Tecnologia

Il successo di DeepSeek? La creatività del suo inventore e il pragmatismo cinese

Il nuovo chatbot cinese promette prestazioni simili alla concorrenza ma con dei costi sensibilmente ridotti, al netto delle questioni legate alla censura – Ne abbiamo parlato con Alessandro Trivilini
©SALVATORE DI NOLFI
29.01.2025 09:00

Negli ultimi giorni DeepSeek, il nuovo chatbot cinese, ha sorpreso tutti gli osservatori internazionali grazie a delle prestazioni paragonabili, se non migliori, a quelle dei chatbot già esistenti. La capacità di elaborazione dei dati e di creazione di nuove informazioni è stata nettamente migliorata, i costi sono solo una frazione rispetto ai mastodontici investimenti di OpenAI e il servizio è rimasto completamente gratuito: siamo forse di fronte a un miracolo dell’informatica? Abbiamo chiesto ad Alessandro Trivilini, responsabile del Servizio di informatica forense della SUPSI, di spiegarci le circostanze che hanno reso possibile la creazione e il successo di DeepSeek.

Il primo chatbot completamente gratuito

In pochissimi giorni, DeepSeek ha già superato il numero di download su AppStore del celeberrimo ChatGPT. La chiave del successo dell’applicazione è, secondo Trivilini, la sua gratuità: «Gli utenti non hanno la consapevolezza del funzionamento della macchina e del trattamento dei dati ma semplicemente, quando visitano l’AppStore, a parità di prestazione, prediligono il servizio gratuito» spiega l’esperto. La gara all’innovazione è dunque una corsa in cui, banalmente, vince chi riesce a sfruttare le tecnologie già esistenti e a offrire contemporaneamente qualcosa in più: «In questo caso si è trattato di un abbattimento dei costi, ma le prossime frontiere riguarderanno la trasparenza degli algoritmi dei sistemi di IA in rapporto alla conformità del trattamento dei dati, della privacy e della sicurezza. Oggi è ancora tutto una scatola nera», continua Trivilini.

«Dobbiamo investire sulla creatività»

«Liang Wenfeng, fondatore della piattaforma, non ha inventato l’acqua calda, ma è riuscito a sfruttare le tecnologie e le infrastrutture già a disposizione per assemblare una soluzione nuova: è la dimostrazione che, nell’ambito della formazione, dobbiamo investire di più sulla creatività, rispetto alla programmazione vera e propria, che si può delegare ai modelli di IA, in quanto linguaggi che seguono un formalismo e una struttura oggettiva chiara e definita», commenta ancora Trivilini. Il creatore del chatbot cinese infatti non lavora per nessuna grande azienda di software ed è partito con un investimento iniziale di soli 6 milioni di dollari, cifra che è nettamente inferiore rispetto agli standard del settore. «La corsa alla tecnologia è una corsa democratica: sono la passione e la creatività a sbaragliare la concorrenza», spiega Trivilini. «Wenfeng è esponente di una nuova generazione di innovatori provenienti dall’Oriente, che unisce il meglio di due mondi: il metodo di sviluppo scientifico della scuola Silicon Valley degli anni 2000, acquisita dai genitori, e l’approccio culturale economico cinese, che mira all’ottimizzazione dei processi».

Un nuovo paradigma

Anche se recentissima, la storia delle tecnologie in ambito IA è caratterizzata da continui e repentini cambi di rotta dell’approccio all’innovazione. «Inizialmente, quando nel 2015 il settore dell’intelligenza artificiale ha iniziato a diventare rilevante in Europa, la comunità scientifica era orientata allo sviluppo di reti neurali settoriali, a campo ridotto, ed era scettica sulla possibilità di creare una rete neurale unica, che veniva relegata invece come un’ambizione irrealizzabile», prosegue il nostro interlocutore. Il lancio di ChatGPT nel 2021 ha però cambiato le carte in tavola: nel giro di pochi anni OpenAI è riuscita a digitalizzare una quantità esorbitante di dati e a reindirizzare tutta l’industria verso lo sviluppo di reti neurali più estese.

Il caso Deepseek è analogo, ma al contrario: le problematiche emerse recentemente dei modelli alla ChatGPT, come ad esempio l’elevato consumo energetico, sono state raccolte da Wenfeng che le ha risolte «ritornando a un sistema basato su reti neuronali di scala inferiore. Si è trattato di un nuovo cambio di paradigma», spiega Trivilini.   

«L’imbuto cinese»

La protezione dei dati rimane però ancora una questione spinosa quando si parla di aziende cinesi: «La Cina è come un imbuto», spiega Trivilini. «La Cina si apre verso l’Europa, conformando formalmente le regolamentazioni in materia di protezione dei dati a quelle occidentali; ma accedere ai loro server per confermare l’osservanza di queste regole è difficilissimo, quasi impossibile». I riscontri dei primi utenti della piattaforma segnalano inoltre che il nuovo chatbot sembrerebbe eludere qualsiasi domanda che possa risultare imbarazzanti per la Cina di Xi Jinping, come quelle su Piazza Tienanmen, Taiwan o il Dalai Lama. Ancora Trivilini: «Non dimentichiamo che a livello europeo è stato definito in tempi molto rapidi un regolamento per l’uso corretto e legale dell’inteligenza articialke (AI Act), nel quale – all'articolo 5 – sono indicate le pratiche vietate che portano a potenziali rischi riconosciuti, come, ad esempio, la manipolazione. Per cui, il principio di trasparenza per il trattamento dei nostri dati personali nell’uso di applicazioni di origine cinese deve prestare molta attenzione in termini di consapevolezza e responsabilità individuale al funzionamento dell’imbuto cinese cui accennavo prima».