Rubrica21

I Camaleonti in trasferta

La squadra di calcio composta da giovani adulti con diversi tipi di disabilità, è in trasferta in Liechtenstein.
La squadra di calcio composta da giovani adulti con diversi tipi di disabilità, è in trasferta in Liechtenstein (©Camaleonti).
26.06.2021 18:30

I Camaleonti sono una squadra di calcio composta da giovani adulti con diversi tipi di disabilità (sensoriali, fisiche o cognitive). Nata nel 2019 per rappresentare il Lugano all’International Helvetia Cup, la sua storia non si è conclusa con il torneo. Boris Angelucci, direttore dell’associazione «I Camaleonti» e responsabile della squadra, e David Induni, coach, ci raccontano la loro trasferta estiva in Liechtenstein.

L’associazione «I Camaleonti» è nata per dare seguito a un progetto che, in origine, avrebbe dovuto durare solo i 4 giorni del torneo 2019. Perché avete deciso di proseguire?
Boris: Il torneo ci ha regalato grandi emozioni, i nostri giocatori e le nostre giocatrici, che prima del torneo non si conoscevano, sono diventati in pochi giorni un gruppo affiatato.
Le lacrime che abbiamo versato tutti alla fine del torneo mi hanno fatto capire che per i giocatori questa esperienza rappresentava più di una semplice quattro giorni di divertimento. Vedendo come all’interno del gruppo regnasse il rispetto, l’aiuto reciproco e la ricerca di autonomia, abbiamo deciso di dare continuità e maggiore profondità al progetto.

Quest’anno i Camaleonti sono stati invitati a prendere parte al «Summer Adventure Camp» in Liechtenstein. Chi incontrerete? Qual è l’obiettivo di questa esperienza?
David: Il Summer Adventure Camp è un’esperienza residenziale di una settimana che ha l’obiettivo di far incontrare differenti squadre di calcio, composte da persone con e senza disabilità, per allenarsi insieme, conoscere persone di diversa provenienza e vivere esperienze nuove.
Boris: Poter partecipare a trasferte di questo tipo ci permette di incontrare squadre nazionali e internazionali garantendo una crescita personale e sportiva ai partecipanti, perseguendo al contempo gli obiettivi della nostra associazione: l’inclusione e la sensibilizzazione. Allenamenti e momenti di gioco vengono presentati anche nel corso di lezioni mirate a studenti della scuola media e si svolgono parallelamente formazioni e incontri con gli allenatori, per favorire lo scambio di buone pratiche sia negli aspetti calcistici che in quelli legati all’inclusione. Durante il Camp si è inoltre svolto un allenamento completamente inclusivo con l’FC Vaduz, prima squadra del campionato svizzero.

Al di fuori di queste esperienze, come è rappresentata l’inclusione nei vostri progetti? Riuscite a declinarne i valori pur allenando una squadra dedicata alle persone con disabilità?
David: L’inclusione è rappresentata sia dalla nostra visione che dai nostri stessi giocatori, che si sostengono l’un l’altro in maniera naturale e con grande rispetto. Lo vediamo quando chi ha una disabilità cognitiva aiuta negli spogliatoi chi ha una difficoltà fisica o quando un giocatore spiega ad un suo compagno come eseguire un esercizio durante l’allenamento. È un valore che cerchiamo di trasmettere nel nostro modo di interagire con la squadra così come nelle attività miste e di sensibilizzazione che proponiamo nel corso dell’anno.
Boris: È importante poter dare l’opportunità di un contesto calcistico che accolga chiunque: purtroppo sono rare le squadre tipiche che includono giovani e adulti con disabilità ma quando ci sono, siamo a disposizione per sostenerle come facciamo per i più piccoli. In ogni caso per noi la squadra dei Camaleonti è a tutti gli effetti una squadra di calcio e i suoi componenti sono semplicemente dei giocatori uniti da una passione comune.

Che cosa significa fare un ritiro di calcio con persone con disabilità?
Boris: I ritiri calcisitici sono sempre esperienze appaganti e impegnative in cui la squadra scopre una nuova vicinanza e si rivedono equilibri e abitudini. In questo non c’è nessuna differenza tra i camp a cui partecipano persone con o senza disabilità. Sicuramente nel nostro caso è un’occasione per ricordarci quanto si impegnino i genitori e gli educatori tutto l’anno, tra questioni mediche, aspetti organizzativi e tanto altro. Un camp è anche l’occasione per ricordarci che le esperienze nuove, che portano i ragazzi fuori dalle loro abitudini, sono una grande opportunità di crescita, per noi e per loro. Ne usciamo tutti arricchiti, emozionati e... un po’ stanchi!