Accesso ai siti porno: che cosa cambierà nel 2025 in Italia?
In Italia, dunque, per accedere ai siti porno o, per dirla meglio, ai portali con «materiale sensibile e dannoso» per i minori di 18 anni dal 2025 servirà il cosiddetto SPID? Snì. Partiamo dalla fine: di recente, come richiesto dalla Commissione Europea ma anche dalle leggi in vigore in Italia, sono state introdotte alcune nuove disposizioni. Legate, appunto, all'accesso a questi siti. L'AGCOM, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, non ha tuttavia imposto una particolare tecnologia o un documento per accedere alle piattaforme. Come, ad esempio, il citato SPID, il Sistema pubblico di identità digitale, o ancora la carta di identità elettronica. In questo senso, l'AGCOM ha lasciato ampia libertà alle aziende, purché l'autenticazione avvenga nel rispetto della privacy degli utenti, del GDPR e del Digital Services Act europei.
Lo scorso 7 ottobre, l'AGCOM come detto ha introdotto nuove disposizioni. Al fine di tutelare, meglio, i minori dai siti per adulti e dal gioco d'azzardo. Al centro di questa svolta c'è l'accertamento della maggiore età degli utenti, o se preferite l'Age Verification. Queste nuove disposizioni seguono quanto aveva già stabilito il Decreto Caviano, contenente le «misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale». Ora, le disposizioni sono state inviate alla Commissione Europea per una verifica finale. Quello dell'accesso ai siti porno e di scommesse da parte dei minori è un problema diffuso. Finora, poco o nulla è stato fatto per impedire ai minori la fruizione di questi contenuti online. In Italia come altrove.
Le norme disposte dall'AGCOM si rifanno a quanto richiesto dalla Commissione Europea tramite il Digital Services Act. Nell'articolo 28, infatti, viene esplicitata la necessità di tutelare maggiormente i minori dal pericolo di, citiamo, «essere danneggiati nell'età dello sviluppo fisico, mentale e morale». Di qui la necessità di migliorare i meccanismi di verifica dell'età, anche attraverso strumenti di controllo parentale o di segnalazione degli abusi. Due fra i principali portali porno, Pornhub e Xvideos, erano finiti nel mirino dell'allora commissario europeo Thierry Breton lo scorso dicembre.
D'accordo, ma la protezione della privacy? Chi, anche maggiorenne, davvero vorrebbe «far sapere» a un'autorità garante che intende guardare dei siti porno online? In questo senso, l'Autorità garantisce che attraverso il sistema di «doppio anonimato» chiunque fornisca prova di maggiore età non verrà «intercettato» dai soggetti che si occuperanno della verifica dell'età. Detto in altri termini: l'azienda che si occuperà di certificare la maggiore età per, poniamo, Pornhub non conoscerà mai la destinazione finale dell'utente. Quanto al documento da presentare, l'AGCOM – dicevamo – ha optato per una totale libertà di scelta alle piattaforme. Ovvero, lo SPID potrebbe essere una delle tante possibilità assieme all'identificazione tramite carta d'identità elettronica o, in futuro, IT Wallet. Quello che è certo, leggiamo, è che non basterà più rispondere a una banalissima domanda come oggi («Sei maggiorenne?») per poter accedere.
Detto dell'Italia, è interessante parlare altresì della Svizzera. Più di due anni fa, nel maggio del 2022, una mozione di Niklaus-Samuel Gugger, consigliere nazionale del Partito Evangelico Svizzero, chiedeva una maggiore e migliore protezione dei minori di 16 anni. Nel concreto, «i siti internet che offrono contenuti pornografici senza adottare misure tecniche sufficienti per proteggere le persone di età inferiore ai 16 anni vanno oscurati». E questo perché, un po' come in Italia, a Gugger sembrava troppo poco la semplice domanda «sei maggiorenne?». Una domanda che «non garantisce né una sufficiente protezione dei giovani né un’applicazione efficace della legge». Il Consiglio federale aveva risposto spiegando che l'accesso alla pornografia da parte dei minori è sì vietato dal Codice penale ma anche che le autorità, in Svizzera, possono agire solo nei confronti di piattaforme che si trovano fisicamente nel nostro Paese. Quanto al blocco, il Consiglio federale aveva ritenuto non appropriata la misura rispetto all'obiettivo. Passata agli Stati, la mozione era infine stata approvata dal Consiglio nazionale nel settembre del 2023 ma, se vogliamo, in versione light: i «senatori», infatti, avevano eliminato il riferimento al blocco a favore di una maggiore informazione ai genitori sugli strumenti disponibili per tutelare i giovani. Spetta insomma ai fornitori di servizi di telecomunicazione richiamare l'attenzione sull'esistenza di applicazioni che possono essere attivate a protezione dei minori.