Il Percorso del cemento
Strettamente legato alla storia geologica delle gole della Breggia è lo sfruttamento industriale della roccia. A partire dagli anni ’60 del Novecento, l’area rurale costituita dalla piana all’imbocco del parco ha mutato drasticamente aspetto. Case, stalle e fattorie hanno lasciato il posto alle costruzioni del cementificio Saceba. L’attività è proseguita fino al 1980 a ritmo serrato; la chiusura definitiva è del 2003. Si produceva il cemento «utilizzando i depositi calcarei sedimentatisi sul fondo della Tetide (l’antico oceano che separava il continente europeo dall’Africa settentrionale e dall’Asia) tra 140 e 120 milioni di anni fa». Il materiale si estraeva dapprima dalle cave a cielo aperto sotto la Chiesa Rossa di Castel San Pietro, in seguito dalle viscere della montagna. La produzione riforniva i cantieri edili del Ticino negli anni del boom economico e delle grandi costruzioni: autostrade, gallerie e trafori, dighe.
La ferita delle deturpanti strutture è stata affrontata preferendo la conservazione parziale alla demolizione; la riqualifica dell’ex zona industriale, un esempio unico in Svizzera, racconta ora la storia del luogo e diventa spunto di riflessione sul territorio e sul suo sfruttamento.
La visita
Durante il percorso guidato viene descritto dapprima il processo di trasformazione dalla roccia al cemento e le fasi di lavorazione, grazie all’ausilio di alcuni pannelli. Si entra in seguito nelle gallerie, muniti di casco con lampada frontale, giubbotto riflettente (forniti sul posto) e naturalmente scarpe adeguate. La temperatura si aggira sui 14° C e l’umidità è elevata. La visita non presenta difficoltà ma è sconsigliata in caso di disturbi cardiocircolatori, diabete, claustrofobia, epilessia o gravi difficoltà motorie.
Per concludere si visita l’imponente struttura dell’ex cementificio. Il grigio del cemento si contrappone al rosso che caratterizza gli interventi di riqualifica, ad esempio la scala che permette di salire ai piani superiori. Tra macchinari arrugginiti e forni ormai freddi, in un silenzio irreale, un’esposizione didattica ripercorre la storia del cemento e quella del Ticino, con le sue contraddizioni. Grazie alla proiezione di un filmato ci si immerge negli anni ‘60-70. E poi è tempo di uscire all’aria aperta, nello splendido paesaggio delle Gole della Breggia.
La corte del vino nell'antico mulino
A una delle entrate del parco si trova l'antico mulino del Ghitello, che risale ai primi anni del Seicento, situato nei pressi di un’ansa del torrente Breggia. Qui si macinava granoturco, frumento, segale, orzo e anche castagne; c’erano pure un forno e un frantoio per torchiare noci e semi di lino e ricavarne olio. Le attività, che sono cessate attorno alla metà del Novecento, servivano parecchi villaggi della regione, tra cui Balerna, Castel San Pietro, Morbio Inferiore, Novazzano, Vacallo e Salorino.
Oggi la costruzione, restaurata tra il 1997 e il 2006, è di proprietà della Fondazione del Parco delle Gole della Breggia. Ed è proprio tra queste storiche mura che ha preso avvio l’attività della corte del vino, dove si vuole promuovere l’enologia ticinese unitamente alle altre prelibatezze della nostra terra. Ai vini, serviti anche al bicchiere, possono venire abbinati formaggi e salumi, che sono tra i prodotti più caratteristici del territorio, ma c’è anche l’opportunità di assaporare alcuni piatti serviti all'aperto nella splendida cornice del parco.