia, Germania, Gran Bretagna. Un «saper fare» di architetti, stuccatori,  muratori, artisti che ha lasciato tracce in molte dimore signorili, in cattedrali e residenze reali di numerosi centri europei ma anche nei paesi natali, a cui questi emigranti facevano dono, in occasione dei loro rientri, di segni che ancora oggi sfidano il tempo.

  

La visita

Rovio si raggiunge da Melano, seguendo la strada che sale e dopo alcuni tornanti porta in breve al villaggio. La chiesa parrocchiale, dedicata ai santi Vitale e Agata, accoglie il visitatore con la sua facciata in mattoni rossi, risultato del restauro degli anni ‘90, opera dell’architetto Tita Carloni, cittadino di Rovio ed esponente di quella «nuova architettura ticinese» che nella seconda metà del Novecento ha creato ragguardevoli e innovative opere in tutto il cantone (e non solo).

Di fronte alla parrocchiale, che custodisce opere di artisti locali e merita senz’altro una visita, un breve cammino porta al colle di San Vigilio, uno degli angoli più spettacolari e affascinanti del villaggio. La chiesetta romanica, solitaria presenza alla sommità, risale all’XI secolo e conserva al suo interno un’abside affrescata con il Cristo in Maestà, la Madonna e gli Apostoli, figure dai colori vividi e dagli abiti sgargianti. Appena sotto l’edificio religioso, alcuni rigogliosi vigneti; alle spalle, sullo sfondo, le cime del Generoso

Tornati alla piazza ci si può incamminare verso il nucleo dalle strette viuzze attorniate da belle costruzioni dei secoli scorsi impreziosite da affreschi e bassorilievi. Nel comprensorio del villaggio sorgono anche alcune costruzioni contemporanee felicemente inserite nel contesto ambientale.

In località Inbasso, sotto il villaggio, un'interessante costruzione moderna progettata dall'architetto Luigia Carloni Cairoli di Rovio, ospita la cantina di Gianfranco Chiesa, uno dei più rinomati produttori ticinesi.

  

Angelo Frigerio, cantore della civiltà contadina

Il testimonial più noto di Rovio è stato senz’altro Angelo Frigerio, «ul Scior Maestru», grande conoscitore e divulgatore della civiltà contadina, di cui ha raccontato per oltre cinquant’anni con competenza, rispetto e affetto.

Nato nel 1920, patrizio di Rovio, Frigerio entrò nel mondo del lavoro proprio nel campo dell’edilizia come molti suoi compaesani: con la Società dei Luganesi di Sant’Anna, confraternita di muratori e gessatori, si recò a Torino, dove conseguì il diploma in arte muraria in età molto precoce. Ma il suo cammino avrebbe preso presto strade diverse. Dopo aver frequentato la Scuola Magistrale, si avvicinò all’agricoltura e seguì la Scuola agricola del Vallese. Al ritorno, fu assunto dal Cantone, diventando in seguito segretario agricolo cantonale.

Insegnante, consulente, esperto di agricoltura, Frigerio per molti anni ha curato la trasmissione radiofonica «L’ora della terra», seguitissimo programma della domenica mattina, da cui dispensava consigli sul settore agricolo ma anche poesie di Ungaretti o Trilussa. Con il passare degli anni, il capitale di simpatia che si è conquistato è andato man mano aumentando e i suoi libri sono tuttora molto apprezzati. Al suo villaggio natale, Angelo Frigerio ha dedicato «Il mio primo ‘900», una raccolta di memorie riguardanti il vivere quotidiano nella società contadina: tradizioni, modi di dire, ricordi.

  

 

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