Sonogno e il «cammino delle spose»
La visita del villaggio
Il personaggio più noto di Sonogno è certamente Cherubino Patà (1827-1899), il pittore che in giovane età emigrò in Francia e lavorò per quel grande maestro, riconosciuto dalla storia dell’arte universale, che fu Gustave Courbet. La chiesa parrocchiale di Sonogno, appena restaurata, è affrescata da opere giovanili del Patà. A ventun anni, espulso dalla Lombardia, il pittore tornò al suo paese nativo e dipinse una Natività, un’Annunciazione e alcune figure di santi.
Nella parte alta del nucleo, sulla facciata di una casa che appartiene a lontani antenati del Patà si può ammirare un affresco attribuito al pittore Rotanzi. Il dipinto, della fine del Settecento, è particolarmente curioso, perché palesemente ispirato dal Giudizio universale, capolavoro realizzato da Michelangelo nella Cappella Sistina a Roma.
Sulla piazza, oltre al Museo, si affaccia la «Casa della lana», dove si mantiene viva la lavorazione artigianale della lana di pecora. Poco lontano si trova invece il vecchio forno per il pane, ancora in uso.
L’itinerario
Dal nucleo del villaggio si prosegue lungo il sentiero sul lato destro del fiume in direzione della val Redorta, attraversando uno splendido lariceto, considerato uno degli alberi più nobili della flora alpina. D’inverno, a differenza per esempio dell’abete rosso molto presente in valle, il larice perde gli aghi, impedendo alla neve polverosa di appesantire i rami. Non trattenendo la neve i larici non cadono e raggiungono altezze molto elevate, con tronchi diritti. D’estate, inoltre, nei lariceti cresce l’erba e questo permette il pascolo degli animali.
Costeggiando il fiume si giunge alla cascata della Froda. È piacevole ascoltare il frastuono dell’acqua che precipita da un’altezza particolarmente elevata in un romantico laghetto. Poco più avanti nei prati, prima di attraversare il ponticello che porta sulla strada asfaltata, è possibile osservare una rarità botanica: il licopodio. Si tratta di una piantina che ha origini lontanissime: 300 milioni di anni fa cresceva in forma di alberi altissimi, poi nel tempo è andata regredendo fino a confondersi nell’erba.
A Püscen Negro, lungo il cammino delle spose
Al termine della strada asfaltata, prima di imboccare il sentiero per Püscen Negro, si sale sulla destra per raggiungere in cinque minuti la località Scim i Mott. Su un muretto accanto alle case, Franco Binda, grande esperto in materia, aveva scoperto un masso cuppellare. Si tratta di sassi misteriosi, sui quali sono stati scavati canaletti e spazi tondi. Presenti in molte delle nostre montagne, non si sa a cosa servissero; si sono fatte molte congetture, ma nessuna è stata provata scientificamente.
Dopo questa breve deviazione, si ritorna indietro per prendere il sentiero che sale verso il monte Püscen Negro. Si tratta di un cammino famoso perché si racconta che anticamente veniva percorso dalle ragazze della Valmaggia che andavano in sposa ai sonognesi (e viceversa).
Interessante anche notare la trasposizione del nome del monte direttamente dal latino al dialetto: da Picea, che significa abete, deriva Püscen. Negro sta invece per il colore austero della pianta. Questo luogo costituiva una tappa di transizione verso il più lontano alpe Redorta, dove si saliva in piena estate.
Al ritorno si percorre lo stesso cammino. Seguendo la riva sinistra del fiume, poco prima di Sonogno, si passa davanti al Grotto Efra, dove si consiglia una sosta gastronomica.
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